Don Chino: “una mamma mi scrive….”. Perché non si può sottovalutare il “fumo”

Da questa settimana ospitiamo fra gli sguardi anche alcuni interventi formativi sul tema delle dipendenze a cura di don Chino Pezzoli e dei volontari del Centro d’Ascolto “Promozione umana” di Fiorano Al Serio .

Cinzia ha scoperto che suo figlio di sedici anni si fa le canne. Mi scrive: «Per me mamma è stato motivo di amarezza e disorientamento. Non pensavo che il mio terzo figlio usasse marijuana. In questi ultimi mesi con suo papà lo abbiamo ripreso, fatto ragionare, ma i suoi atteggiamenti sono sempre più staccati e a volte anche sfidanti. Le chiedo: cosa dobbiamo fare?». 

Questa domanda mi viene rivolta da mamme e papà che mi chiedono una risposta a un problema difficile. La risposta che segue vuole informare i genitori che questa sostanza chiamata erroneamente “droga leggera” comporta rischi neuropsichici.
Cara mamma Cinzia, la maggior parte degli adolescenti fa uso, occasionalmente o regolarmente, di “canne” o “spinelli”, che contengono marijuana. Per comprendere il significato e le possibili conseguenze di questo uso è necessario tenere presenti alcune informazioni scientifiche che, pur essendo ormai ampiamente diffuse, sono ancora poco note.

Quattrocento sostanze chimiche che influiscono sul cervello


La marijuana è una sostanza grigio-verde costituita da foglie, gambi, semi e fiori secchi triturati di cannabis sativa, la pianta della canapa. Essa contiene circa 400 sostanze chimiche, la principale delle quali è il tetraidrocannabinolo (con principio attivo variante) che agisce sul cervello aumentando la produzione di dopamina, un neurotrasmettitore che regola l’umore, come accade in parte per tutte le altre sostanze d’abuso (alcol, cocaina, eroina).
Dopo aver assunto marijuana una persona avverte una sensazione di piacere e benessere, può percepire in modo alterato colori, suoni e lo scorrere del tempo. A questo si possono associare occhi arrossati, batticuore, aumento della fame e della sete, tremore delle mani, rallentamento dei riflessi, quest’ultimo possibile causa di incidenti stradali. Gli effetti dello spinello svaniscono dopo una, due ore, causando nel soggetto un senso di stanchezza fisica e psichica.
L’uso e abuso di marijuana può causare diversi problemi psichici.

Difficoltà di concentrazione e perdita di memoria

Anzitutto, se c’è una predisposizione biologica (e non è possibile saperlo prima), può scatenare attacchi di panico, depressione, disturbi bipolari (cioè alternanza di depressione ed euforia) o uno stato psicotico, ossia un distacco dalla realtà, diffidenza, ossessioni persecutorie. L’uso prolungato di marijuana può anche causare difficoltà di concentrazione, attenzione, perdita della memoria con conseguente crollo del rendimento scolastico, e quella che è definita una “sindrome motivazionale”, ossia perdita di interessi, scarsa progettualità e tendenza all’isolamento.

Agli effetti psichici vanno aggiunti i possibili danni fisici: l’anidride carbonica che assorbe l’apparato polmonare e che determina danni simili e peggiori a quelli derivanti dal fumo di tabacco; restringimento dei vasi sanguigni con sbalzi di pressione, bruciore e rossore alla gola e alla bocca, tosse, catarro, infezioni bronco-polmonari, asma. Il quadro clinico non è per niente incoraggiante. Contrariamente a quella che è l’opinione comune, la marijuana può creare craving, ossia desiderio di continuare ad assumerne, e dipendenza con sintomi di astinenza, come ansia, irritabilità, aggressività, irrequietezza, nausea e disturbi del sonno.

Affrontare l’argomento con serenità e senso di responsabilità


Cinzia e altri genitori chiedono come devono comportarsi con il figlio adolescente che fuma cannabis. L’argomento va affrontato dal genitore con serenità, ma allo stesso tempo con rigore e responsabilità dando per scontato che in prima battuta ci si sentirà rispondere: «È solo erba. Tutti i miei amici fumano lo spinello anche perché l’informazione televisiva e i giornali dicono che non è dannoso». Di fronte a queste affermazioni, il genitore non deve irrigidirsi, ma solo ascoltare, solo dopo intervenire con competenza e fermezza.

L’intervento, per essere efficace, va preparato e concordato dai genitori.
Nella mia lunga esperienza, questo intervento è spesso motivo di conflitto all’interno della coppia essendo uno dei genitori più rigido e intransigente, l’altro più permissivo. In genere è più tollerante quel genitore che in passato ha fatto uso di marijuana. Minimizzare il fatto o riservare all’adolescente solo consigli non serve. Rivelare poi che in gioventù anche uno di loro fumava lo spinello è rischioso…

L’atteggiamento corretto è analizzare con il figlio adolescente i cambiamenti di comportamento presenti in lui con l’uso di cannabis.
Far capire come i suoi comportamenti spesso disordinati, passivi, smemorati sono causati da una sostanza che incide fortemente sui neuroni cerebrali. Spesso l’adolescente (che ritiene normali i suoi nuovi comportamenti) reagirà smodatamente, tenterà d’interrompere il confronto.

C’è in gioco la qualità della vita presente e futura

I genitori allora si soffermeranno sugli effetti dei suoi comportamenti in famiglia, a scuola, nel tempo libero.
L’intervento però sia condotto non mettendo al centro il dispiacere dei genitori per l’accaduto, ma focalizzandosi sul figlio per fargli intendere che la sostanza che fuma ostacola la sua crescita neuropsichica, prospettandogli che una mente libera dal cannabinolo, alla sua età, cresce a livello intellettivo, volitivo, affettivo. Far comprendere all’adolescente che in gioco è la qualità della sua vita presente e futura. Di qui prospettare all’adolescente la riuscita nei rapporti umani, la realizzazione di un progetto di vita motivata. Gli adolescenti sono sensibili a tutto questo, se comunicato con insistenza, sensibilità e passione.
Leggo su un poster appeso in una scuola: «Non fumarti la testa!”. Il poster evidenziava una foglia di marijuana. Un invito a tutti gli alunni a non compromettere l’ordine neurologico. 

Scrive Laura, una ragazza di sedici anni, come risposta a questo slogan: «Alcuni miei compagni fumano spinelli in strada, a scuola, in casa e si vantano come se le cannabis fossero sostanze “ricostituenti” del cervello. Io, dopo che hanno fumato in gruppo, li osservo: parlano a vanvera, ridacchiano, si danno spintoni, insomma si fumano la testa». L’affermazione di Laura è incisiva e vale più di mille predicozzi.
Suggerisco alla mamma Cinzia e a tutti i genitori di non prendere sottogamba questa dipendenza che in tutti gli adolescenti in via di sviluppo compromette la maturazione della massa cerebrale. Se non ottenessero risultati positivi si facciano aiutare dagli esperti, prima che sia troppo tardi.