Il ritorno sui banchi: “Costruiamo il futuro intorno a ciò che conta davvero”

Non sembra sia passato (quasi) un anno dallo scorso 14 settembre (giorno in cui, a cavallo fra la prima e la seconda ondata di contagi da Covid-19, le scuole riaprivano), eppure, il prossimo 13 settembre, studenti e docenti si ritroveranno di nuovo in classe, con le stesse paure e le stesse speranze dell’ultima volta. Già, perché, nonostante il vaccino, le incertezze sono tuttora molte. Il rischio, secondo Daniela Noris, da più di vent’anni professoressa di religione presso il liceo scientifico «Filippo Lussana» e, dal 2018, direttrice dell’Ufficio per la Pastorale Scolastica della Diocesi di Bergamo, è quello della carenza del corpo docente, del ritorno alla didattica a distanza e, soprattutto, della normalizzazione di una situazione che, a tutti gli effetti, è ancora emergenziale. 

Professoressa Noris, come si prospetta il ritorno a scuola?

«Credo che, quest’anno, le aspettative siano meno ambiziose, nel senso che, l’anno scorso, tutti si auguravano la ripresa delle lezioni in presenza e il lento scomparire della questione pandemica. Ma ciò, alla fine, non si è verificato. Ora come ora, il vaccino ci fa sentire tutti un po’ più tranquilli, ma, di fatto, la scuola rimane in uno stato di emergenza. Le disposizioni per evitare i contagi sono ancora attive e, se si entra nelle classi, i banchi sono sempre distanziati l’uno dall’altro: quel che ci siamo lasciati alle spalle a giugno è ancora presente. E questo lo si vede anche dai comportamenti dei ragazzi e dei cittadini in generale: la distanza fisica sta diventando una forma dello stare assieme. All’interno della scuola, inoltre, si sta aprendo un acceso dibattito sul Green pass. Ora come ora, ignoriamo quali saranno le conseguenze, soprattutto in relazione alla reale disponibilità del personale. Non si sa se sarà garantita un’idonea copertura delle cattedre. Questa incertezza, ancora una volta, pone i dirigenti scolastici di fronte a un anno per niente sereno». 

Il Ministero e la scuola hanno provveduto al meglio affinché il rientro possa essere sicuro e il meno macchinoso possibile?

«Sì, anche perché il personale scolastico è formato e preparato e sa bene quali siano le norme da far rispettare affinché gli alunni possano essere protetti e sentirsi al sicuro. Dal canto loro, gli studenti sanno come comportarsi in modo idoneo. Certi meccanismi sono ormai penetrati nella scuola e non c’è più niente di macchinoso, neanche gli ingressi scaglionati o l’esibizione del Green pass. A tal proposito, qualche giorno fa, abbiamo ricevuto una comunicazione da parte del Dirigente scolastico in cui si ribadisce quel che il Ministero ha stabilito, ovvero l’obbligo della Certificazione verde e le condizioni per poterla ottenere. Rimane un dubbio sulla questione trasporto, ma non so come ci si stia organizzando».

Secondo lei, ora come ora, quali sono le aspettative degli studenti?

«È scontato dirlo, ma credo che abbiano una gran voglia di tornare fra i banchi e di lasciarsi alle spalle l’esperienza della dad. Molti ragazzi si portano dietro delle grandi lacune e i dati raccolti negli ultimi mesi ci dicono che la trasmissione della conoscenza attraverso la didattica a distanza non sia stata necessariamente positiva. Il risultato della ricerca non è esaltante: diversi studenti sono stati penalizzati da questa modalità di insegnamento. Sicuramente, degna di nota è l’esperienza fatta questa estate con il “Piano estate”, voluto dal ministro Bianchi per le scuole italiane. L’intenzione era quella di tenere le scuole aperte durante il periodo estivo, attraverso attività di recupero e, soprattutto, momenti associativi (sportivi o artistici) che contribuissero alla scoperta delle tante realtà del territorio. Il Lussana, in rete con altri licei, ha attivato percorsi di vario genere, come corsi di fotografia o di musica. L’esperienza è stata molto apprezzata perché i ragazzi si sono relazionati ai docenti e ai compagni in modo differente. Questa parentesi credo possa essere una buona idea per la scuola di domani, capace di stimolare gli alunni e di far comprendere loro interessi e passioni in modo che possano trovare la loro strada e capire cosa più desiderano dalla vita».

Cosa si aspettano i docenti da questo nuovo anno scolastico?

«L’aspettativa maggiore è che non si ritorni indietro, alla dad. C’è un forte desiderio di normalità. Ma si è anche consci che si è ancora in una fase di transizione e che non tutto quel che è stato sia da buttar via. Registrare una lezione per un eventuale ripasso può rivelarsi funzionale all’insegnamento, mentre un collegio docenti “da casa” è davvero comodo e pratico». 

C’è qualcosa che teme particolarmente?

«Mi auguro non si creino dei contrasti violenti fra chi ha scelto di vaccinarsi e chi ha deciso il contrario».

Speranze?

«La speranza è conservare ciò che di positivo questo incredibile periodo ci ha insegnato e tutt’ora ci sta insegnando, affinché il futuro possa essere costruito attorno a quel che veramente ha valore. Più concretamente, invece, mi auguro la continuità del tempo scolastico in presenza». 

Siamo diventati migliori?

«È ancora presto per dirlo».