Il Signore disse ad Abram:
«Vàttene dal tuo paese, dalla tua patria
e dalla casa di tuo padre,
verso il paese che io ti indicherò.
Farò di te un grande popolo
e ti benedirò,
renderò grande il tuo nome
e diventerai una benedizione.
Benedirò coloro che ti benediranno
e coloro che ti malediranno maledirò
e in te si diranno benedette
tutte le famiglie della terra».Allora Abram partì.
(Gen 12, 1-4)
I miei genitori e la loro generazione sono cresciuti guardando un programma condotto da Mike Buongiorno, il celeberrimo “Rischiatutto”, un quiz che intrattenne e fece sognare un’intera nazione agli inizi degli anni ’70. L’ultimo gioco della serata era chiamato “Lascia o raddoppia” e il concorrente doveva rispondere correttamente ad una serie di domande per vedere duplicato il proprio montepremi, altrimenti, con anche solo una risposta errata, la somma si azzerava. Non ho vissuto sulla mia pelle questi momenti di tensione, in cui, in pochi minuti, può anche cambiare una vita, ma mi è capitato spesso, in questo periodo, di incrociare il tema del rischio, quasi che fosse una questione per me urgente da guardare. Che rispuntava come un fungo nelle situazioni e nei dialoghi più disparati.
In modo particolare, la figura di Abramo, mi è venuta in soccorso per rischiararmi un po’ il pensiero. La sua vicenda infatti, pur essendo lontana da noi quasi 4000 anni, è paradigmatica della condizione umana: una vita tranquilla, tra Ur e Carran, all’ombra del padre Terach, ma stagnante di vita e di desideri, anzi, un’esistenza segnata più dalla morte, soprattutto quella del padre. E’ proprio in quel momento che il Signore chiama Abram e gli chiede di partire. Egli non ha nulla per cui fidarsi, non conosce quella voce che gli parla, ma le parole che sente da Dio risvegliano i suoi desideri più profondi: la promessa di una terra e di una discendenza.
Cosa fare? Lasciare o raddoppiare? Pensare che quella chiamata alla vita sia solo un’illusione o partire verso l’ignoto? Abram si fida, rischia tutto: deve mettere in gioco la sua terra e la sua tribù, cioè tutto ciò che aveva e parte. Sappiamo poi che il Signore esaudirà effettivamente ciò che Abram portava nel cuore e non certamente in modo così immediato come in un quiz televisivo. Per questo motivo nella vicenda di Abram è decisivo il rapporto di fiducia che passo dopo passo egli costruisce con Dio, tanto che quest’ultimo gli cambierà il nome in Abramo, ovvero “padre di molti popoli”, adottandolo come un vero papà.
Questa storia mi ha ricordato come nella mia vita in continuazione sono chiamato a rischiare tutto, soprattutto nelle relazioni e nelle situazioni di ogni giorno. Spesso non c’è nemmeno una base, una logica, un rapporto pregresso su cui fondare lo slancio, ma mi sembra di aver intuito che per fare un passo verso l’ignoto sia innanzitutto importante capire se in questo passaggio la vita stia interpellando i miei desideri più profondi. Dietro ad ogni angolo può esserci sempre una fatica, un tradimento, una fregatura, ma se la vita chiama, non possiamo non rischiare e provare a vincere il premio più grande di tutti, una vita che tende verso la vera pienezza.