Re-agire con i migranti: un progetto tra povertà antiche e nuove

Reagire tra povertà antiche e nuove, tra le emergenze quotidiane: qualcosa è pur possibile fare. Qualcosa si deve fare. C’è chi lo fa, e ne abbiamo notizia, ma non sempre ci si pone l’interrogativo “se e come possiamo sostenere queste iniziative?”.

Una scelta è “fare rete”, con altra parola, in pratica, un “agire sociale”, responsabile e collettivo.

La cronaca e anche la storia che si sta scrivendo nel tempo attuale, appaiono caratterizzate da emergenze che si presentano quotidianamente accanto a situazioni “normali”, contraddistinte da diffuso benessere e stabilità (rivelando il netto contrasto e anche la contraddizione della nostra epoca), e rappresentano invece una realtà quanto mai instabile e precaria.

Dopo la pandemia: l’opera silenziosa a servizio degli ultimi

La stessa transizione che segue la pandemia, che in molti si auguravano fosse segnata da un miglioramento di condizioni per tutti, promesso a parole, a partire dalla ricerca di equilibri di equità e dalla diffusione delle esigenze primarie di vita più estese alle fasce di popolazione, nel tempo purtroppo risultano invece per molte persone in continuità e anche in aggravamento. Tralasciando il pur doloroso (e preoccupante) tema dei conflitti che appaiono davvero “infiniti”, la tragica realtà delle carestie e delle condizioni di miseria endemica o le molte crisi umanitarie di un mondo inquieto (e iniquo) è doveroso ricordare l’infinita, costante solidarietà e l’opera di molte realtà che se ne occupano in silenzio.

Alle emergenze e alle urgenze siamo abituati che “qualcuno” intervenga.

Sì, si reagisce di fronte all’ingiustizia come davanti a un’emergenza, così come si risponde a un bisogno. Si agisce e si reagisce. Si aiuta a dar vita, a restituirla, quindi a re-agire.


Re-agire, un progetto iniziato a Lampedusa nel 2017

Sì, si reagisce di fronte all’ingiustizia come davanti a un’emergenza, così come si risponde a un bisogno. Si agisce e si reagisce. Si aiuta a dar vita, a restituirla, quindi a re-agire. E Re-Agire è proprio il nome dell’iniziativa che ci presenta Giusy Cirone, facilitatrice e responsabile dell’area comunicazione del Progetto che è rivolto all’accompagnamento e facilitazione per il benessere delle persone nella migrazione: «Il Progetto “Re-Agire con i migranti” nasce da una iniziativa partita da Lampedusa, nel febbraio del 2017. Successivamente si è diffuso in altre regioni, attualmente siamo attivi in Lombardia a Brescia; in Puglia e Basilicata a Bari, Barletta-Andria-Trani, Potenza, Matera; in Sicilia a Trapani, Palermo, e in Veneto a Padova, Treviso, Venezia, Verona, operando in sinergia con il territorio, istituzioni e organizzazioni che interagiscono con migranti e richiedenti protezione internazionale.

L’avvio dalla campagna Cei “Liberi di partire liberi di restare”

È un progetto incoraggiato dalla Fondazione Migrantes, e cofinanziato dalla Campagna CEI “Liberi di partire, liberi di restare” e di altri Organismi aderenti all’iniziativa. Il sito internet di riferimento per informazioni aggiornate è www.re-agire.it, i formatori nazionali sono Germano Garatto, responsabile e coordinatore, e Valeria Schiavone».

Signora  Cirone, può illustrare in pratica di che si tratta?

«È una attività innovativa per il contesto italiano, rivolta a persone migranti, adulte e minori, agli operatori e ai volontari che operano nel contesto della migrazione. Attraverso sessioni individuali condotte da un facilitatore esperto, i destinatari possono beneficiare di tecniche efficaci per la riduzione della carica emotiva associata a stress, dolore riferito a eventi del passato, timore per il futuro, blocchi nell’affrontare situazioni indesiderate, difficoltà ad attingere alle proprie risorse personali».

Chi partecipa al progetto e come opera?

«Re-Agire è una rete di persone italiane e straniere con diverse professionalità e competenze, impegnate nell’accoglienza diffusa di richiedenti protezione internazionale e di immigrati. Operiamo in rete e ci proponiamo di contrastare attraverso gli strumenti legali le situazioni amministrative lesive della dignità delle persone migranti. Favoriamo la collaborazione tra professionisti pubblici e privati per la diffusione di buone prassi di tutela nei rispettivi servizi e professioni, costruendo sinergie nella società civile per promuovere una azione virtuosa di inclusione sociale».


Operatori di diverse competenze per accompagnare persone migranti

“Re-Agire con i migranti” dal 2018 ha formato e forma operatori di diverse competenze per sviluppare una particolare e nuova capacità di accompagnamento di persone coinvolte nel processo della migrazione – siano esse di recente ingresso o presenti da lunga data – e che appaiono ferite dal proprio vissuto migratorio.

Signora Cirone, lei opera per Re-Agire in Basilicata e tra le sue esperienze professionali e ruoli, è anche facilitatrice certificata delle tecniche di accompagnamento educativo per la riduzione dell’incidente traumatico.

Oggi assistiamo a un forte aumento di richieste di aiuto, di accompagnamento. In molti non lo chiedono esplicitamente, perché spinti alla migrazione semplicemente dal bisogno primario di sopravvivenza. Ci si trova a ripartire nel contesto nuovo di accoglienza, alla ricerca di integrazione.

La condizione post-traumatica rischia di lasciare segni indelebili

Quanto è importante il superamento della crisi personale, e in particolare la soluzione della condizione post traumatica, che rischia di segnare in modo indelebile?

«Innanzi tutto ricordo che si tratta di un servizio completamente gratuito per chi volesse usufruirne. È molto importante ma direi anche fondamentale, perché coinvolge il soggetto considerando la personale individualità, la realizzazione di sé a partire dalla propria dimensione umana, anche solo per essere semplicemente persona: un concetto elementare e per noi scontato, come condizione di partenza, ma non per tutti è così. Per molti essere sé stessi e vivere non è per nulla semplice, o perché gli è stato impedito, o perché si è verificato un evento traumatico, o per vari motivi quando son state negate le condizioni di vita: una semplicità che “semplice” davvero non è. Il metodo e il percorso di accompagnamento possono essere anche particolarmente efficaci per aiutare coloro che hanno subito un trauma noto, una grave perdita, qualsiasi altro evento grave e scioccante, come incidenti, lesioni, ferite dell’infanzia, atti violenti. In questi casi l’approccio può essere graduale o diretto a seconda dell’interesse della persona».

In cosa consiste il vostro metodo?

«Il metodo denominato “L.S.R./T.I.R.” (Life Stress Reduction/ Traumatic Incident Reduction) è volto alla riduzione dell’incidenza dei traumi, e propone alla persona di mettersi in osservazione del proprio vissuto per ricercarne in modo attivo gli aspetti rimossi e/o non integrati, anche in ordine alla rielaborazione di difficoltà, ferite e traumi passati o presenti. È uno strumento di apprendimento integrativo che permette di acquisire, attraverso dialoghi guidati e narrazioni strutturate, una conoscenza di sé e di gestione delle proprie aree di personalità. Insieme al facilitatore vengono affrontate le questioni di maggior interesse e importanza per la persona, con una varietà di tecniche specifiche, centrate sulla persona, finché non si alleggerisce la tensione legata al problema e la persona recupera nuove energie per affrontare la vita. L’accompagnamento LSR e TIR può essere efficace anche solo su un tema o su una questione particolare e pertinente per la persona e concludersi quindi in pochi incontri».

I dati del rapporto Caritas-Fondazione Migrantes

Un’emergenza quanto mai attuale… Sappiamo anche dal recente Rapporto Caritas-Fondazione Migrantes che la pandemia ha gravato su tutti e in particolar modo sugli ultimi e sui migranti, ovvero una sorta di “pandemia sociale” si è aggiunta per gli stranieri regolari in Italia. Risultano poco visibili anche violenza e sfruttamento sulle donne migranti. Il rapporto Caritas-Migrantes denuncia l’inefficacia delle misure straordinarie, che definisce “frammentarie e complesse”, per fronteggiare l’emergenza: sono utilizzate solo dal 9-10% degli extracomunitari. Che quindi vanno rilanciate e sostenute con maggior convinzione.

Come rendere non solo più accessibile e diffuso il servizio, ma anche come farlo conoscere ai soggetti interessati?

«Stiamo lavorando appunto per estendere questa opportunità e la sensibilizzazione è essenziale, oltre a favorire l’informazione, pubblicamente e tramite le esperienze personali, è proprio il lavoro in rete, attraverso le relazioni, che si rivela utile per far emergere i bisogni, incontrare le persone, attivare le risorse, stimolare la richiesta di aiuto, l’accompagnamento che consenta il superamento del problema per sostenere la persona e favorire l’integrazione o un processo di re-integrazione, la protezione e il sostegno per ripartire, reagendo dalla condizione di difficoltà e così aprire a nuova vita».

Il Servizio di Facilitazione: le persone vengono indirizzate dalla comunità di accoglienza

Come si può accedere al Servizio di facilitazione?

«Le persone vengono indirizzate dalle comunità di accoglienza o da altri servizi e associazioni del territorio. A tali organizzazioni viene richiesta una partecipazione attiva all’accompagnamento, e le sessioni possono essere complementari ad una presa in carico psicologica e proposte in collaborazione con il terapeuta».

Una nuova povertà è la povertà che si presenta in quel contesto e in quel momento, ma soprattutto che coinvolge e tocca “quella” persona. Intendere correttamente un’emergenza non è pensare a una urgenza, a una situazione eccezionale, piuttosto a quella situazione che emerge, si presenta e ci interpella, proprio nella quotidianità. L’emergenza è ciò che richiama attenzione perché nel bisogno, e si deve porre l’attenzione per rispondere correttamente. Un servizio in rete, di persone che insieme se ne occupano, in attesa che questo sia lo “stile” normale di una comunità di persone, è una buona risposta. Verso una “ecologia” nuova della e per la umanità, ovvero caratterizzata da iniziative e percorsi per favorire e formare un’umanità nuova, umana perché rivolta a tutti e a ciascuna persona.

Paolo Autelitano