Festa dell’Apparizione in Borgo Santa Caterina. Il vescovo: “Vorrei che le porte di ogni casa fossero fatte di speranza”

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Un momento della processione in Borgo Santa Caterina per la Festa dell'Apparizione 2021

«Vorrei che le porte di ogni casa fossero porte di speranza. La nostra città ha condiviso i dolori della pandemia, ma non si è paralizzata, perché ha saputo trovare energie interiori per trasformare il dolore in disposizione all’amore».

È l’appello lanciato dal vescovo Francesco Beschi, mercoledì sera 18 agosto, al termine della processione che ha concluso le celebrazioni del 419° dell’Apparizione nel santuario dell’Addolorata in Borgo Santa Caterina.

Erano presenti il sindaco Giorgio Gori, il presidente del Consiglio comunale Ferruccio Rota, il presidente della Provincia Gianfranco Gafforelli e Simona D’Alba, sindaco di Pedrengo, paese legato al santuario per un voto emesso nel 1600 durante una pestilenza.

Al santuario un afflusso ininterrotto di fedeli

L’intera giornata ha visto fin dalle prime ore l’afflusso ininterrotto di fedeli. Fra gli appuntamenti molto attesi dalla gente c’è stato, a metà mattina, l’omaggio floreale alla colonna seicentesca dell’Addolorata da parte dei vigili del fuoco del Comando provinciale di via Codussi che da una scala di un’autopompa hanno collocato dei fiori a forma di «M» al suono di una sirena.

Nel tardo pomeriggio è giunto il vescovo per la Messa solenne. «L’immagine dell’Addolorata è molto intensa. È una Madre che non fugge, che resta ai piedi della Croce e comunica la sua compassione materna. È anche una caratteristica della comunità cristiana che la testimonia al mondo»

Dopo i Vespri solenni, si è svolta la processione serale, che ha percorso il tragitto dal santuario fino allo slargo dell’Accademia Carrara senza nessuna sosta, nel rispetto delle norme anticovid.

Gli occhi hanno potuto spaziare sulla via, con le luminarie e le finestre addobbate. Quando la processione è giunta allo slargo, il simulacro seicentesco dell’Addolorata, che solitamente procede per ultimo, è stato fatto girare, trovandosi così in cima alla processione, per indicare idealmente che Maria ci precede nel cammino verso un futuro di speranza.

La processione, “un fiume in piena di speranza”

Davanti alla colonna dell’Addolorata, il prevosto monsignor Pasquale Pezzoli ha sottolineato che la processione aveva si presentava «come un fiume in piena di speranza, portata da Maria nei campi aridi della città e del mondo, soprattutto dove c’è deserto e quindi maggiore sete di speranza».

Sono seguite le riflessioni del vescovo. «Camminando, ho avvertito il sentimento di tanti: non soltanto la gioia di poter riproporre la processione, ma anche la commozione che è la somma di tanti sentimenti. La presenza di persone di tutte le età, e anche di non poche in carrozzella, sono un segno che ci raccoglie attorno all’immagine dell’Addolorata, che esprime una storia e una speranza. Questa processione è come avesse percorso tutta la città. La processione non è ostentazione, ma ostensione di un segno di speranza, perché l’immagine dell’Addolorata evoca il dolore, ma anche la speranza».

Monsignor Beschi si è complimentato con la parrocchia per l’apertura, nei giorni scorsi, della Porta della Speranza nel santuario. «Maria Addolorata è Porta di Speranza perché è immagine di una donna provata dal grande dolore della morte del Figlio che era stato umiliato. Ma Maria è una donna che non si rassegna nel dolore ed è capace di trasformarlo. Guardando L’Addolorata vogliamo aprire le fessure del muro dell’indifferenza. Non facciamoci rubare la speranza, come raccomanda il Papa. Non dobbiamo lasciarci paralizzare dalla paura del contagio, da incertezze economiche, insicurezza».

Il vescovo: “Non lasciamoci paralizzare dalla paura”

Monsignor Beschi ha poi ricordato i mesi di pandemia. «La nostra città ha condiviso i dolori della pandemia, ma ha saputo coltivare il sentire comune e trovare energie interiori per trasformare il dolore in disposizione all’amore. Dobbiamo respingere la tentazione di uscirne da soli e riconoscere le sofferenze anche più nascoste». Insieme alla città, le parrocchie devono essere in prima fila nel seminare speranza. «Nell’Addolorata — ha concluso monsignor Beschi — amo vedere una Chiesa capace di condividere il dolore di tutti, come è avvenuto in questi mesi, e trasformare il dolore in amore. Nell’Addolorata vedo la figura della comunità cristiana che, con fede, speranza e carità, diventa capace di compassione, generosità, condivisione, apertura, accoglienza».