Costruire fraternità dopo la pandemia. Suor Chiara: “Iniziare dai gesti quotidiani”

Si parla spesso di fraternità, in questo periodo nelle nostre comunità sembra che questo termine sia tornato di attualità, anche il vescovo Francesco invita le comunità dove si ferma il suo pellegrinaggio pastorale ad essere prima di tutto fraterne. Quello che io noto, però, negli ultimi tempi, è una crescente intolleranza e una scarsa volontà di ascoltare e comprendere l’altro. Da dove si può partire per rendere la fraternità concreta nelle nostre comunità in un momento in cui è ancora difficile stare insieme e creare occasioni d’incontro? 
Giovanni

La tua annotazione è pertinente, caro Giovanni! La crescente intolleranza e la scarsa volontà di ascoltare e di comprendere si riscontra anche fra le mura domestiche, tra la comunità cristiana e persino tra i conventi! 

La dura prova che a livello mondiale abbiamo vissuto, dalla quale non siamo ancora usciti in maniera definitiva, ha compromesso tutti gli ambiti della nostra vita, lasciandoci ammutoliti. Confidava qualche tempo fa un parroco (non della nostra diocesi): «Mi fa impressione constatare quanto la gente sia arrabbiata!».

Il malcontento si respira in molti ambiti della vita

Non diamo torto a questa osservazione; il malcontento si respira in molti ambiti della vita: la pandemia ha messo in ginocchio il pianeta; la crisi economica ha acuito la povertà; i cambiamenti climatici stanno provocando vere e proprie catastrofi; i vaccini sono considerati da molti un pericolo anziché un rimedio, l’unico conosciuto ai nostri giorni, contro il Covid19.

Il lavoro fatica a riprendersi, così come la scuola che si trova nuovamente a fare i conti con classi in quarantena; le attività pastorali, sociali e ludiche stanno riprendendo lentamente, tenendo presenti le norme di sicurezza anticovid.

Insomma, nessuno mette in discussione la validità delle motivazioni che sono sfociate nel disagio e che hanno preso il volto dell’aggressività, della violenza, dell’intolleranza; qualcuno però ha evidenziato che tale malcontento era da lungo tempo “covato sotto la cenere” e che la situazione attuale non è stata altro che “la goccia che ha fatto travasare il vaso”. 

Coltivare relazioni di buon vicinato e gesti di gentilezza

Si comprende benissimo l’appello dei nostri pastori a recuperare ed incentivare la dimensione fraterna della nostra vita e della nostra fede, creando occasioni di incontro, di scambio, di festa.

«Si parla spesso di fraternità» – evidenzi nella tua riflessione, ma mi chiedi: «Da dove cominciare?». 

Cominciamo dal quotidiano! È infatti necessario recuperare il valore delle relazioni informali, quelle feriali ed abituali, tanto quotidiane da non riconoscerle nemmeno come momenti importanti in cui sperimentare e costruire la fraternità.

Vorrei offrire alcuni esempi: Perché per la strada non ci si saluta più o raramente? Oppure, perché il lunedì mattina non entrare in ufficio salutando per primo i propri colleghi? Cosa ci impedisce di coltivare una relazione di buon vicinato con la famiglia del medesimo pianerottolo o di invitare qualcuno a casa propria, senza particolari motivi se non quello di stare insieme per vivere una domenica pomeriggio tra una partita a carte e un buon thè? Perché non essere i primi ad offrire il perdono ad un’offesa subita decenni or sono? Qualcuno potrebbe obiettare: «Cose d’altri tempi!». Non credo! Credo piuttosto che siano cose di tutti i tempi, cioè universali. 

Le comunità possono tenere sempre le porte aperte

Senza dubbio le comunità cristiane possono fare molto! Innanzitutto tenendo sempre le porte aperte (e non mi riferisco solo alle porte delle nostre chiese, purtroppo sempre chiuse) affinché tutti, ma proprio tutti, vi possano entrare, trovare vita e accoglienza; guidati dai propri sacerdoti, i cristiani di una parrocchia possono aiutarsi reciprocamente a creare quell’humus necessario perché tutti e ciascuno possano sentirsi a casa, accolti e stimati nella propria originalità e diversità, così che assaporino il gusto di essere fratelli e sorelle. 

Ci illumini, a questo proposito, la parola dell’apostolo Pietro che nella sua prima lettera così ci ammonisce: «Siate tutti concordi, partecipi delle gioie e dei dolori degli altri, animati da affetto fraterno, misericordiosi, umili; non rendete male per male, né ingiuria per ingiuria, ma, al contrario, rispondete benedicendo; poiché a questo siete stati chiamati per avere in eredità la benedizione». E così sia!