Il papà ha l’Alzheimer, suor Chiara: “Oltre il dolore sperimentare l’amore che sa vedere l’invisibile”

mani prendersi cura

Cara suor Chiara,
Mi chiamo Angelica, e da qualche anno assisto mio padre, malato di Alzheimer. Penso che sia una malattia terribile, la peggiore di tutte. Ciò che più mi addolora è che ormai non mi riconosce più, il male gli ha portato via la memoria e gli affetti, e io stessa non riesco più a riconoscere l’uomo che era. A volte non so come fare, dove trovare la forza. Ci sarà una parte di lui che riceve comunque i miei gesti d’affetto? A volte è sgarbato e scostante e a me resta solo la sofferenza. Vi chiedo un consiglio e una preghiera.

Angelica

Cara Angelica,

entro in punta di piedi nel tuo dolore e nel dramma che stai vivendo, sapendo, proprio per averlo affrontato in prima persona, che è “solo tuo” e che, probabilmente, il tentativo di chiedere consigli è dettato più dalla fatica di attraversarlo, che dall’esigenza di sapere e di comprendere. Quel papà che ti ha generato, ti ha fatto crescere, ti ha insegnato a stare nella vita e a trovare la tua strada e la tua autonomia, ora è diventato “tuo figlio”, un bambino di cui prendersi cura e con il quale avere tanta pazienza, riorganizzando per lui e con lui, orari, abitudini, processi mentali che ti impongono di reinventarti nella tua stessa identità e nel tuo stesso stile di vita.

Una malattia che toglie la vita lasciandoti vivo

È davvero una malattia terribile, come tu hai espresso molto bene! Terribile perché ti toglie la vita lasciandoti viva: la toglie a tuo padre, mandando in frantumi tutto un bagaglio di esperienze vissute, di nozioni apprese, di relazioni intrecciate, di capacità acquisite; la toglie ai figli e al coniuge che si sentono morire e si scoprono orfani davanti a qualcuno divenuto improvvisamente estraneo, ingestibile, apparentemente sdoppiato nella sua personalità.

CHI SEI? Quante volte ti sarai ripetuta interiormente questa domanda, proprio guardando lui e guardando te stessa… Chi sei papà? Chi sei Angelica? È una domanda che ti scava dentro un abisso di “non senso”, mentre incenerisce qualsiasi maschera di pretesa superiorità e di superbia.

Ma è proprio lì che ritrovi l’Uomo, ritrovi tuo padre ed anche te stessa, lasciando cadere ogni forma di subdola pretesa, per aprirti alla scoperta lacerante, ma nello stesso tempo liberante, che lui è molto di più di quello che pensavi che fosse: è oltre le sue capacità ed i suoi pensieri, oltre il suo corpo che ora fatica a coordinare, oltre le logiche, le aspettative, le apparenze.

Sperimentare un amore che davvero sa vedere l’invisibile

È solo rimanendo accanto a lui, combattendo con la tua angoscia che ti farebbe fuggire, chiamando per nome la rabbia che ti prende quando lui “non vuol capire”, accettando di fare i conti con i sentimenti contrastanti che mai avresti immaginato di provare, perdonandoti il senso di vergogna che, quando siete in pubblico talvolta ti assale, allora puoi cominciare a dare spazio alla novità di un amore che davvero sa vedere l’invisibile, intercettando il suo stesso amore, intatto nella sua essenza, anche se non nella sua forma.

Non è un processo facile quello della rinascita, del riappropriarci della nostra verità e della possibilità di amare e di lasciarci amare in modo differente: è un cammino che ha le caratteristiche dell’esodo, dell’uscita da sé per andare verso l’altro, nelle “regioni inesplorate e a volte inospitali” del suo essere.

Così, passo dopo passo, tra slanci e cadute, retromarce e riprese, scopri che sei divenuta capace di tenerezza, di “lasciarti andare” senza calcolare tempi e convenienze, protocolli e distanze. Impari ad accogliere tuo padre nell’uomo che ti sta di fronte, un padre fragile anche nei suoi scatti di impazienza o nei suoi atteggiamenti di minaccia.

Guardare quel padre anziano con occhi nuovi

Rimani lì, carissima Angelica, nello sforzo titanico, magari, di coccolare chi un tempo avrebbe rifiutato le coccole; rimani ad osservare, stupita, la sua resa all’amore ed apriti all’intuizione inconsapevole, ma senza la pretesa di sondarne i confini, che proprio lui, disarmato, spoglio di qualsiasi difesa è divenuto pura accoglienza della gratuità dell’amore di Dio.

Contemplando con occhi nuovi quel padre che ancora non conosci, ti sarà dato di indovinarne empaticamente i gusti, i pensieri, i desideri, e potrai scorgere, talvolta, nel suo sguardo, fugaci attimi di lucida consapevolezza e di indicibile dolcezza, quasi il sussurro di un’intima voce che dice: grazie!

Sì, ti accompagniamo con la preghiera, carissima, in questo faticoso travaglio, certe che Colui che per primo ci ama e ci accoglie per ciò che realmente siamo, anche nelle nostre fragilità, ti aiuterà a riconoscere il fondamento sicuro su cui potrai sempre contare: quello del nostro essere tutti, sempre e comunque, figli del Padre, amati e benedetti.