Verso l’alt(r)o, la meditazione della settimana: immagini dell’attesa

Dall’immagine tesa
vigilo l’istante
con imminenza di attesa –
e non aspetto nessuno:
nell’ombra accesa
spio il campanello
che impercettibile spande
un polline di suono –
e non aspetto nessuno:
fra quattro mura
stupefatte di spazio
più che un deserto
non aspetto nessuno.
Ma deve venire,
verrà, se resisto
a sbocciare non visto,
verrà d’improvviso,
quando meno l’avverto.
Verrà quasi perdono
di quanto fa morire,
verrà a farmi certo
del suo e mio tesoro,
verrà come ristoro
delle mie e sue pene,
verrà, forse già viene
il suo bisbiglio.

(Clemente Rebora, Dall’immagine tesa)

La poesia che ci accompagna oggi, benché sia stata scritta da Clemente Rebora nel 1920, ben prima della sua conversione al cattolicesimo, ci aiuta ad entrare nella logica del tempo d’Avvento.

C’è un’atmosfera domestica, uno spazio noto che in modo misterioso si ritrova ad ospitare un  incontro inatteso, impercettibile e decisivo tra il poeta e un essere imprecisato.  Nonostante il poeta affermi più volte di non aspettare nessuno, nel corso della poesia si fa strada la consapevolezza che Qualcuno sta arrivando e che con un sussurro è in grado di lasciare decisamente il segno nella sua vita. Questo incontro prezioso come un tesoro ha  il sapore del perdono e del ristoro.  

Mi lascio ispirare dalla poesia e provo a riflettere sopra questi temi. Viene da chiedersi se nella condizione del poeta che non si aspetta di incontrare  nessuno non possa oggi trovarsi l’uomo postmoderno, dotato di ogni sorta di confort e convinto di essere bastante a se stesso. Viene da chiedersi se quell’uomo che non aspetta nessuno, in quanto tale non sia  in realtà il più  bisognoso di tutti, e se il suo essere teso non sia frutto di quel tentativo mal riuscito di anestetizzare le proprie ferite e i propri desideri. E quando questo uomo bisognoso viene incontrato da quell’essere indefinito che giunge, mi immagino la gioia che ha provato nel vedere la propria precarietà svelata ma guardata in maniera misericordiosa. 

E se questo tempo di Avvento fosse anche per me occasione di lasciare cadere le false sicurezze e lasciare che le mie ferite vengano finalmente abbracciate dalla misericordia di Dio, da quella Parola capace di illuminare persino quell’oscurità con cui fino a poco fa non volevo fare i conti?