La battaglia di Heidi Crowter a Londra: anche i più fragili hanno diritto alla vita

“Credo fermamente che ogni essere umano sia unico e per questo ognuno porta qualcosa al mondo. C’è bellezza nella differenza, rende il mondo interessante”. Oggi, 23 settembre, è un giorno speciale alle Corti Reali di Giustizia di Londra.

È attesa per questa mattina la lettura del giudizio su un tema delicato, una legge che permette di abortire fino alla nascita se il bambino ha una disabilità.

Su questo tema Heidi Crowter, una giovane di Coventry che ha la sindrome di Down, ha intrapreso una coraggiosa battaglia con Maire Lea-Wilson di Brentford, West London, che ha un figlio di due anni, Aidan, con la sindrome di Down.

Maire ha subito molte pressioni perché abortisse quando un esame alla trentaquattresima settimana ha rivelato che suo figlio aveva la sindrome di Down.

“Ogni vita ha valore, anche le persone con disabilità hanno il diritto di esistere”

Heidi si batte per mostrare che la sua vita ha valore, che le persone come lei hanno dignità e diritto ad esistere.

Un diritto che non dovrebbe essere neppure in discussione: ogni vita, ogni persona ha valore. “Perché un bambino come Aidan – scrive Heidi – dovrebbe essere escluso a priori dalla checklist che porta al successo: matrimonio, college, vita indipendente? Potrebbe comunque centrarli tutti. E il suo valore, in ogni caso, non dovrebbe essere ridotto a una lista di ciò che può o non può fare”.

Molti si sono uniti alla mobilitazione di Heidi: la sua pagina “Living the Dream” (vivendo il sogno) ha 14.343 follower.

Porta un punto di vista spiazzante e autentico: non occorre per forza adeguarsi agli standard che la società impone per essere felici. La vita di Heidi lo testimonia: ha studiato, ha trovato lavoro, è autonoma, un anno fa si è sposata con James Carter, un anno più di lei, anche lui con sindrome di Down.

La selezione prenatale: abortiti il 90% dei feti con sindrome di Down

Heidi si sta impegnando con forza per far capire alla gente quanto sia discriminatoria la legge che consente di abortire bimbi portatori di disabilità fino alla nascita, come se negassero il loro diritto ad esistere “considerandoli – insiste Heidi – soltanto un peso”.

Heidi e Maire hanno già detto che anche se il giudizio espresso oggi dovesse essere negativo ricorreranno in appello e non smetteranno di mobilitarsi per cambiare una cultura selettiva che tende a emarginare ed escludere i più fragili.

Nel 2020 sono stati 3083 gli aborti oltre le 24 settimane. Oltre il 90% dei bambini a cui è stata diagnosticata l’anomalia genetica della trisomia 21 sono stati abortiti. Seguendo lo slogan di Heidi, “Saving Down Sindrome”, un grido di denuncia dell’incapacità di accogliere e valorizzare differenze e fragilità, finiamo per salvare anche un pezzo di noi stessi, della nostra umanità.