Verso l’alt(r)o, la meditazione della settimana. Le parole di don Bosco e gli animatori di oggi

Che cosa ci vuole dunque? Che sentendosi amati in quelle cose che loro piacciono, vedendovi partecipare ai loro gusti infantili, imparino a vedere l’amore anche in quelle cose che naturalmente loro piacciono poco. […] Devono amare ciò che piace ai giovani, e i giovani ameranno ciò che piace ai superiori. Ora i superiori sono considerati come superiori e non più come padri, fratelli e amici; quindi sono temuti e poco amati. Perciò se si vuole fare un cuor solo e un’anima sola, per amore di Gesù bisogna che si rompa la barriera di diffidenza e sia sostituita dalla confidenza cordiale. […] Senza familiarità non si dimostra l’affetto, e senza questa dimostrazione non ci può essere confidenza. Chi vuole essere amato bisogna che faccia vedere che ama. Gesù Cristo si fece piccolo coi piccoli e portò le nostre infermità. Ecco il maestro della familiarità! Il maestro visto solo in cattedra è maestro e niente più, ma se va in ricreazione coi giovani diventa come fratello. 

Don Bosco

Così scrive don Bosco raccontando di uno dei suoi sogni profetici in cui vide a confronto due oratori pieni, l’uno gioioso e l’altro spento. Ed il motivo della differenza che egli notò risiedeva proprio nel diverso rapporto tra superiori (o educatori, diremmo oggi) e ragazzi: familiare nel primo, distaccato nel secondo. Ed è questo uno dei dettagli che fanno la differenza, perché dimostrano quanto un educatore (o un insegnante, o un animatore dell’Oratorio) sia disposto a spendersi per i giovani a lui affidati.

Creare buone relazioni tra ragazzi ed educatori

Infatti, si può vivere un ruolo educativo limitandosi ad erogare una prestazione, oppure si può decidere di vivere una relazione, e di spendersi in essa completamente. Un animatore del CRE può sorvegliare dalla panchina i ragazzi del suo gruppo. Oppure può entrare in campo e partecipare al gioco, anche quando il gioco si fa un po’ noioso come sanno essere talvolta i giochi dei bambini. Un insegnante può limitarsi a tenere delle lezioni, oppure può anche fermarsi all’intervallo a salutare gli alunni, a scambiare chiacchiere e battute con loro. Un allenatore può dirigere degli allenamenti, ma può anche vivere lo spogliatoio della squadra, fatto di parole, risate, confidenze.

Quale sarà la differenza tra i due? Il primo animatore sarà forse temuto, ma non riceverà mai una confidenza da un ragazzo. Il primo insegnante potrà essere un ottimo e preparatissimo professore, ma non vedrà il talento dei suoi ragazzi. Non saprà essere per loro significativo, non saprà cambiare loro la vita. Il primo allenatore potrà anche vincere il campionato, ma non saprà ottenere il massimo della dedizione da ognuno dei suoi ragazzi.

Don Bosco: “Chi sa di essere amato ama. Chi è amato ottiene tutto”

Se invece c’è familiarità, l’amore dell’educatore sarà visibile agli occhi dei ragazzi. E loro lo sapranno certamente ricambiare seguendolo nei giochi meno graditi, verso gli insegnamenti più ardui, negli allenamenti più duri.

Certamente vivere una relazione di questo tipo non è facile. Richiede tempo ed energie e grande motivazione e, talvolta, può far scontrare con le chiusure, le testardaggini, la diffidenza. Sicuramente non è un investimento in guadagno sicuro: non tutti i ragazzi del CRE si apriranno a confidenze con il secondo animatore, non in tutti gli alunni il secondo insegnante troverà la scintilla, non da tutti i giocatori il secondo allenatore otterrà il massimo.

Si tratta di fare un investimento apparentemente in perdita, non sicuro, ma che, se sarà pieno dell’amore, della familiarità di cui parla don Bosco, sarà ripagato con il centuplo di ciò che è stato dato. Chiude don Bosco: Chi sa di essere amato, ama. E chi è amato ottiene tutto, specialmente dai giovani.