Carofiglio a Molte fedi: “La giustizia e la politica devono sempre mettere al centro le persone”

Roscarp, CC BY-SA 4.0 , via Wikimedia Commons

Parole gentili e coraggiose, come il titolo del suo ultimo saggio, «Della gentilezza e del coraggio. Breviario di politica e altre cose» (pubblicato da Feltrinelli nel 2020, ndr): così sono state quelle di Gianrico Carofiglio, classe 1961, barese, ex magistrato e politico, ora uno degli scrittori più proficui ed affermati nel panorama della letteratura italiana, durante l’incontro di Molte Fedi Sotto lo Stesso Cielo cui è stato ospite ieri sera, nell’Aula Magna del Seminario di Bergamo.

Parole gentili e coraggiose quelle scelte da Carofiglio, scrittore, politico, ma soprattutto uomo di giustizia all’incessante ricerca della verità, da annoverare senza dubbio tra i più autorevoli testimoni consapevoli del nostro tempo, profondamento caratterizzato «dall’urgenza di decifrare i cambiamenti in atto», come esordito da Daniele Rocchetti, Presidente delle ACLI di Bergamo, un testimone consapevole e capace di accettare la sfida dell’«avventura culturale» di spazi e tempi inevitabilmente e incessantemente sempre più plurali, facendosi narratore di storie da lui descritte come il risultato ancora imperfetto, seppure autentico, della ricerca della verità, una verità a volte scomoda, penosa e dolorosa, perché «scrivere è ciò che ci pesa osservare».

Cercare la verità, mettere al centro le persone

Parole gentili e coraggiose, ma soprattutto parole precise, come quelle scritte e pronunciate da un magistrato in aula di tribunale: Carofiglio non può che attingere dalla propria esperienza di sostituto procuratore antimafia nella sua città natale per raccontare le sue storie, che sono, prima di tutto storie di esseri umani.

E, seppure con il rigore che si addice a chi come lui ha detenuto per anni «il potere mostruoso», come da lui definito, di togliere la libertà a chi è, di fatto, giudicato colpevole, Carofiglio con rigore precisa che ricoprire la carica di Pubblico Ministero non può di certo far dimenticare la dimensione umana che ne sta dietro e dentro.

Carofiglio considera, di fatto, un valido pubblico ministero chi è in grado di svolgere questo lavoro «con passione e distacco», in nome della costante e fondamentale ricerca della verità; un valido pubblico ministero non è chi ha molte conoscenze teoriche, bensì chi non dimentica che al centro del proprio lavoro stanno le persone che, soltanto sulla base dei fatti, potranno essere giudicate colpevoli, senza, però, alcuna pretesa di superiorità morale da parte del giudicante.

Le buone letture aiutano a comprendere la realtà

Un pubblico ministero non può limitarsi ad esercitare il proprio ruolo stando a quanto appreso dai manuali, quanto piuttosto mettendosi nei panni di chi dovrà giudicare, attraverso la conoscenza della realtà, della verità del carcere così come attraverso la lettura di buoni libri, perché è attraverso buone letture che si può comprendere la complessità plurale della realtà.

Parole gentili e coraggiose, che, secondo l’autore dovrebbe essere anche quelle della politica della democrazia, fondata sul compromesso e sull’approssimazione. E, proprio con una gentilezza coraggiosa, arricchita dalla ricerca di bellezza e verità della parola, Carofiglio rinnova il valore, troppo spesso dimenticato di questi due lemmi, ricordando come sia il potere della parola e della parola come ragionevole e ragionata consapevolezza dell’alterità la base di una politica democratica partecipata. Se il compromesso è, etimologicamente, una promessa comune e l’approssimazione un reciproco avvicinamento, una buona politica, come una buona giustizia e buon libro altro non può essere se non riconoscere la difficile quanto meravigliosa incessante ricerca della verità, complessa e per questo affascinante.