Ri-conoscenza: abbiamo bisogno di conoscerci di nuovo. Scenari post-pandemia in oratori e scuole

È decisamente presto per tracciare un bilancio di questo periodo, che non è facilmente definibile. Ci piacerebbe definirlo “post-pandemico”, ma sappiamo che purtroppo non è così ed è necessario tenere alta la guardia per non ricadere in situazioni drammatiche come quelle che abbiamo conosciuto sul nostro territorio.

Tuttavia, ci sono dei dati che possono aiutarci a riflettere. Io vorrei semplicemente suggerire qualche pensiero, alla luce dei quello che vedo nei miei oratori e nelle scuole dove insegno, concentrandomi su un termine che, per i significati che può assumere, mi sembra pertinente per questo tempo: RI-CONOSCENZA.

Ri-conoscenza: abbiamo bisogno di conoscerci nuovamente

È tempo di ri-conoscenza perché abbiamo bisogno di conoscerci nuovamente. Il tempo di fatica vissuto e la tensione per un possibile ritorno aggressivo della pandemia ci ha segnato e ci condiziona.

Non tutti allo stesso modo, ovviamente, ma quasi due anni come quelli trascorsi non possono averci lasciati indifferenti. Se guardo i ragazzi a scuola, percepisco le fatiche di questi mesi che, grazie a Dio, sono stati vissuti interamente in presenza e senza ricorso alla didattica a distanza.

I ragazzi hanno riallacciato le relazioni con i loro compagni e, soprattutto gli adolescenti al secondo/terzo anno della scuola secondaria di secondo grado stanno, di fatto, iniziando la vera e propria conoscenza di quei compagni con i quali hanno condiviso un anno e mezzo di ore scolastiche quasi esclusivamente online.

Per costruire relazioni serve tempo: occorre condividere esperienze

Per costruire le relazioni ci vuole tempo, occorre condividere esperienze, fare un po’di fatica insieme.. incontrarsi e ..sì, anche scontrarsi, imparando ad abitare il tempo del conflitto. Anche questo fa crescere.
Non solo i ragazzi: anche noi adulti abbiamo bisogno di riassettare le nostre relazioni. Abbiamo scoperto che la ragnatela che collega i nostri rapporti è cambiata in questi mesi: alcuni fili che ritenevamo spessissimi non hanno retto all’urto della distanza e della fatica, mentre alcune relazioni, soprattutto amicali, che pensavamo sarebbero entrate in crisi, non solo hanno resistito, ma si sono rafforzate.
Anche questi sono passaggi decisivi e impegnativi, talvolta persino dolorosi: non è facile vedere un’amicizia naufragare, soprattutto se pensavamo navigasse in acque tranquille.
Nel contempo, è bello e infonde forza e coraggio scoprire che quei rapporti che sembravano soltanto galleggiare, in realtà, come un grande iceberg, avevano strati sommersi veri e profondi, ben più profondi della parte emergente a uno sguardo superficiale.

Mettere a frutto i semi di fraternità sperimentati nel tempo della crisi


Anche nella comunità cristiana abbiamo bisogno di ri-conoscerci, ossia di mettere a frutto i semi di fraternità vera che abbiamo sperimentato nel tempo dell’angoscia e della distanza forzata: se saremo capaci di far germogliare il vissuto, nasceranno comunità più attente alla persona.

Forse le comunità che usciranno da questo tempo saranno ridotte nei numeri, meno complesse da un punto di vista dell’ingegneria pastorale, che deve trovare tempo per tutto in un calendario già strapieno, ma più attente all’incontro con le fragilità di ciascuno. 

Nel contempo, è per tutti tempo di ri-conoscenza anche nel senso splendido della gratitudine. È tempo di dire grazie per chi ci ha fatto del bene. E sono tante le persone che ci hanno voluto bene. La riconoscenza è necessaria e deve avere forma pratica: la gratitudine chiede di essere corrisposta con l’assunzione dell’impegno a fare del bene. Le possibilità non mancano: ciascuno scelga in quale forma restituire quanto ricevuto. E sia restituzione grata.