Il “modello Desalu” per il futuro dell’Italia: l’educazione come motore di sviluppo

La comparsa della famiglia Desalu sui nostri schermi estivi – del figlio Fausto, a velocità record, e della madre Veronica – ha improvvisamente fatto uscire il dibattito sull’immigrazione dalle arene ideologiche della politica per porlo in modo immediato sui nostri tavoli. 

Qui non vogliamo parlare del lato giuridico della questione immigrazione, entrando nel merito delle differenti formule giuridiche da adottare – jus sanguinis, jus soli, jus culturae, jus sportivo – che dovrebbero tentare di consegnare agli Italiani quel futuro, che le dinamiche demografiche rendono sempre più incerto.

È certo, per accennarvi brevemente, che occorre far presto a decidere. Perché un futuro per noi arriverà di sicuro, ma si tratta di vedere se lo scegliamo o se ci rovina addosso.

Dal 2014 l’Italia ha perso 1 milione di abitanti

Dal 2014 gli Italiani hanno incominciato a diminuire: al 1 gennaio 2021 ne abbiamo già perso più di 1 milione.

Le previsioni più ottimistiche danno una perdita di 6 milioni al 2050.  Quelle più pessimistiche mettono sul conto un calo di oltre 10 milioni. 

Le cause sono note. Servono 2,1 nati per donna per garantire l’equilibrio tra natalità e mortalità: oggi stiamo arrivando in Italia a 1, 15 per donna. Nel decennio 1961-70 nascevano 950 mila bambini all’anno; alla fine del 2021 saranno 370 mila.

E i flussi migratori? L’ISTAT documenta che abbiamo per la prima volta, dopo 20 anni, un bilancio negativo di 40 mila unità. Eppure, per compensare i vuoti avremmo bisogno almeno del 20% di immigrati rispetto alla popolazione italiana esistente. Oggi arrivano al 9% circa, con un numero assoluto di circa 5 milioni. Ma davvero gli immigrati hanno voglia di fermarsi e di diventare Italiani?

Una società così composta non ha futuro

Ma, soprattutto, traccia le previsioni di una composizione generazionale della società italiana, destinata a modificarsi in breve da una forma-abete ad una forma-otre: la fascia più numerosa della popolazione è destinata a diventare quella dei 60/70enni. Inutile ricordare qui l’effetto-Covid, con i suoi oltre 128 mila morti, un esito da Terza Guerra mondiale, come affermato dal Presidente dell’ISTAT, prof. Gian Carlo Blangiardo. Una società così composta non ha futuro, è destinata a scomparire. 

A chi trasmettere e lasciare la splendida civilizzazione, che abbiamo a nostra volta ricevuto?

Di qui l’importanza di cogliere, ai fini della costruzione del futuro dell’Italia, l’aspetto etico e educativo del “modello famiglia Desalu”.

Non è né nuovo né originale, ma tra gli Italiani è sempre più raro. Consiste semplicemente nell’investire su un futuro possibile migliore, cioè nel sacrificare il consumo nel presente in vista del futuro. Competenza professionale – correre veloce o fare la badante –  sacrificio, risparmio, gratitudine, solidarietà data e ricevuta. Non è nuovo: su questo modello l’Italia è diventata la settima potenza industriale nel giro di vent’anni, dopo il 1945. 

Un modello educativo “vecchio stile”: sacrificio e impegno

A partire dagli anni ’70 è stato progressivamente abbandonato. Le giovani generazioni post-’68, tramontate le utopie vetero-novecentesche, hanno trasmesso ai propri figli il principio dell’eterno presente, da consumare tutto e subito. Hanno praticato il principio di irrealtà: abbiamo diritto ad ogni pranzo gratis. La realtà, il futuro, il mondo sono divenuti variabili dipendenti dell’Io. I genitori si affannano a tenere i propri pargoli, sempre più unici, al riparo dagli urti della realtà. 

È il sottosviluppo economico che ha generato la sindrome irrealistico-narcisistica o è questa che ha generato il sottosviluppo? Se è avventuroso ricondurre a contraddizioni e a spiegazioni semplici i comportamenti individuali e collettivi e la storia di un Paese, è però anche evidente che la dialettica struttura/sovrastruttura non si sviluppa secondo una dinamica simmetrica. È decisiva la sovradeterminazione di questa dialettica ad opera della mente, del cuore, delle percezioni, dei modelli culturali. 

Insomma: l’educazione è il fattore più potente di sviluppo umano, civile, economico. Da questo punto di vista la lezione etico-pedagogica che proviene dalla famiglia Desalu alle famiglie italiane, ai ragazzi, alle agenzie educative, ai partiti, alla politica è semplice, potente ed efficace lezione di metodo. Per generare il futuro del Paese, un futuro scelto, non deciso dalle circostanze.  Un esempio di familismo non amorale, un caso di familismo morale.