Il Museo di Sant’Andrea è uno scrigno d’arte, fede e storia tutto da scoprire

Un piccolo scrigno di arte, fede e storia. Un grande frutto di sogni, ricerca e passione. La chiesa di Sant’Andrea in Città Alta, situata in via Porta dipinta, ora ha anche un suo museo. Ospitato negli ambienti nel piano interrato della sacrestia, accoglie una serie di dipinti, reperti archeologici e
suppellettili liturgiche che narrano le vicende di questo antico luogo di culto, la cui storia va dall’VIII secolo ai giorni nostri.

Il lavoro di ricerca e organizzazione del vicario parrocchiale don Giovanni Gusmini ha permesso di
inaugurare nei mesi scorsi questo spazio che ora si apre ai tanti visitatori che percorrono le vie della
storia di Città Alta.

Accedendo dalla sacrestia, nel primo ambiente si trova esposta una tela centinata di Giuseppe Riva, che raffigura San Giuseppe con Gesù adolescente, probabilmente dipinta sul finire del XIX secolo:
in occasione delle solennità dedicate al culto di questo santo, essa veniva sovrapposta alla nicchia dell’altare laterale dedicato alla Madonna della Cintura.
Nel secondo ambiente è stata collocata una tela centinata di Giovanni Pezzotta (Albino, 1838 – Bergamo, 1911), che rappresenta Maria nell’atto di consegnare a santa Monica, madre di sant’Agostino, la cintura di cuoio, che – insieme con l’abito nero che ella stessa indossa – sarebbe diventata la divisa degli Agostiniani. La tela, a lungo attribuita a Giuseppe Riva, è stata restituita al pittore albinese proprio da don Gusmini, a partire dal confronto con i pannelli del trono della Madonna della Cintura, presenti in Museo ed esposti nella sala attigua, che documenti dell’archivio parrocchiale di sant’Andrea attestano essere stati pagati a Giovanni Pezzotta nel 1889.
Davanti ad essa è esposto un raro e prezioso altarolo in legno scolpito e dorato, databile tra il XVI e il XVII secolo, che veniva utilizzato per recare la comunione agli infermi nelle loro case. Sulla parete attigua, il dipinto di don Andrea Zambelli, prevosto di Sant’Andrea tra il 1837 e il 1844, trasferito dalla sacrestia al Museo per onorare colui che curò la ripresa del progetto di ricostruzione della chiesa di Sant’Andrea, iniziata con l’assegnazione del cantiere all’architetto Ferdinando Crivelli nel 1837, con la conseguente demolizione della chiesa vecchia e degli edifici annessi.
Il terzo ambiente è il più ampio: il percorso parte da un pannello esplicativo, che narra la storia della
chiesa di Sant’Andrea e della sua vicinia
, a partire dal catasto napoleonico del 1804, dove si possono apprezzare la forma e le dimensioni dell’antico luogo di culto in rapporto con gli edifici circostanti, tra i quali si riconoscono Palazzo Cedrelli, Palazzo Moroni con i suoi giardini, Palazzo Marenzi (demolito nel 1873), Palazzo Benaglio, Palazzo Calepio con il giardino pensile che si affaccia sul viale della Mura. Il pannello propone anche la ricostruzione di quella che era la parete orientale della chiesa antica: grazie a un montaggio fotografico sono stati accostati gli altari allora in sede, montando nelle rispettive ancone le fotografie dei dipinti ospitati in origine: così quello maggiore, in marmo nero, ora in una chiesa del Seminario Vescovile, custodiva la Pala di Sant’Andrea di Moretto da Brescia, insieme alle tre anonime tavolette della predella, mentre in quelli laterali, ora nella chiesa parrocchiale di Orio al Serio, erano inserite la Deposizione di Gesù di Andrea Previtali e la Natività di Giovan Paolo Cavagna. Un’altra ricostruzione fotografica permette di immaginare come doveva presentarsi il soffitto della chiesa antica quando nei suoi lacunari lignei erano incassate le tre tele di Padovanino, ora collocate nella medesima sala del Museo. Il pannello prosegue narrando la vicenda della ricostruzione ottocentesca della chiesa, a partire dai progetti dell’architetto Giacomo Romilli fino a quello messo in opera dal Crivelli. Quest’ultimo aveva previsto per la facciata della chiesa un pronao esastilo di ordine corinzio, con timpano decorato da altorilievo, che tuttavia non fu mai eseguito. Lo ha realizzato virtualmente l’arch. Luca Guerini, attraverso un sorprendente render fotografico e un modello 3D, che mostrano come si sarebbe presentato questo scorcio di via Porta Dipinta se il progetto fosse stato portato a termine.
Al di sopra del pannello esplicativo sono collocate le tre tavolette lignee dipinte a olio da anonimo
pittore locale nel XVI secolo, che raffigurano: La vocazione dei santi Andrea e Pietro, derivata dall’omologo cartone e dal corrispondente arazzo ideato da Raffaello per la Cappella Sistina; Il
martirio di sant’Andrea; Domnione che colloca la propria testa sulla pietra posta davanti alla
chiesa di Sant’Andrea, seguito dai nipoti Domnione e Eusebia condotti in catene. Sopra ancora una
serie di angeli in volo, un tempo facenti parte del trono della Beata Vergine del Buon Consiglio, in uso in San Michele al Pozzo Bianco, ma utilizzato anche in Sant’Andrea per la Madonna della Cintura fino al 1889, anno in cui fu realizzato un trono appositamente dedicato. Gli angioletti sono stati restaurati nel 2021.
La parete occidentale è dedicata all’esposizione del Trittico di Sant’Andrea, dipinto da Alessandro Varotari, detto il Padovanino, nel 1631. Restaurate nel 2020 a cura della Fondazione Credito Bergamasco, rappresentano Il martirio di sant’Andrea (al centro), il Coro di angeli con corone e palme (a sinistra) e il Coro di angeli musicanti (a destra).
Accanto ad esse è stata collocata la recentemente restaurata Sacra Famiglia di Amadio Pansera
(Calcio, 1806-1885), derivata dalla Natività di Bernardino Luini.
La parte meridionale ospita la settecentesca tela con il Battesimo di Gesù, un tempo collocata al di sopra del fonte battesimale della chiesa, e la Beata Vergine del Santo Rosario tra i santi Domenico,
Caterina da Siena, Giovanni Battista, Caterina di Alessandria. Quest’ultima, a lungo attribuita a Enea Salmeggia, è stata invece correttamente restituita a Carlo Ceresa (San Giovanni Bianco, 1609 – Bergamo, 1679), che la dipinse inspirandosi a modelli salmeggieschi, come spesso faceva agli inizi della propria carriera artistica. Al di sotto è collocato un tavolino-vetrina ottocentesco, nel quale sono esposti oggetti appartenuti alla filantropa Betty Ambiveri (Bergamo, 1888 – Seriate, 1962), donati dai familiari appartenenti alla famiglia Bonomi.
La parete orientale della stanza è occupata invece dai quattro elementi in legno scolpito e dorato che
componevano il trono della Madonna della Cintura
(o della Consolazione), progettato dall’arch. don
Antonio Piccinelli nel 1889, come mostra il progetto originale esposto in una cornice accanto a fotografie d’epoca in cui si vede il trono allestito nello “scurolo” e nella stessa chiesa di Sant’Andrea. Ciascun elemento contiene una tavola dipinta da Giovanni Pezzotta. Esse raffigurano: Sant’Agostino, Santa Monica, San Nicola da Tolentino (per il quale pure il trono veniva utilizzato,
sostituendo il monogramma mariano in capo alla corona con il monogramma nicolino) e Il Beato Gerardo da Serina. Al di sopra di ciascuno elemento è collocato un busto ligneo rivestito di lamina
di rame dorato
: essi rappresentano Sant’Andrea, Domnione, Domnone, Eusebia e ancor oggi vengono esposti sull’altare maggior in occasione delle celebrazioni più solenni.
Al centro della sala si trova una serie di vetrine nelle quali sono esposte le suppellettili più
interessanti tra quelle conservate nella chiesa di Sant’Andrea: croci, ostensori, messali, pissidi,
palmatorie, lastre di rame. Particolarmente interessante una lapide in marmo bianco, sul cui retto si
trovano incise tre lettere capitali romane (ARI), che probabilmente facevano parte della parola “CAESARI” (nel qual caso si tratterebbe del frammento di un’iscrizione dedicatoria imperiale). Esse potrebbero anche essere parte di un nome proprio di persona più comune (come Mario o Vario, già attestati a Bergamo in altre iscrizioni), nel qual caso si tratterebbe di un’iscrizione dedicatoria relativa a opere compiute da o dedicate a uno di questi personaggi. La preziosità del marmo, proveniente dall’Oriente, e l’eleganza dei caratteri e della cornice che corre lungo il margine superiore farebbero propendere per la prima ipotesi. Il frammento fu riutilizzato nel 1622 sul verso per un’iscrizione che commemora le volontà testamentarie di don Abbondio Arrigoni, il quale lasciò metà della propria casa alla parrocchia di Sant’Andrea come legato. La lapide era appesa con il verso in vista a una parete dell’archivio parrocchiale, dove l’11 ottobre 2017, staccandola dal muro, Gabriele Medolago e don Giovanni Gusmini notarono la parte iscritta su quello che si scoprì essere piuttosto il retto (il fatto fu notificato alla dott.ssa Marina Vavassori, epigrafista del Museo Archeologico di Bergamo).
È una delle tante storie che questo piccolo scrigno custodisce e racconta.

Info utili:

Il museo è visitabile su prenotazione, contattando direttamente don Giovanni Gusmini all’indirizzo
dongusmini@gmail.com o al numero di telefono 3334540147.