Belli sì, ma senza filtri. Dalla Norvegia l’ondata “body positive” riscopre il fascino dell’imperfezione

body positive

Si dice “body positive” e vuol dire accogliere e valorizzare la diversità di ognuno, apprezzandone la bellezza.

“È ciò che fai, il tuo modo di pensare a renderti bella” dice lo scrittore statunitense Scott Westerfield. La frase è tratta dal libro “Brutti”, primo capitolo della trilogia distopica di “Perfetti”, ambientata in una società che “riprogramma” al compimento dei 18 anni chi ha difetti fisici.

Solo così può adeguarsi, infatti, agli altissimi standard di un ambiente che non accetta niente di meno della perfezione estetica.

Come spesso accade, nella fiction si ritrova, portata all’estremo, una tendenza comunque reale: tanto che la Norvegia ha approvato in questi giorni una legge che vieta i filtri sui social network.

Non si possono più usare applicazioni per ritoccare il viso e il corpo a meno che non sia esplicitamente dichiarato.

Non è il primo caso in Europa: ha suscitato infatti un acceso dibattito qualche tempo fa nel Regno Unito la dichiarazione della modella “curvy” Sasha Louise Pallari: è stata la prima a denunciare l’eccessivo uso di filtri nelle pubblicità di prodotti di make up e di cura della pelle. Ha rimarcato che “La perfezione non esiste”, mostrandosi al naturale.

Sull’onda di questa nuova sensibilità, che si esprime anche nell’hashtag #filterdrop si sta diffondendo la corrente del #bodypositive, un atteggiamento di accoglienza e inclusione. Una tendenza secondo la quale ogni corpo è diverso ed è bello così com’è.

Body positive, reazione a giudizi e linguaggio d’odio

Un movimento d’opinione nato come reazione al “bodyshaming”, l’opposta, deprecabile abitudine di pronunciare giudizi lapidari sul corpo delle persone.

Non è un caso che nel Regno Unito, agli inizi di febbraio, l’Advertising Standard Authority, organizzazione di autoregolamentazione del settore pubblicitario, abbia vietato agli influencer e alle pagine social dei marchi di bellezza, l’utilizzo di filtri eccessivamente ingannevoli per la promozione di prodotti per il trucco e la cura della pelle, proprio come sta accadendo ora in Norvegia.

Le immagini troppo patinate e perfette – si legge fra le righe di questi provvedimenti – possono danneggiare l’autostima delle persone, proponendo modelli artefatti e inarrivabili come reali. Secondo Huda Kattan, make up artist con oltre 48 milioni di followers, l’uso eccessivo di filtri porta alla diffusione di un modello “tossico” di bellezza, con un’influenza negativa in particolare sui più giovani. Un cambio di rotta interessante in una società segnata dalla pandemia, costretta a fare i conti con la fragilità, in cui l’imperfezione è tornata ad essere un valore. Come dice Papa Francesco “non bisogna avere paura dell’imperfezione, della fragilità, nemmeno dei conflitti; bisogna imparare ad affrontarli in maniera costruttiva”.