Milioni di italiani chiamati alle urne: il voto come dovere civico

“Dovere civico”: un’espressione che si ritrova anche nella Costituzione, all’art.48, in riferimento all’esercizio del voto.

Milioni di italiani sono chiamati alle urne per una tornata che riguarda principalmente l’elezione dei sindaci, ma non solo.

Non si tratta del voto politico generale, certo, e tuttavia la convocazione coinvolge una quota molto significativa dell’elettorato.

Già questo aspetto – al di là della competizione nelle maggiori città su cui si sono inevitabilmente concentrati analisi e commenti a livello nazionale – conferisce all’evento una grande rilevanza democratica.

Una grande impresa collettiva

Tanto più in un fase storica che vede il Paese intero impegnato in un colossale sforzo di ripresa economica e nel completamento di quella campagna vaccinale che ha consentito di arginare un virus rivelatosi molto più coriaceo e pericoloso di quanto si potesse prevedere in origine.

Quando si scriverà la storia di questi anni con il necessario distacco dalle polemiche quotidiane – in cui i furori ideologici risaltano più dei ragionamenti – forse si riuscirà a percepire meglio la portata di una grande impresa collettiva in cui si è riconosciuta la stragrande maggioranza degli italiani.

Più volte, in questi mesi, il presidente della Repubblica ha parlato non a caso di “dovere civico” a proposito della vaccinazione anti-Covid.

Un invito alla partecipazione dalla Costituzione

Nel momento in cui tanti italiani si confrontano con l’appuntamento elettorale, torna alla mente che questa espressione si ritrova anche nella Costituzione, all’art.48, in riferimento all’esercizio del voto. Senza forzare oltre il lecito l’analogia – i profili giuridici e di fatto sono evidentemente diversi – può essere comunque utile raccogliere il messaggio di partecipazione trasmesso da questo accostamento.

Alla radice di tutto, infatti, ci sono quei “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” affermati solennemente dall’art.2 della Carta costituzionale; c’è quel “patto di cittadinanza” su cui si fonda la “casa comune” degli italiani e delle italiane, la nostra Repubblica, come il Capo dello Stato ha ricordato in occasione della Festa del 2 giugno.

Un patto di cittadinanza per la “casa comune”


È questo patto fondamentale che rende possibile e auspicabile la prospettiva di cui si sta parlando più intensamente in queste settimane, quella di un “patto economico, produttivo, sociale” – parole del premier Mario Draghi – per dare forza e continuità alla ripresa.

Lanciato dalla Cisl prima dell’estate, rilanciato dalla Confindustria nella sua assemblea, fatto proprio in quella sede dal presidente del Consiglio, esso potrebbe costituire un fattore propulsivo determinante nell’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che com’era prevedibile (purtroppo) sta incontrando qualche difficoltà nel rispettare l’ambizioso cronoprogramma su cui l’Italia si è impegnata.

La macchina amministrativa, nonostante interventi poderosi e alcuni oggettivi progressi, fatica a tenere i ritmi necessari e da Palazzo Chigi aumenta ogni giorno la pressione. Ma molto dipenderà anche dal contesto politico che si svilupperà in seguito alla tornata amministrativa e in vista dell’elezione del presidente della Repubblica, proprio all’inizio del 2022.