Famiglie con la porta aperta. La Comunità del pane diffusa: piccoli gesti per alimentare la cultura dell’accoglienza

Famiglie con la porta aperta: è una definizione appropriata per la “Comunità del pane” diffusa. È un piccolo gruppo nato in Alta Valle Seriana – proprio dove il vescovo sta conducendo il suo Pellegrinaggio pastorale – che abbraccia però una realtà molto ampia, toccando tante comunità della diocesi di Bergamo.

Un gruppo che coltivando piccoli semi pone le basi per una cultura del rispetto e dell’accoglienza che contribuisce a “custodire la vita” come dice il messaggio Cei per la 44ª Giornata, che si celebra il 6 febbraio. L’associazione è composta da 38 soci, è nata nel 2001, poi rinnovata nel 2018, e in occasione delle iniziative promosse si allarga a una cinquantina di persone. Nella forma attuale prosegue idealmente l’esperienza nata da Ponte Nossa con una comunità residenziale di famiglie, che ha chiuso i battenti nel 2017.

Un “laboratorio di cittadinanza” sempre aperto

“La nostra attività – spiega Manuela Plebani, fra i fondatori di questo gruppo, che in passato ha partecipato anche alla comunità residenziale di Ponte Nossa – segue dei filoni che scegliamo insieme. Ogni anno troviamo un tema per guidare le nostre esperienze, in un “laboratorio di cittadinanza” sempre aperto. Per tre anni ci siamo dedicati all’accoglienza, migrazione, ospitalità, rapporto tra diverse culture. Su questo nucleo tematico si sviluppano diverse attività formative e di riflessione. Abbiamo realizzato per esempio nel 2019 una lettura scenica dedicato al naufragio di Lampedusa”.

Un momento molto importante sono le camminate estive, che di solito si svolgono nel mese di agosto: “Camminiamo per diversi giorni – spiega Manuela – compiendo allo stesso tempo un percorso di riflessione e approfondimento”. Questi itinerari vengono concepiti come conoscenza, scoperta, incontro, da assaporare lentamente, a contatto con la natura e con realtà significative. Anche d’inverno di solito viene organizzata una seconda camminata più breve, di un paio di giorni. “Alla base – sottolinea Manuela – c’è l’idea forte di essere uomini in cammino, sia dal punto di vista fisico sia simbolico”.

Fragolenta: un orto per coltivare bellezza e solidarietà

C’è poi l’impegno in un “orto comunitario” che si chiama “Fragolenta” : “Ci lavoriamo tutti insieme – chiarisce Manuela -. Piantiamo piccoli frutti e ortaggi, ne ricaviamo piccoli prodotti come le confetture che poi doniamo in cambio di offerte a sostegno di progetti di solidarietà”.

In questo momento, per esempio, la Comunità del pane sta contribuendo a un progetto di aiuto a Moise, un ragazzino congolese con diverse patologie, arrivato in Italia per poter ottenere le cure di cui ha bisogno, e all’accoglienza di profughi afghani a Piario, insieme ad altre realtà del territorio, e in particolare con la Fondazione Zia Nati.

“La comunità non è un luogo dove realizzare grandi imprese – sottolinea Manuela -, ma è un’esperienza fraterna dove mettere in comune pensieri per spenderli poi nella propria realtà quotidiana”.

Queste famiglie “praticano” l’accoglienza in molti modi: qualcuno attraverso l’affido, altri collaborando a progetti caritativi o nell’area dell’immigrazione, altri ancora partecipando ad associazioni che affiancano persone con disabilità. “Contribuiamo a questi progetti con la vicinanza reciproca” sottolinea Manuela.

Collaborano alla “Fragolenta” a Premolo una trentina di persone: “Abbiamo scelto alcune coltivazioni che non richiedono troppa manutenzione – spiega Andrea Seghezzi, che ha messo a disposizione il terreno per questo progetto con la moglie Simona – per esempio ci sono piccoli frutti, cipolle, zucchine, che non hanno bisogno di cure continue. È nato come progetto “sociale” per coltivare uno stile di stare insieme e di lavoro comune più che per una vera e propria produzione. È uno spazio che mia moglie Simona e io abbiamo creato per l’accoglienza e la condivisione, togliendo reti, confini e cancelli, e vi si incrociano molti altri progetti. Accogliamo ragazzi disabili, ci preoccupiamo prima di tutto di offrire uno spazio per stare bene insieme. Ci è piaciuto lo stile di vita con la porta aperta che abbiamo incontrato frequentando la Comunità del pane a Ponte Nossa, siamo partiti da lì”.

Un “porto di terra” per naviganti curiosi

“Ho conosciuto questa realtà per caso nel 2011 – spiega il presidente Fabio Comini -, stavo vivendo un periodo complicato, mi sentivo in “ricerca” . Sono andato con un amico a incontrare la Comunità del Pane al rientro da uno dei loro cammini. Sono rimasto incuriosito dalla loro esperienza e ho deciso di approfondire. Mi piaceva l’atmosfera di amicizia, la semplicità della loro attività. Ci troviamo e promuoviamo piccoli progetti. Curando i legami tra di noi cerchiamo di diventare anche un aiuto per altri. Non preghiamo tutto il giorno, accogliamo anche persone non credenti, non vogliamo creare un circolo chiuso. A volte ci impegniamo in giornate di lavoro a sostegno di altre realtà come il Patronato San Vincenzo -. Ci piace che sia un modo per camminare con altri. Mi piace che sia un porto di terra dove chi approda trova un luogo dove dialogare, confrontarsi con altri, poter approfondire alcuni temi e crescere”.

Per mettersi in contatto con l’associazione si può scrivere a comunità.del.pane@libero.it.

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