La storia di Mario e il “suicidio assistito” nelle Marche. La Pontificia accademia per la vita: “Ci sono altre strade da percorrere”

“È certamente comprensibile la sofferenza determinata da una patologia così inabilitante come la tetraplegia che per di più si protrae da lungo tempo: non possiamo in nessun modo minimizzare la gravità di quanto vissuto da ‘Mario’. Rimane tuttavia la domanda se la risposta più adeguata davanti a una simile provocazione sia di incoraggiare a togliersi la vita”.

Lo afferma la Pontificia Accademia per la vita (Pav) in una nota, commentando la notizia del via libera al suicidio assistito ottenuto da “Mario” in seguito al parere del Comitato etico regionale delle Marche.

Interrogativi e contraddizioni per la comunità civile

La legittimazione “di principio” del suicidio assistito, o “addirittura dell’omicidio consenziente, non pone proprio alcun interrogativo e contraddizione – si chiede la Pav – ad una comunità civile che considera reato grave l’omissione di soccorso, anche nei casi presumibilmente più disperati, ed è pronta a battersi contro la pena di morte, anche di fronte a reati ripugnanti? Confessare dolorosamente la propria eccezionale impotenza a guarire e riconoscersi il nomale potere di sopprimere, non meritano linguaggi più degni per indicare la serietà del nostro giuramento di aver cura della nostra umanità vulnerabile, sofferente, disperata?”.
Secondo l’organismo vaticano, sono “altre le strade da percorrere per una comunità che si rende responsabile della vita di tutti i suoi membri, favorendo così la percezione in ciascuno che la propria vita è significativa e ha un valore anche per gli altri. In tale linea, la strada più convincente ci sembra quella di un accompagnamento che assuma l’insieme delle molteplici esigenze personali in queste circostanze così difficili. È la logica delle cure palliative, che anche contemplano la possibilità di sospendere tutti i trattamenti che vengano considerati sproporzionati dal paziente, nella relazione che si stabilisce con l’équipe curante”.

Riflessioni sul ruolo dei Comitati etici territoriali


Per quanto poi riguarda il ruolo dei Comitati etici territoriali, fino ad oggi chiamati a pronunciarsi su sperimentazione clinica ed etica clinica, secondo la Pontificia Accademia per la vita, l’espressione di “un giudizio vincolante di conformità della particolare situazione clinica alle quattro condizioni stabilite dalla sentenza della Corte costituzionale” costituisce un compito che “potrebbe più adeguatamente essere svolto da un comitato tecnico (medico-legale) che verifichi la sussistenza delle condizioni prescritte. Un comitato di etica potrebbe essere più correttamente essere coinvolto in una consultazione previa alla decisione del paziente”.