Romano, un libro per raccontare la presenza iconografica di San Bernardo

Proseguono le iniziative legate al 50esimo del Club Alpino Italiano della sezione di Romano di Lombardia.

Lo scorso venerdì, nella chiesa prepositurale della città, è stato presentato il quaderno La presenza iconografica di S. Bernardo a Romano, scritto da monsignor Tarcisio Tironi, Direttore del Museo di Arte e Cultura Sacra di Romano di Lombardia in collaborazione con il CAI di Romano.

Questo libretto è la terza pubblicazione che rientra nel progetto editoriale «I Quaderni del M.A.C.S.», che è stato ideato da Bruno Cassinelli e monsignor Tarcisio Tironi.

Storia e leggenda sulle origini di San Bernardo

«Con questo quaderno – introduce monsignor Tironi – volevo cercare di fare luce su questa ricerca iconografica di San Bernardo a Romano di Lombardia» e se fosse attribuita a San Bernardo d’Aosta o a San Bernardo di Chiaravalle.

Dal punto di vista storico, San Bernardo d’Aosta nacque a inizio XI secolo e morì a Novara il 12 giugno 1081. «Era ritenuto originario di Mentone, attraverso un racconto, una specie di leggenda per dare lustro a una famiglia», spiega monsignor Tironi.

In realtà, questo Santo nacque ad Aosta dove divenne arcidiacono. Incessante fu la sua attività di predicatore sulle montagne valdostane, piemontesi, novaresi e valesiane.

Nel 1050, essendo stato testimone dei pericoli delle Alpi, fondò l’ospizio della comunità religiosa del Gran S. Bernardo, passo che collega Valle d’Aosta con Val d’Isère, a 2473 metri di altezza.
Il 20 agosto 1923 Papa Pio IX proclamò San Bernardo d’Aosta patrono degli alpinisti, dei viaggiatori e degli abitanti delle Alpi.

I monaci del Gran San Bernardo che assistono i viaggiatori



Ancora oggi, nell’ospizio del Gran S. Bernardo, risiedono i monaci canonici, che, da mille anni dalla fondazione, assistono i viaggiatori e i pellegrini che attraversano le Alpi.

Inoltre, è proprio a questi monaci che si deve anche il nome alla razza canina dei mastini romani, presenti in territorio elvetico e in Valle d’Aosta. Spiega monsignor Tironi, «essi venivano utilizzati per la loro opera di soccorso in quanto, hanno una grande resistenza al freddo, un ottimo fiuto e un forte senso del dovere».

Inoltre, monsignor Tironi ha sottolineato che «i cani San Bernardo non hanno mai portato al collo le botticelle di brandy ma si deve quest’immagine a Edwin Landseer, pittore che, nel 1831, dipinse una scena intitolata Alpine Mastiffs Reanimating a Distressed Traveler (Mastini delle Alpi che rianimano un viaggiatore in difficoltà) in cui compaiono i due cani S. Bernardo, uno dei quali porta al collo un barilotto di brandy, rimanendo così nell’immaginario collettivo».

La storia di San Bernardo di Chiaravalle

Diversa è la storia di San Bernardo di Chiaravalle. Nacque nel 1090 a Fontaine, in Francia, da una famiglia numerosa e discretamente agiata. Fin da giovane, si dedicò allo studio delle cosiddette arti liberali, ovvero la  grammatica, la retorica e la dialettica presso la scuola dei Canonici di Saint Vorlex, a Chatillon-sur-Seine.

Nel contempo, maturando la decisione di intraprendere la vita religiosa, a soli 23 anni entrò a Citeaux, nel 1113, con più di 30 compagni, sotto l’abate Stefano.

Due anni dopo, nel 1115, fondò il monastero di Chiaravalle (Clairvaux), dove richiamava, con decisione, la necessità di una vita sobria e misurata nella mensa come negli indumenti e negli edifici monastici e raccomandava il sostentamento e la cura dei poveri.

Non solo,  era un abate che contrastò l’eresia e le crociate perché causa di guerre; riuscì a ricomporre lo scisma facendo riconoscere Papa legittimo Innocenzo II.

Alla morte di Bernardo, avvenuta nel 1153, si contavano circa 70 centri monastici e 100 monasteri che dipendevano da Clairvaux. Nel 1174, Papa Alessandro III lo proclamò Santo e Papa Pio VIII, nel 1830, gli diede il titolo di Dottore della Chiesa.

Altri aspetti che distinguono i due Santi sono gli attributi iconografici.

Gli elementi essenziali dell’iconografia

Per quanto riguarda la figura di San Bernardo d’Aosta, dalle reliquie ai busti, agli affreschi e ai basso rilievi che si possono trovare nell’ospizio del Gran San Bernardo, nella chiesa di Mentone , nella cattedrale di Novara e a Piozzo, si notano i seguenti elementi: l’abbigliamento talare nero, il diavolo incatenato ai piedi che il Santo tiene al guinzaglio, il bastone dell’arcidiacono e il cane per richiamare la sua opera di carità e di soccorso in montagna.

San Bernardo d’Aosta in un bassorilievo.

Invece, in riferimento a San Bernardo di Chiaravalle, dai dipinti alle opere scultoree, si possono notare i seguenti attributi iconografici: la cocolla, la tonaca pesante bianca con cappuccio, il pastorale, il libro della Regola e il diavolo in catene che il Santo tiene al guinzaglio per simboleggiare la vittoria sulle eresie. In altri quadri, San Bernardo è in compagnia della Vergine e di Cristo per simboleggiare il devoto affetto.

L’Apparizione della Vergine a San Bernardo di Filippino Lippi (1482-1486)

Le immagini con il diavolo in catene

Nonostante le differenze, monsignor Tironi ricorda le parole della storica dell’arte Laura Dal Pra’ che sottolinea la seguente similarità: «la ricorrente sovrapposizione tra la figura di San Bernardo di Chiaravalle e quella di San Bernardo d’Aosta, parimenti raffigurati con il diavolo in catene, registrabile specie nelle opere figurative piemontesi. Infatti, per il santo aostano, la Legenda quattrocentesca, stilata dal canonico Riccardo di Valdisère, si diffonde sulla vittoria contro il diavolo che infestava il passo Monte Giove e che venne quindi legato per il collo della stola del Santo trasformata in catena».

Quindi, per comprendere se la presenza iconografica a Romano di Lombardia riguardasse San Bernardo d’Aosta o di Chiaravalle, monsignor Tarcisio Tironi ha consultato vari studi e approfondimenti, tra cui la visita apostolica di San Carlo Borromeo del 1575 e L’antico Stato di Romano di Lombardia e altri comuni del suo mandamento cenni storici, documenti e regesti, redatto da Damiano Muori.

Egli ha scoperto che a Crema c’è un monastero cistercense intitolato a San Bernardo; a Barbata, c’è un’abbazia che dipendeva dall’Ordine dei Cistercensi e ha trovato documentazione riguardante la devozione di reliquie davanti alle quali, nel XVII secolo, si accendevano i lumi il 20 agosto, giorno in cui si festeggia la memoria di San Bernardo di Chiaravalle.

Nove opere con San Bernardo di Chiaravalle a Romano

Attualmente, a Romano di Lombardia sono presenti ben nove opere iconografiche che ritraggono San Bernardo di Chiaravalle e sono: Crocifissione di Aurelio Gatti nella Basilica di San Defendente (1589-1590); Pala dell’altare SS Trinità di Enea Salmeggia (1606), sempre in Basilica di San Defendente; il dipinto nella chiesa di San Rocco; la statua di agglomerato cementizio, nella nicchia della chiesa prepositurale, del 1777; la statua di marmo, sempre nella chiesa prepositurale, di Antonio Gelpi, del 1783; il clipeo dell’ostensorio architettonico a tempietto, di tipo ambrosiano, del XVI secolo; l’opera lombarda del XVII secolo, Canto della croce astile, nella chiesa della Madonna della Fontana; il medaglione ostensorio di Angelo Zanchi del 1917 che temporaneamente si trova al Museo di Arte e Cultura Sacra di Romano di Lombardia.

Il quaderno La presenza iconografica di S. Bernardo a Romano si può acquistare nella sede del Macs di Romano di Lombardia in Vicolo Chiuso, 22.