Èquipe educative. Il tempo di crederci. L’oratorio come un tesoro condiviso

Nell’arco di tre settimane, ho partecipato a tre incontri sul tema delle equipe educative. Il primo era aperto ai membri stessi delle équipe, insieme a rappresentanti di Grumello e Telgate, per la presentazione dell’ultima ricerca pubblicata su questo tema, nella quale la nostra Diocesi ha avuto un ruolo importante. Il secondo si è svolto in occasione della riunione degli incaricati di pastorale giovanile della Diocesi di Bergamo. Il terzo, la scorsa settimana, con i sacerdoti della fraternità alla quale appartengo.

Vorrei qui semplicemente annotare alcune considerazioni personali, rimandando al volume pubblicato dagli Oratori Diocesi Lombarde e al contributo del teologo don Paolo Carrara, docente della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale e presso la Scuola di Teologia del Seminario di Bergamo, per comprendere l’impostazione teorica e i fondamenti teologico pastorali dell’esperienza.

I primi a dover credere nell’équipe educativa sono i preti

Da semplice curato di due oratori, entrambi con equipe educativa, vorrei innanzitutto affermare che i primi a dover credere nelle prospettive aperte dall’équipe educativa come guida dell’Oratorio sono.. i preti. E questo non è semplice.

Noi sacerdoti per primi dobbiamo accogliere questa possibilità di guida condivisa con alcuni laici degli oratori di cui risultiamo ancora “direttori”.

Ciò significa, ad esempio, abbandonare l’idea di un consiglio puramente consultivo, con la parola del prete che resta quella decisiva, a favore di un lavoro che conduca a una decisione insieme sui diversi settori della vita dell’oratorio e, ovviamente, a  una condivisione autentica della responsabilità.

Accanto a questo, occorre che l’équipe venga adeguatamente legittimata dentro la comunità: non si tratta di presentare i membri come “quelli che comandano” in oratorio, ma come donne e uomini che, con spirito di servizio, favoriscono il coordinamento della diverse attività e la convergenza delle questioni a un unico tavolo, dove ciò che va bene e le criticità di ciascun gruppo sono portate alla conoscenza di tutti, perché tutti possano pensare e attivarsi nelle decisioni necessarie ad aiutare i vari settori.

L’oratorio e la pastorale giovanile non sono “cose del curato”

Su questo aspetto della legittimazione, le parole del Vescovo Francesco, che ha parlato della possibilità di una istituzionalizzazione più ufficiale, un mandato diocesano alle équipe educative, può costituire un ottimo passaggio.

Accanto a tutto ciò, è decisivo che le comunità prendano coscienza che l’Oratorio e la pastorale giovanile non sono “cose del curato e dei suoi collaboratori”, ma dell’intera comunità parrocchiale. Siamo tutti responsabili dei nostri ragazzi!

Quando infatti, speriamo più tardi possibile, il numero di preti giovani sarà troppo esiguo per affidare a ciascuno la guida di un solo oratorio (o due, come nel caso di noi curati interparrocchiali), sarà importante che le equipe educative siano mature e pronte per assumere, insieme ai parroci, la guida degli oratori, come già avviene per gli oratori più piccoli: i preti giovani che ci saranno potranno, nel caso, diventare i referenti delle equipe di più oratori, assumendo il ruolo di “formatori dei formatori”.

L’importanza di creare nuove occasioni di confronto

La mia speranza è che, in tempi recenti, possano crescere le occasioni di confronto tra equipe educative in Diocesi, in stretto contatto con l’Ufficio per la Pastorale dell’Età Evolutiva e gli educatori professionali che stanno svolgendo l’incarico di “tutor” nelle equipe educative, per condividere pensieri, strategie, percorsi fecondi e criticità.

Io credo molto nella strada delle équipe educative, come nella corresponsabilità con laici preparati e disponibili. È tempo di metterci più impegno: ci sarà da far fatica, ma dobbiamo farlo per i nostri ragazzi, ricordando sempre che Dio fa crescere quanto viene maturato nella preghiera e nell’impegno concreto a favore dei fratelli.