Fine vita: la Corte Costituzionale dichiara inammissibile il referendum. “Manca la tutela minima della vita umana”

La Corte Costituzionale ha ritenuto inammissibile il quesito referendario relativo all’“Abrogazione parziale dell’articolo 579 del Codice penale (omicidio del consenziente)” perché “a seguito dell’abrogazione, ancorché parziale, della norma sull’omicidio del consenziente, cui il quesito mira, non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili”. Lo ha comunicato poco fa l’Ufficio comunicazione e stampa della Consulta aggiungendo che “la sentenza sarà depositata nei prossimi giorni”.

Scienza&Vita e l’Unione giuristi cattolici italiani si sono costituite e avevano discusso stamane davanti alla Corte Costituzionale, con l’avvocato Alessandro Benedetti, che, assieme al professor Alberto Gambino, le assiste. Nel corso della discussione – si legge in una nota – Benedetti, docente di diritto penale all’Università Europea di Roma, ha esposto i tre motivi dell’inammissibilità del referendum che intende abrogare parte della norma incriminatrice sull’omicidio del consenziente.

“In particolare – si legge in una nota –, il difensore di S&V e Ugci ha articolato il suo ragionamento, rappresentando fondati motivi in ordine ai seguenti punti: gli elementi di contraddittorietà e carenza di chiarezza riscontrabili nella formulazione del quesito referendario; il fatto che il presente referendum abrogherebbe una legge costituzionalmente necessaria che dà tutela minima a un bene protetto dalla Costituzione, ovvero la vita umana; nelle sue conseguenze, la vera natura di tale referendum non è abrogativa (modalità propria dell’istituto referendario), ma di fatto manipolativa e propositiva”.

La conseguenza sarebbe lasciare senza tutela soggetti vulnerabili

“La difesa – prosegue la nota – ha quindi concluso evidenziando come, peraltro, la triste ed inaccettabile conseguenza dell’abrogazione richiesta dal quesito referendario sarebbe quella di lasciare ‘privi di ogni forma di tutela i soggetti vulnerabili, che vivono in una condizione di difficoltà e debolezza, ma comunque capaci di esprimere un consenso valido’, aprendo così la possibilità di abusi per la vita di numerose persone e non solo dei pazienti in condizioni terminali”.

“Al contrario – ha sottolineato in conclusione Benedetti – le persone gravemente malate, unitamente ai loro cari, ‘reclamano piuttosto che il dolore/sofferenza fisica si affronti con precisi e competenti presidi farmacologici e una seria preparazione specifica, con il potenziamento della legge 38/2010 – richiamata quale precondizione di qualunque eventuale scelta esiziale proprio dalla Corte costituzionale n. 242/2019, che un’eventuale declaratoria di ammissibilità del quesito referendario ora finirebbe per demolire’”.