Il pellegrinaggio pastorale ha lasciato il segno. Il racconto della gente di Brumano e Rota d’Imagna

Dal 6 al 19 marzo il vescovo di Bergamo monsignor Francesco Beschi ha visitato le comunità della Valle Imagna, nella fraternità 2 della Cet 9. In questi luoghi si è svolta la prima tappa del suo pellegrinaggio pastorale, che nei prossimi anni attraverserà tutta la diocesi di Bergamo. Iniziato un anno dopo il primo lockdown, questo cammino ha dovuto confrontarsi con le limitazioni dovute alla pandemia, ma è riuscito comunque a lasciare un segno importante, come traspare anche dalle interviste realizzate per il bollettino parrocchiale “L’incontroche riunisce le parrocchie di Rota d’Imagna e Brumano, uno dei centri più piccoli della nostra provincia. Ne riportiamo qualche stralcio.

Racconti e riflessioni

Abbiamo fatto alcune domande e abbiamo realizzato alcune interviste per capire come è stato vissuto questo evento e quali reazioni, impressioni e riflessioni abbia suscitato. Ne riportiamo (la sintesi) sperando così di contribuire a farci sentire sempre più una comunità in cammino.

G.A.

IL PRIMO INCONTRO

Uscendo dal cimitero il mattino di sabato 6 marzo, vidi sotto il porticato della chiesa una figura non molto alta, vestita di nero che si aggirava un po’ esitante ed incerta. Doveva essere arrivato da poco con una panda, pure scura, grigio finanza, l’unica che c’era sul sagrato. Sopra il giaccone scuro la nuvola bianca dei capelli. Più su un cielo, anch’esso grigio, prometteva neve o nevischio. Mentre mi avvicinavo incuriosito, notai che quel signore cercava di aprire il portone della chiesa, ma senza successo. Si guardava intorno un po’ smarrito, come uno che pensa di aver sbagliato il luogo o la data dell’appuntamento. Poteva essere un sacerdote venuto per aiutare don Ermanno in questi giorni, pensai, così lo raggiunsi. Lo guardai meglio. Non potevo credere ai miei occhi tanta era la somiglianza, ma quando rispose al mio saluto, lo riconobbi e mi risvegliai dalla sorpresa: “Buon giorno Eccellenza!”. Me lo ricordavo più alto, solenne, come chi ricopre di una carica importante e guarda dall’alto in basso… invece eccolo lì di fronte a me, come una persona normale, semplice, … quotidiana. “Dove abita il parroco?”

(D.V.- G.A.)

INTERVISTE “A BOTTA CALDA”

Come ti è sembrato il vescovo?

Una persona semplice e sensibile (Marinella); semplice, umile e schietta (Rosaria); una persona famigliare. Ha parlato con umiltà e sincerità; è molto prudente.(Tina); buona, umile, il buon pastore con il suo gregge (Dolores). Una persona molto disponibile, propensa al dialogo, che ha voglia di ascoltare e di essere ascoltato. Crede fermamente in tutto ciò che dice e ha un’empatia che è difficile da trovare, la Benedizione fatta alla fine della Santa Messa lo ha dimostrato. (Francesca)

Cosa ti è piaciuto dell’incontro con il vescovo?

Mi è piaciuto il modo di pregare del Vescovo con noi e (Tina). La semplicità, la saggezza e la gioia (Dolores). Il momento che mi è piaciuto di più è stato il finale [del Rosario e] della Messa, quando il Vescovo è sceso a fare la Benedizione tra i banchi, ad uno ad uno, dedicando uno sguardo e un sorriso, percepibile nonostante la mascherina, ad ogni persona presente (Manuela, Tina, Rosaria) La sua disponibilità al confronto, all’ascolto e l’interesse a cercare insieme una soluzione per le richieste d’aiuto nella difficoltà di vivere da  cristiani in questo tempo travagliato. Il suo essere una persona semplice che ha dimostrato alla fine dell’incontro quando ha chiesto cartellone e pennarello per poter inviare un saluto ai bambini della scuola che gli avevano preparato i cartelloni.(Comitato Oratorio)

Secondo te, che idea si farà il vescovo della nostra parrocchia? Quali sono secondo te gli aspetti migliori e quali invece gli aspetti critici della nostra parrocchia?

Penso si sia fatto l’idea di una parrocchia molto disponibile, con voglia di fare e di partecipare. Presenterei la nostra Parrocchia come accogliente e disposta al dialogo, facendo dei punti di forza il fatto che diverse persone abbiano voglia di fare, partecipare e includere mentre come punto di debolezza il fatto che queste persone siano sempre le stesse e in troppi vivono ancora al margine senza voler essere coinvolti concretamente ma preferendo restare a guardare. (Manuela)

Quali sono secondo te gli aspetti migliori ma soprattutto cosa vorreste che la parrocchia vi offrisse? C’è qualcosa che cambiereste o migliorereste della vita comunitaria?

Della nostra parrocchia ci piace l’organizzazione e vedere un gruppo di collaboratori compatto ed unito. Ognuno svolge compiti ben definiti e questo permette di preparare con grande precisione ogni evento e di viverlo appieno. A noi sono piaciute le occasioni in cui abbiamo visitato altre città e chiese, visto cose nuove, imparato qualcosa. Ecco… sì, faremmo volentieri qualche gita in più e forse sarebbe un’occasione per indurre più gente ad unirsi a noi! (Matteo e Massimo).

Quale ricordo o insegnamento dell’incontro col vescovo porterai con te nella tua quotidianità?

La figura del Vescovo, per le nostre comunità, è sempre stata importante e a lui ci si rivolgeva con un certo timore e rispetto. Mons. Francesco, con il suo pellegrinaggio, dimostra invece una particolare vicinanza ai fedeli e ai problemi di salute, lavoro, dolore, povertà che assillano il nostro tempo. E lo ha dimostrato con le sue parole semplici ma pronunciate col cuore; con i gesti e con un sorriso incoraggiante; con il saluto dal presbiterio e, singolarmente, lungo la navata. Con la sua presenza ci ha voluto mettere in guardia dalle “parole velenose” che uccidono la voglia di vivere, ma soprattutto ci ha spronati a costruire ogni giorno il santuario di preghiera con la recita del santo Rosario, come a S. Gottardo: il suo sguardo era sempre rivolto alla statua della Madonna del Carmine. (Giannino)

Una parola detta dal vescovo che per te è importante e perché.

La parrocchia e l’oratorio sono fatti per accogliere tutti, nessuno escluso, anche chi viene visto diverso. Queste parole sono state, a mio modesto parere, le più belle e significative. È importante che parrocchia e oratorio siano luoghi dove non vengono create discriminazioni, dove ci si può e ci si deve sentire sicuri. Devono essere luoghi dove si va oltre gli apparenti muri che si creano, dove non si lasciano le persone sole e al margine perché anche se si è poli opposti ci si può sempre incontrare a metà strada e trovare un punto d’incontro, bisogna avere solo perseveranza, voglia e fede per trovarlo. (Francesca)

Abbiamo incontrato il nostro Pastore. Come dice Papa Francesco il pastore deve stare accanto alle sue pecore ed è proprio utilizzando questa metafora, che desidero esprimere il vissuto dell’incontro con il nostro Vescovo Francesco, un Pastore affabile, umano, che da subito ha saputo entrare in una relazione “familiare” con tutti. Ci ha fatto avvertire quanto ami stare con la sua gente. Questa sua affabilità mi ha incoraggiato a porgli una domanda un po’ “scomoda” ma di grande attualità. “Vescovo Francesco siamo coppie variegate, chi è sposato in chiesa, chi no, chi esce da storie familiari complicate a volte difficili, tutti però abbiamo voluto far ricevere ai nostri figli il Sacramento del Battesimo perché lo riteniamo fondamentale per la loro vita. Accade che, a volte, si faccia fatica a capire come la Madre Chiesa si ponga nei confronti di chi vive momenti familiari particolari.” La risposta del nostro Vescovo è stata davvero profonda e toccante:“Tutti noi, nessuno escluso, si deve sforzare di fare il possibile per vivere una fede autentica e profonda. A volte la Chiesa fatica a dare risposte coerenti e anche noi sacerdoti dobbiamo ben riflettere su queste situazioni tenendo sempre presente che tutti possiamo sbagliare ma che tutti possiamo rialzarci perché ricordiamoci che il nostro Dio è un Dio di misericordia”. Grazie di cuore pastore Francesco. (Sara)

Il vescovo ha recitato il Rosario con noi. Si prega secondo te nelle nostre famiglie?

Secondo me si prega poco nelle famiglie, semmai sono i nostri malati e anziani che pregano (Rosaria).

Secondo me non si prega tanto nelle nostre famiglie (Marinella).

Non posso dirlo, ma credo ci siano diversi modi di pregare e che ognuno lo metta in pratica a modo suo. (Manuela).

La preghiera (tradizionale) nelle famiglie diventa difficile da praticare e coltivare, è presente soprattutto grazie ai nonni che con i piccoli di casa cercano di mantenere vivo il loro vissuto di credo e per gli adulti sono le sentinelle e con la loro saggezza cristiana sono di sprone. Obbiettivamente nei tempi odierni le famiglie sono impegnate a coltivare il dialogo e comunicare, la preghiera è intrinseca in questa missione. (Comitato Oratorio).

Si sono visti i giovani e gli adolescenti agli appuntamenti con il vescovo? Perché?

No, non si sono praticamente visti giovani e adolescenti. Non posso dire con certezza il perché. Però rientro nei giovani e sono stata adolescente fino a pochi anni fa e credo che soprattutto in adolescenza la fede abbia un’importanza marginale. Io stessa in quel periodo mi sono completamente allontanata da Dio e dalla  chiesa ma ora eccomi qua, a coltivare ogni giorno la mia fede e a modo mio. Dico a modo mio perché ritengo che tutti i modi in cui si coltivi la propria fede e si preghi siano validi. A 16/17 anni, inutile girarci intorno, ci sono altre priorità che vengono prima dell’andare in Chiesa ma se non vediamo i nostri ragazzi a Messa non vuol dire che non preghino a modo loro e continuino a coltivare la loro fede. Ci viene insegnato che Dio è ovunque e, probabilmente, tanti di loro trovano e incontrano Nostro Signore in altro e non direttamente in Chiesa, poi, tra qualche anno, saranno pronti anche ad incontrarlo in Chiesa, a riscoprire anche la Messa e la comunità. Come ho detto prima, nell’adolescenza ci sono altre priorità e c’è forse il rischio di perdersi un po’, come è capitato anche a me, però Dio è sempre li, che ci tende la mano,  aspettando pazientemente il momento in cui noi ci sentiamo pronti ad afferrarla. Non importa quanto ci mettiamo, lui ci aspetta. E penso che sia esattamente ciò che dobbiamo fare anche noi, aspettare e non puntare il dito come spesso viene fatto (Francesca).

I giovani e gli adolescenti non sono stati presenti agli incontri con il vescovo, anche perché non è stato dedicato loro del tempo, e l’unica opportunità di incontro sarebbe stata la messa domenicale. (Comitato Oratorio).

Il vescovo ci ha detto che la partecipazione alla vita cristiana si è affievolita. Tu cosa faresti per superare questo problema? E in casa tua cosa faresti?

Quando in famiglia ci si vuole bene, si condivide con tutti ciò che si ha e lo stesso dovrebbe succedere anche in parrocchia (Rosaria).

Stiamo attraversando momenti difficili: il Covid ha interrotto i nostri incontri con paure e incertezze; ci sono mancate le occasioni per ricevere i sacramenti. Al nostro Vescovo chiediamo di illuminarci e di guidarci perché diventiamo cristiani secondo l’amore di Dio. (Dolores)

In casa mia c’è partecipazione alla vita cristiana, io e mia figlia siamo catechiste, andiamo a Messa, non manca mai la benedizione del Papa la domenica a pranzo. Il modo per superare questo problema è non perdere mai la voglia e la perseveranza di pregare e diffondere la Parola di Dio. (Manuela)

La partecipazione alla vita cristiana si è affievolita perché secondo noi il cambiamento sociale ci sta portando a cambiare anche il “passo” e l’alfabeto della comunicazione; la speranza non basta: ci dovrebbe essere una “sperazione”, un’azione e un impegno più concreto.

I giovani hanno più che mai bisogno di avere riferimenti e vedere per credere… Vedere che attraverso un credo si costruisce… Vedo e credo. (Comitato Oratorio).

Oggi la vita è diventata frenetica e corre così in fretta che trasmettere la fede e i veri valori ai più giovani, in famiglia, come in chiesa o nelle scuole, è sempre più difficile. Il tempo in cui viviamo ci lascia sempre meno spazio per partecipare a incontri liturgici e questo mette in evidenza quanto sarebbe importante ora più che mai considerare soprattutto la famiglia come chiesa domestica, nella quale la vita di fede possa trovare terreno fertile. La gioia di pregare e di ringraziare ha una forza contagiosa e rappresenta una testimonianza a cui non si dovrebbe rinunciare.

Devono prevalere nei genitori, nei nonni e nella comunità la fede cristiana ricevuta e il ricordo delle abitudini  ositive, il pregare insieme, l’andare in chiesa e l’occuparsi del nostro prossimo, ma spesso tutto questo non  rova la forza di emergere e di essere presa in considerazione come regola di vita. La famiglia e la comunità devono rimanere un punto di riferimento per confrontarsi in modocostruttivo, ed è fondamentale mostrare in maniera concreta la testimonianza del nostro credo. (Tiziana):

Ognuno di noi deve fare la sua parte nel testimoniare pienamente la propria fede. Si deve essere Parrocchia soprattutto con uno spirito fraterno e dimostrare la propria disponibilità verso gli altri testimoniando e praticando il proprio credo. Ritengo infatti valga di più il buon esempio piuttosto che tante parole, nella speranza che ciò porti anche alcuni scettici alla convinzione che valga la pena credere e affidarsi alla fede. Rivolgo la mia sensibilità alle persone anziane, provate dalla sofferenza e rese inermi e bisognose di conforto e aiuto. Mi sembra di leggere nei loro sguardi da un lato la testimonianza di una vita piena e ricca di scelte difficili, sacrifici e impegno e dall’altro il tentativo di trovare uno scopo, una motivazione accettabile alla loro condizione di sofferenza e difficoltà. Io stesso fatico a capirne il senso e cerco nella preghiera la Via da seguire. (Alessandro):

Se vuoi ricevere L’Incontro nella tua casella email, invia la tua richiesta a incontro.rota.brumano@gmail.com

Redazione: don Ermanno Meni, Alessandra Scubla, Aquilino Rota, Diego Vitari, Gabriele Gemignian,

Gianpiero Cortinovis, Giovanni Angioletti, Giovanni Mazzucotelli.