Papa Francesco: la guarigione del cuore inizia dall’ascolto

intervento
Papa Francesco si affaccia per la recita dell'Angelus

Effatà, apriti. Gesù ha lasciato Tiro e si trova a Sidone, territorio della Decàpoli, “verso il mare di Galilea”, luogo abitato da pagani. Il Vangelo di ieri si apriva con questa breve introduzione di carattere geografico; in questo modo Marco ci dice che siamo ancora in un territorio di non credenti, e anche l’uomo, un sordomuto, che viene portato al Papa per chiederne la guarigione, è, con molta probabilità, un pagano.

Un uomo gravemente colpito nella sua dimensione comunicativa, incapace, cioè, di ascoltare e di parlare. Menomazione fisica, che ha anche una “particolare valenza simbolica”, immagine, forse, del non credente incapace di ascoltare la Parola e nell’impossibilità di portarla agli altri.

La “sordità del cuore” è più grave di quella fisica

Commentando il brano del Vangelo, papa Francesco, affacciandosi in piazza San Pietro, per il consueto appuntamento domenicale della preghiera mariana, ricorda che c’è una “sordità interiore”, la “sordità del cuore”, che è ancora più grave di quella fisica, che, dice il Papa, “oggi possiamo chiedere a Gesù di toccare e risanare”.

Benedetto XVI utilizzava l’immagine del deserto, e diceva che il deserto più profondo “è il cuore umano, quando perde la capacità di ascoltare, di parlare, di comunicare con Dio e con gli altri.

Si diventa allora ciechi perché incapaci di vedere la realtà; si chiudono gli orecchi per non ascoltare il grido di chi implora aiuto; si indurisce il cuore nell’indifferenza e nell’egoismo”.

Ecco la parola straordinaria che cambia la storia: effatà, cioè apriti.
“Tutti abbiamo gli orecchi, ma tante volte non riusciamo ad ascoltare. Perché?”, si chiede il Papa. È “quella sordità interiore”, cioè “la sordità del cuore”.

Presi dalla fretta, dimentichiamo quanto è importante l’ascolto

Siamo presi “dalla fretta, da mille cose da dire e da fare, non troviamo il tempo per fermarci ad ascoltare chi ci parla. Rischiamo di diventare impermeabili a tutto e di non dare spazio a chi ha bisogno di ascolto: penso ai figli, ai giovani, agli anziani, a molti che non hanno tanto bisogno di parole e di prediche, ma di ascolto”.

Per questo, afferma ancora Francesco, Gesù ha sì toccato la lingua del sordomuto, ma prima ha toccato gli orecchi.

Di qui la domanda che rivolge ai presenti, domanda “per tutti noi, ma in modo speciale per i preti, per i sacerdoti: “come va il mio ascolto? Mi lascio toccare dalla vita della gente, so dedicare tempo a chi mi sta vicino per ascoltare?”.

Prima ascoltare, poi rispondere. L’apostolato dell’orecchio

Prima “ascoltare, poi rispondere”, cioè praticare l’apostolato dell’orecchio, come ha affermato più volte Francesco. Quindi rivolgendosi ai preti il Papa dice: “il sacerdote deve ascoltare la gente, non andare di fretta, ascoltare, e vedere come può aiutare, ma dopo avere sentito”.

Poi guarda alla vita in famiglia, e dice: “quante volte si parla senza prima ascoltare, ripetendo i propri ritornelli sempre uguali! Incapaci di ascolto, diciamo sempre le solite cose, o non lasciamo che l’altro finisca di parlare, di esprimersi, e noi lo interrompiamo.

La rinascita di un dialogo, spesso, passa non dalle parole, ma dal silenzio, dal non impuntarsi, dal ricominciare con pazienza ad ascoltare l’altro, ascoltare le sue fatiche, quello che porta dentro. La guarigione del cuore comincia dall’ascolto. Ascoltare”.

«Prima di tutto c’è l’ascolto, anche per Gesù»

Così il Signore: “facciamo bene a inondarlo di richieste, ma faremmo meglio a porci anzitutto in suo ascolto”, dice Francesco. D’altra parte, è lo stesso Gesù che mette in primo piano l’ascolto, e quando “gli domandano qual è il primo comandamento risponde: ascolta, Israele”.

Poi aggiunge: “amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore […] e il prossimo come te stesso”. Ma prima c’è l’ascolto. Così Francesco dice: “ci ricordiamo di metterci in ascolto del Signore? Siamo cristiani ma magari, tra le migliaia di parole che sentiamo ogni giorno, non troviamo qualche secondo per far risuonare in noi poche parole del Vangelo. Gesù è la Parola: se non ci fermiamo ad ascoltarlo, passa oltre”.

Angelus nel quale il Papa rivolge il suo pensiero all’Afghanistan, prega per i più vulnerabili, per gli sfollati “abbiano l’assistenza e la processione necessarie”, e chiede per tutti gli afghani dignità, pace e fraternità con i vicini. Poi ricorda il viaggio, domenica prossima, in Ungheria e dice: possa “l’Europa a testimoniare non solo con le parole ma con i fatti e opere d’accoglienza il buon annuncio del Signore che ci ama e ci salva”.