Festa di Ognissanti, suor Chiara: “Sono gli esempi che attraggono, non le parole”

Buongiorno suor Chiara,
Ogni anno noto con un pizzico di rammarico che la festa di Ognissanti e il ricordo dei morti vengono confusi con Halloween, una specie di Carnevale a base di scheletri e zucche. La sera del 31 bisogna chiudersi in casa perché passano gruppi di ragazzi scatenati che fanno scoppiare petardi e lanciano uova contro le case. Questa tradizione sta “contagiando” anche gli oratori. Che cosa ne pensa? Sono io che essendo ormai un nonno sono un po’ troppo all’antica?
Gianni

Caro Gianni, la solennità di tutti i Santi e la commemorazione dei defunti sono due feste molto importanti dell’anno liturgico perché riportano alla nostra memoria credente il senso ultimo della nostra vita che è la comunione con Dio, e ci ricordano il legame tra la Chiesa della terra e quella del cielo.

Queste feste sono nate dalla fede dei cristiani che volevano celebrare la sconfitta del male, della morte e del peccato realizzate con la Pasqua di Cristo.

Sono appuntamenti importanti della vita della Chiesa che ci riportano ad approfondire alcuni aspetti della nostra vita cristiana: la santità come partecipazione alla santità di Dio e la nostra figliolanza, il legame della comunione dei santi con i vivi e con i fratelli che ci hanno già preceduto in cielo.

Quella celebrazione della morte è diventata una festa consumistica

La festa di halloween, invece, è di origine celtica, nata in Irlanda, per celebrare la fine dell’estate e l’inizio dell’inverno: era posta al 31 di ottobre, data che indicava il termine della bella stagione e con essa la fine del raccolto.

Nel tempo si è trasformata, per la sua collocazione alla vigilia di Ognissanti, a una festa religiosa o pagana, in onore dei morti.

I celti cattolici iniziarono a celebrare in essa l’illuminazione della notte, le zucche che mettevano in fuga il male, il cielo che visitava la terra, i dolcetti che i morti portavano ai loro discendenti come segno del loro amore sempre presente e della loro intercessione per i loro cari.

Hallowen è oggi una festa commerciale e consumistica, importata dagli Stati Uniti, e non ha nulla a che vedere con il riferimento alla vita eterna e alla santità.

La sua diffusione ci deve far riflettere, senza allarmismi, e interrogarci sul motivo della sua incidenza, in particolare tra i giovani.

Un punto di partenza per coinvolgere i giovani

L’invito, caro Gianni, è che noi cristiani rievangelizziamo questa festa, arricchendola di tutto il significato luminoso della santità e del ricordo dei morti che ci hanno preceduto e dimorano presso Dio.

Anche se ormai è entrata nel costume dei nostri paesi e delle nostre città, negli oratori si sta cercando di renderla festa un po’ più “cristiana”, utilizzando in modo diverso i segni e simboli che la caratterizzano.  

Questo è un modo per cercare di stare con i ragazzi e i giovani, partendo da ciò che li coinvolge per proporre un modo “altro” di vedere e di vivere, di guardare la realtà e la vita.

Mi sembra importante che noi adulti, per primi, diamo nuovamente alla festa dei santi e al ricordo dei nostri defunti, la dignità e il valore che meritano.

Occorre fare esperienza della santità di Dio, della sua bontà, testimoniare che siamo stati toccati dal suo amore che l’ha resa più bella, per poter trasmette alle nuove generazioni la felicità che la fede ci dona.

Sono gli esempi che attraggono, e non le parole

Non possiamo comunicare altro se non quello che abbiamo sperimentato e ciò che crediamo veramente: sono gli esempi che attraggono, trascinano, e non le parole.

La festa dei santi ci dice proprio questo: innumerevoli sorelle e fratelli che hanno vissuto felici di credere nel Signore e di vivere per Lui e ora ci attendono in Dio, nel cielo. Santi famosi, ma anche santi della porta accanto, persone normali che non hanno fatto nulla di straordinario, ma hanno vissuto straordinariamente l’ordinario.

I santi sono nostri fratelli e sorelle che hanno accolto la luce di Dio nel loro cuore e l’hanno trasmessa al mondo, ciascuno secondo la propria tonalità.

Guardiamo a loro e ai nostri defunti come amici e compagni nel viaggio della vita, affidando a loro i nostri giovani affinché anche loro si sentano attratti da quella bellezza che il Signore ci ha narrato con la sua vita: ad essa possano aderire per essere felici.