Papa Francesco: accelerare la fine degli anziani è disumano. Dobbiamo accompagnare, non provocare la morte

Vaticano, 3 novembre 2021: udienza generale di Papa Francesco in Aula Paolo VI - foto SIR/Marco Calvarese

“Accelerare la morte degli anziani è disumano, non è né umano né cristiano”. Lo ha detto, a braccio, il Papa, che al termine della catechesi dell’udienza di oggi, pronunciata in Aula Paolo Vi, si è soffermato fuori testo su “un problema asociale, ma reale: quello di pianificare , accelerare la morte degli anziani”.

“Tante volte si vede in un certo ceto sociale che agli anziani che non hanno dei mezzi gli si danno meno medicine di quelle che hanno bisogno”, la denuncia di Francesco: “e questo è disumano, non è aiutare, è metterli più presto verso la morte. E questo non è né umano, né cristiano”.

“Gli anziani vanno curati come un tesoro dell’umanità”, l’appello del Papa: “sono la nostra saggezza, e anche se non parlano sono il simbolo della saggezza umana. Sono coloro che hanno la fatto strada prima di noi e ci hanno lasciato tante cose belle, tanti ricordi, tanta saggezza”.

Non isolare gli anziani, non accelerare la morte degli anziani

“Non isolare gli anziani, non accelerare la morte degli anziani”, il monito di Francesco, secondo il quale “carezzare l’anziano ha la stessa speranza che carezzare un bambino, perché l’inizio della vita e la fine è un misero sempre, che va rispettato, curato, amato”.  

“Possa San Giuseppe aiutarci a vivere il mistero della morte nel miglior modo possibile”, l’auspicio finale: “Per un cristiano la buona morte è un’esperienza della misericordia di Dio, che si fa vicina a noi anche in quell’ultimo momento della nostra vita”.

“Dobbiamo accompagnare alla morte, ma non provocare la morte o aiutare qualsiasi forma di suicidio”. Ne è convinto il Papa, che nella catechesi dell’udienza di oggi, pronunciata in Aula Paolo VI e dedicata a San Giuseppe patrono della buona morte, ha ribadito che “va sempre privilegiato il diritto alla cura e alla cura per tutti, affinché i più deboli, in particolare gli anziani e i malati, non siano mai scartati”.

“La vita è un diritto, non la morte, la quale va accolta, non somministrata”, ha affermato Francesco: “E questo principio etico riguarda tutti, non solo i cristiani o i credenti”.

L’accanimento terapeutico è immorale, sì alle cure palliative

“Non possiamo evitare la morte, e proprio per questo, dopo aver fatto tutto quanto è umanamente possibile per curare la persona malata, risulta immorale l’accanimento terapeutico”.
Lo ha detto il Papa, che nella catechesi dell’udienza di oggi, dedicata a San Giuseppe patrono della buona morte, ha citato a braccio “quella frase del popolo fedele di Dio, della gente semplice: ‘lascialo morire in pace, aiutalo a morire in pace’. Quanta saggezza!”. Poi Francesco si è soffermato sulla “qualità della morte stessa, del dolore, della sofferenza”: “Dobbiamo essere grati per tutto l’aiuto che la medicina si sta sforzando di dare, affinché attraverso le cosiddette cure palliative, ogni persona che si appresta a vivere l’ultimo tratto di strada della propria vita, possa farlo nella maniera più umana possibile”. “Dobbiamo però stare attenti a non confondere questo aiuto con derive anch’esse inaccettabili che portano ad uccidere”, ha precisato il Papa.

La cultura del benessere cerca di rimuovere la realtà della morte

“La cosiddetta cultura del benessere cerca di rimuovere la realtà della morte, ma in maniera drammatica la pandemia del coronavirus l’ha rimessa in evidenza”.
Lo ha fatto notare il Papa, nella catechesi dell’udienza di oggi, dedicata a San Giuseppe, patrono della buona morte. “Terribile, la morte era dappertutto, e tanti fratelli e sorelle hanno perduto persone care senza poter stare vicino a loro, e questo ha reso la morte ancora più dura da accettare e da elaborare”, ha proseguito Francesco, che ha raccontato a braccio: “Mi diceva un’infermiera che era davanti a una donna che col Covid stava morendo, ‘io vorrei salutare i miei prima di andarmene. L’infermiera coraggiosa ha preso il telefonino e l’ha collegato: la tenerezza di quel congedo”.  
“Nonostante ciò, si cerca in tutti i modi di allontanare il pensiero della nostra finitudine, illudendosi così di togliere alla morte il suo potere e scacciare il timore”, il grido d’allarme del Papa: “Ma la fede cristiana non è un modo per esorcizzare la paura della morte, piuttosto ci aiuta ad affrontarla”. “Prima o poi tutti o poi andremo davanti a quella porta”, ha detto ancora a braccio: “La vera luce che illumina il mistero della morte viene dalla risurrezione di Cristo”. Come scrive San Paolo, “se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede”. “C’è un certezza”, il commento a braccio: “Cristo è resuscitato, è risorto, è vivo per noi e questa è la luce che ci aspetta dietro quella porta oscura della morte”.