La fede più incerta dopo la pandemia: avanza una spiritualità non convenzionale

Vaticano, 31 maggio 2020. Papa Francesco celebra la Messa per la Pentecoste. Fedeli in preghiera con la mascherina partecipano alla celebrazione.

La pandemia è passata con forza anche sulla pratica religiosa. Dopo la sospensione dei riti, durante la prima fase, e nell’andamento altalenante delle misure di distanziamento diventa difficile riprendere la pratica religiosa. Non si tratta soltanto della frequenza alle celebrazioni domenicali, ma della vita ordinaria: la partecipazione ai gruppi, le attività di servizio di formazione, le variegate forme di volontariato.

È passata la bufera e ancora non sembra ci si sia ripresi completamente. Qualcosa è cambiato. Durante i periodi di lontananza forzata tante attività si sono trasformate, sono state avviate tante iniziative sulle piattaforme e, in alcuni casi, non sembra che le persone siano intenzionata a tornare in presenza.

Le pratiche si trasformano, il processo viene da lontano

Le pratiche si trasformano, ma il processo viene da lontano. Le conseguenze indirette della pandemia hanno forse accelerato una tendenza che era già presente in Italia. Diverse ricerche sociali avevano avvertito di un panorama in cambiamento.

Il processo di secolarizzazione è diffuso in Italia. Il lento declino della pratica religiosa ha raggiunto il 22% tra i cittadini secondo una ricerca, appena pubblicata, che rende conto di dati raccolti nel 2017. Lo evidenzia “L’incerta fede. Un’indagine quanti-qualitativa in Italia”, curata da Roberto Cipriani.

Il sociologo della religione spiega che si sta affacciando una particolare tipologia di credenti. Da una parte la caratteristica predominante è una forma di spiritualità nuova, meno convenzionale, poco attratta dalle forme tradizionali.

Tradizione, devozione, attività di volontariato

In questa tipologia rientrerebbero persone con un profondo sentimento religioso, spesso accompagnato da forme di devozione particolari e da attività di volontariato, aperte al confronto con credenti di altre religioni e, infine, alcuni di loro si svincolerebbero Dio dalle singole religioni.

La ricerca rileva anche la caratteristica principale del comportamento etico prevalente che si baserebbe sulla legge: non fare agli altri quello che non vorresti che fosse fatto a te.

Nella fede incerta c’è spazio per la preghiera, per la meditazione sui temi ultimi come la vita e la morte, mentre si smorza in modo molto significativo la fiducia nell’istituzione comunitaria sia essa quella della chiesa cattolica o quella di un’altra confessione.

Questi risultati evidenziano una forte individualizzazione dell’esperienza di fede e molto probabilmente il distanziamento ha alimentato questa tendenza. Però rimane un’aspirazione alla trascendenza ed è su quella che bisognerebbe ripartire per iniziare a cucire relazioni che superino una visione intimistica o privata che sembra prevalere.