8 anni esatti e 420 articoli, ognuno dei quali pensato lungo la settimana e scritto, quasi sempre, la sera della domenica. Ho iniziato a scrivere sul Santalessandro il nove ottobre del 2013. Era da poco morto Enrico, un amico carissimo, e alcuni giorni dopo, a Redona, partecipavo al funerale di don Sergio Colombo, l’indimenticato maestro della mia generazione. Da qualche mese al soglio pontificio era salito Francesco, il papa “venuto dalla fine del mondo” e l’entusiasmo della sua elezione faceva intravedere (e sperare) una stagione nuova della Chiesa, ancora sotto choc dalle dimissioni di papa Benedetto, dalla vicenda dei preti pedofili e di Vatileaks.
Quando mi proposero di partecipare all’avventura del Santalessandro chiesi carta bianca. E così è stato. In otto di anni di articoli ho trattato di Chiesa e di mondo, di laici e di preti, di Concilio e di Sinodo. Ho scritto di santi minori che mi hanno insegnato ad avere fiducia nella vicenda di Gesù di Nazareth, di donne e uomini fuori dal recinto ecclesiale, segni del Regno che viene su vie di giustizia e di riconciliazione.
Ho parlato di economia e di politica, di pace e di migrazioni, di poveri e di periferie, il posto privilegiato da dove leggere la storia umana. Ho cercato di comprendere questo tempo di crisi come un’opportunità unica per ridire l’unica cosa che noi cristiani, nella città di tutti, abbiamo di prezioso: l’umanità del Vangelo.
Spesso, molto spesso, dopo l’articolo mi avete scritto in tanti. In pubblico e in privato. Chi per dirmi di essere d’accordo, altri per raccontarmi il proprio dissenso. Sempre in modo civile e corretto, anche quando i temi erano scomodi. Nel piccolo, la rubrica è stato uno spazio autentico di confronto e di dialogo.
Ora è tempo di chiudere. Grazie a chi si è fidato, grazie a voi, lettori pazienti. Nel mio primo articolo scrivevo: “Oggi la sfida per la Chiesa – anche per la nostra straordinaria e generosa chiesa bergamasca – resta sempre la stessa, da due millenni: conservare il nucleo della fede, far parlare Dio nel cuore e nella vita degli uomini e delle donne delle nostre comunità. Se questo accade veramente, avremo una terra più vicina al sogno di Dio. Certamente più solidale, accogliente e inclusiva di quanto non lo sia oggi. Se non accade, un giorno ci verrà chiesto dove eravamo, che Vangelo leggevamo e di quale Dio davamo testimonianza”.
Ripartiamo da qui. Ognuno da dove è.
Buona vita a tutti voi. E grazie!