Cercare ancora. Un cristiano nella città. Un libro di Giangabriele Vertova

Chagall cantico

Venerdì scorso, presso la sala della Fondazione Serughetti La Porta, alla presenza del vescovo Francesco, è stato presentato il libro di Giangabriele Vertova “Cercare ancora. Un cristiano nella città”. Un’occasione per tanti di ringraziare l’autore, una delle figure più significative nel panorama civile ed ecclesiale della nostra città. Questo è il mio intervento introduttivo.

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Il testo che viene presentato stasera è edito dalle ACLI di Bergamo nella collana dei libri di Molte Fedi. Abbiamo voluto fortemente la sua pubblicazione per più ragioni. Anzitutto, per un senso di gratitudine.

I nostri mondi – associativi, culturali ma anche ecclesiali – sono abituati a dare per scontato la militanza e il servizio. Io non sono di questo parere. Sono arrivato alla Porta nel 1981 per svolgere il servizio civile e per 40 anni ho incrociato molto spesso le mie strade di impegno e di ricerca con quelle del Gian. Ho trovato un maestro, un compagno di strada generoso e coerente. Attraverso la pubblicazione del libro restituirgli il mio grazie, ma credo il grazie di tanti, di tantissimi, è il minimo che potessi fare.

Radicalità della fede e piena laicità

Inoltre, da credente, ho sempre ammirato la capacità del Gian di coniugare la radicalità della fede e la forte intenzionalità evangelica con la piena laicità.

Credo sia stata la profonda frequentazione della Parola, della Bibbia, che gli ha permesso di assumere la soglia della laicità come la soglia evangelica, di accettare i problemi posti dalla società di oggi come i veri problemi di misura della fede cristiana e di tentare di risolvere quei problemi con un linguaggio che fosse il linguaggio dell’uomo.

Anche quando ha compiuto scelte partitiche che non mi hanno trovato d’accordo, ho visto in lui – grazie a questa radicale “laicità evangelica”  – una capacità critica che gli ha permesso di non far coincidere la scelta di parte con la salvezza cristiana. Un credente che si è battuto contro ogni confessionalismo ma anche contro ogni deriva ideologica, ogni integrismo, in una ricerca della verità continuamente sospesa “tra Bibbia e giornale”, avrebbe detto Bonhoeffer, non a caso uno dei pensatori cristiani a cui Gian è più affezionato.

La grande passione per la letteratura

Una delle passioni del Gian è stata la letteratura. E dunque cercavo un’immagine letteraria per chiudere il saluto. Mi è tornato alla mente un libro di un autore che Gian ha conosciuto e stimato: Filippo Gentiloni.

Il titolo del libro, pubblicato anni fa dall’editrice Claudiana, era: Abramo contro Ulisse, un itinerario alla ricerca di Dio. In quel testo Gentiloni mostra con la sua preferenza per Abramo, che viaggia non sapendo dove ciò lo porterà, rispetto a Ulisse, che invece viaggia per fare ritorno a casa.

Un viaggio, quello di Abramo, che si configura come un percorso “di uscita dall’io verso l’altro”, senza sapere dove andare, sapendo solo di dover lasciare. Abramo, e non Ulisse, perché “l’avventura della fede non si iscrive nel cerchio dell’eterno ritorno ma nella linea retta di un cammino senza appigli, senza sicurezze”.

Un navigare in sospeso, avendo tolto l’àncora e non sapendo dove gettarla. Nessuna certezza sul domani. E la salvezza non è “a casa” ma “altrove”, non è in un ritorno ma in un’uscita. Con una convinzione che è stata la stella polare del Gian: dentro la storia, dentro la città, il Regno viene. Nonostante tutto.

Questo mi pare sia stato davvero il merito e l’avventura umana e spirituale del Gian. Grazie!