Verso l’alt(r)o, meditazione della settimana. Vestirsi a festa per celebrare la fine?

festa

Sono più miti le mattine

e più scure diventano le noci

e le bacche hanno un viso più rotondo.

La rosa non è più nella città.

L’acero indossa una sciarpa più gaia.

La campagna una gonna scarlatta,

Ed anch’io, per non essere antiquata,

mi metterò un gioiello.”

Emily Dickinson

 Mi ha sempre affascinato e creato molta curiosità il comportamento degli alberi durante l’autunno. Tutto quel colorarsi di foglie con le tonalità più varie, quasi da fare invidia ai colori dei fiori primaverili, ha sempre suscitato in me stupore e meraviglia. 

Perché mai giunta la fine le foglie “vestono a festa gli alberi”? Ci sono ovviamente una serie di spiegazioni scientifiche, ma mi sembra parlino anche d’altro.

La nostra vita è costellata di momenti in cui qualcosa finisce. Una festa, una relazione, un lavoro, un momento particolarmente bello, una vita. 

La fine non è qualcosa che si desidera, che si vuole, che si sceglie, generalmente. Eppure quegli alberi mi dicono che di fronte alla fine si può scegliere come stare.

Di fronte alla fine ci si può “vestire a festa”, quasi a dire che la grazia e la gratitudine sperimentate sono così belle e grandi e la fine sola permette di celebrarle e di vederle con occhi nuovi.

Quell’albero mi interroga e sembra quasi chiedermi “se oggi fosse la fine, la mia vita così com’è mi permetterebbe di essere vestito a festa? Sarei rivestito di quell’amore che mi rende profondamente grato e profondamente me stesso?”

Penso allora alle nozze di Cana, da quel momento in cui, vicini alla fine, si solleva una voce “non hanno più vino” al momento successivo in cui quella paura si trasforma in gioia grande per un vino ancora più buono, dono solo di grazia.

I colori dell’albero allora mi parlano di una fine che è solo confine, di una fine che non è mai definitiva, che non ha mai l’ultima parola.

Potrebbero sembrare facili parole, scollate dalla realtà, poi leggo la storia di Chiara Corbella Petrillo e penso a come, affidandosi, ha deciso di vestirsi a festa per celebrare la vita, per celebrare la gratitudine di sentirsi figlia amata e allora penso sia veramente possibile.

Mi auguro allora che di fronte alle piccole o grandi fini che ci si paleseranno di fronte possiamo prendere in prestito le parole del Beato Piergiorgio Frassati e farle nostre: “l’avvenire è nelle mani di Dio e meglio di così non potrebbe andare”.