Il costo sociale del Prosecco. Il coraggio del vescovo di Vittorio Veneto

Succede che se si sta sui grandi principi l’accordo è totale. Quando invece si cerca di tradurre in scelte e comportamenti, allora nascono presto i distinguo e le polemiche. Capita spesso ai cristiani: se stanno genericamente sui grandi temi, il consenso è garantito. Se fanno la fatica e si assumono la responsabilità della mediazione, ovvero la traduzione dei valori dentro la complessità delle questioni in gioco, allora diventano “di parte” e sono criticati. Al punto che tanti, tra i cristiani, preferiscono astenersi e, se intervengono, preferiscono ragionare per sommi principi correndo il rischio di essere insignificanti. Non è andata così invece al coraggioso vescovo di Vittorio Veneto, mons. Corrado Pizziolo, che nella lettera indirizzata alla diocesi per settembre, mese del Creato, prende posizione netta a proposito del suo territorio. 

Premessa: nel territorio della Diocesi ci sono le magnifiche colline di Valdobbiadene dove già dal dodicesimo secolo la viticoltura faceva già parte della vita quotidiana. Protagonista assoluto è oggi il Prosecco Conegliano Valdobbiadene DOCG, un vino bianco con le bollicine che ha fatto conoscere il Made in Italy nel mondo. In poco più di 7500 ettari di terreno vengono prodotte quasi 100 milioni di bottiglie l’anno. Un business (solo il DOCG ha un giro d’affari di tre miliardi di euro l’anno, valore stimato al consumo) che cresce esponenzialmente aggiungendo altri vitigni DOC coltivati quasi totalmente in pianura e lavorati  interamente a macchina per raggiungere volumi molto elevati e costi di produzione contenuti.

Nella lettera inviata alla Diocesi il vescovo Corrado ricorda il valore della responsabilità sociale per le aziende agricole. “Sentiamo, infatti, forte nel nostro territorio il richiamo al rispetto dell’ambiente e della salute delle persone, spesso minacciati dall’abuso dei cosiddetti “pesticidi”. Come pure sento urgente richiamare l’attenzione sul tema della preservazione della biodiversità, in un’area in cui la monocoltura (che rischia di diventare “monocultura”, dove non c’è spazio per chi la pensi diversamente) rappresenta un limite di cui tenere conto, tanto per le possibili ricadute economiche, quanto per quelle ambientali.” Un richiamo forte per una terra che negli scorsi decenni ha visto sbancare colline e strappare terreni al bosco.  Il vescovo ricorda poi l’uso massiccio dei fitofarmaci di sintesi e chiede di prendere in considerazione l’ancora troppo maggioritario impiego di combustibili fossili. Con sapienza, fa presente che sarebbe ingiusto chiedere soltanto agli agricoltori sforzi di rinnovamento “senza che ciascuno di noi si senta personalmente interpellato a un cambiamento radicale negli stili di vita: ad esempio preferendo l’uso della bicicletta a quello dell’auto, favorendo l’uso di energie rinnovabili, esprimendo il proprio concreto impegno verso forme di economia circolare per un minore spreco di risorse, vivendo con maggiore sobrietà per una riduzione generale dei consumi.”

E ad una terra che recentemente ha ottenuto il riconoscimento UNESCO come “Patrimonio dell’Umanità” il vescovo sottolinea che ad essere problematico non è solo l’inquinamento ambientale e parla della necessità di riconoscere “l’inquinamento del cuore”, la radice vera di ogni disagio sociale. “Mi preoccupano quindi, nella stessa misura, anche le crescenti forme di ingiustizia sociale, spesso sottaciute, dissimulate o talvolta perfino giustificate: dalle espressioni del caporalato presente anche nelle nostre terre, al lavoro “a nero” in cui spesso sono sfruttati gli immigrati che cercano qui da noi la possibilità di un futuro diverso, alle speculazioni o alle frodi che falsificano la genuinità dei prodotti soltanto in nome di un guadagno più elevato, ma senza tutele per la qualità dei prodotti e, soprattutto, per la salute degli operatori e dei consumatori. Non possiamo arrenderci alla logica dell’ingiustizia per paura, per rassegnazione o per indifferenza! Essere cristiani ci chiede oggi di saper risvegliare la nostra coscienza per essere, a nostra volta e attraverso la nostra testimonianza, coscienza critica dentro la società in cui viviamo. 

Il vescovo di Vittorio Veneto sa che occorre lavorare per favorire il dialogo e che saper risvegliare le coscienze “non significa però fare moderne “crociate” che rischiano di diventare ideologiche. La realtà è sempre complessa e non può essere ridotta ad alcuni aspetti a scapito di altri.”

Insomma, serve più confronto, serve più politica, servono più cristiani che stanno dentro con intelligenza le sfide del mondo. Anche del piccolo mondo di Vittorio Veneto.  La costruzione della mediazione è il modo politico di mettere in pratica la necessaria coerenza con i valori cristiani. Non bastano gli slogan né bastano le buone intenzioni. Come non basta limitarsi a proclamare valori e istituzioni come se magicamente si potessero affermare. Occorre, piuttosto, sostanziarli, sotto il segno della competenza e della laicità. A Vittorio Veneto stanno cercando di farlo, anche se un po’ di insulti, via social, sono arrivati. Sarebbe bello – da cristiani –  cominciare a farlo un po’ di più dappertutto.

  1. Chissà, forse anche ai tempi degli antichi romani, la produzione del vino dava il via anche a “costi sociali”, che a dire il vero non importava a chi con “orge” più o meno non tenevano in gran conto, chi era schiavo eseguendo lavori umili! Gesù, stesso usò il vino, quale mezzo di trasmissione della propria “Verità” quale segno di Vita! Ed oggi? purtroppo anche oggi esistono le “orge”, metaforicamente in tutti sensi, che oltraggiano il “buon gusto” e che lasciano sul campo molte riserve su come e quando un buon “bicchiere di prosecco, dovrebbe essere gustato, senza ubriacature di sorta. Una volta si diceva: meglio un solo boccone dal gusto intenso e appagante che tanti pasti insipidi al solo scopo di riempire la “pancia” a dismisura, pur di consumare… Ecco, è proprio questo il problema: troppo e troppo di tutto, almeno per chi se lo può permettere, non concretizzando che lo “spreco” prima o poi va ad incidere, non solo sulla vita sociale di tutti, ma sopratutto su un Pianeta dalla Terra sfruttata, e che prima o poi si ribellerà(alluvioni e di triste recente ricordo quello sterminio di alberi che vide proprio il territorio veneto, protagonista di fenomeni atmosferici oramai noti a tutti! Poco ma buono…e anche la nostra salute ci ringrazierà!

  2. Speriamo che anche i cristiani di Bergamo maturino una lungimiranza, interpretando la complessità delle sfide del nostro territorio, alla luce del Vangelo, quindi per il bene dell’uomo e del creato.
    E sappiano prendere posizione con dialogo e competenza nei confronti, per esempio, del consumo di suolo prezioso nella nostra pianura a causa dei poli logistici; nei confronti di uno strabordante sviluppo dell’aeroporto, sempre incensato, sui cui effettivi benefici economici, turistici e sociali si dovrebbe fare qualche serio approfondimento. Forse siamo ancora timidi ed impreparati nel mettere a tema quale modello di sviluppo vorremmo per la nostra provincia: un ripasso della Laudato si’ non farebbe male.
    Prendiamo esempio dal vescovo di Vittorio Veneto.

  3. Non è molto importante entrare nel merito del prosecco di Valdobbiadene, noi dovremmo parlare del Valcalepio che compare come pubblicità sulle etichette delle omonime bottiglie di vino vicino alla rappresentazione pittorica di un noto artita sulla Visitazione…. E importante e condivido il pensiero di chi ha riportato la posizione del Vescovo di Vittorio Veneto, sulla opportunità di entrare direttamente nei problemi senza fare i soli giri i soliti voli pindarici che sanciscono si dei principi ma che se non coniugati con la realtà finiscono per lasciare il tempo che trovano. Insomma meno giri di parole ma subito dentro il problema anche se a qualcuno può non far piacere.

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