Pellegrinaggio pastorale in Alta Valle Seriana: “Dalle piccole parrocchie interessanti provocazioni pastorali”

Solidarietà, impegno nel volontariato, legami di vicinato, la volontà di custodire radici e tradizioni rappresentano ancora il lievito che fa crescere le comunità dell’Alta Valle Seriana. Nonostante questo si fanno sentire anche in questi luoghi profondi cambiamenti nella sensibilità, nella vita quotidiana, nel modo di vivere la fede che interpellano prima di tutto i sacerdoti. 

“Andiamo avanti in un’ottica umile di cammino e di ricerca” ha detto don Osvaldo Belotti, parroco di Boario di Gromo, aprendo il primo incontro dei preti della Fraternità 2 della Cet 2 con il vescovo monsignor Francesco Beschi in occasione del pellegrinaggio pastorale.

Al centro del confronto “la figura del prete e il suo cambiamento; la figura del laico e il suo ruolo oggi. Il nuovo rapporto preti-laici, dentro una visione conciliare e post conciliare”. La seconda parte del dialogo del vescovo con i sacerdoti della Fraternità questa mattina 16 febbraio a Gromo, si è concentrata invece sulle prospettive delle piccole parrocchie “con un parroco condiviso e gli stessi ritmi”.

Il senso della testimonianza del prete nel mondo di oggi

In una zona con ventitré parrocchie e circa 18 mila abitanti ci sono oggi dodici parroci e nove vicari. Di fronte ai mutamenti veloci in atto nella società dal punto di vista sociale, economico, tecnologico “Qual è oggi – ha continuato don Osvaldo – il senso della nostra testimonianza di preti? Siamo combattuti tra un impegno fiducioso e coraggioso verso il futuro e la tentazione di rimanere aggrappati al passato. Si è aperto un processo che richiede un approccio diverso dal punto di vista pratico ma anche mentale”. Ci si chiede come porsi di fronte a persone che vivono “tempi del lavoro sempre più totalizzanti, una forte spinta all’individualismo e al consumismo”. 

Continuano ad esserci aspetti positivi che offrono speranza per il futuro: “La vita delle parrocchie – ha sottolineato don Osvaldo – ha mantenuto realtà vive e significative, ci sono numerose persone fedeli alla preghiera e alla celebrazione eucaristica, molti si dedicano in modo sincero e generoso alla carità, c’è ancora un vivace volontariato. Ci sono poi altre dimensioni che manifestano segni di crisi e che richiedono un ripensamento. È importante la possibilità offerta dalle fraternità di costruire un dialogo autentico tra i preti: mettiamo a confronto le esperienze e proviamo ad aiutarci a vicenda”.

Una settantina di parrocchie con meno di 500 abitanti

“Mi interessano molto – ha detto monsignor Beschi – questo territorio e le provocazioni pastorali che arrivano dalle piccole comunità. Ci sono una settantina di parrocchie nella nostra diocesi che sono al di sotto dei 500 abitanti. Il Papa parla delle periferie, cosa significa per noi? Alcuni vescovi italiani nei mesi scorsi si sono riuniti e hanno proposto un ragionamento sul rilancio pastorale delle aree interne, dove i servizi l’organizzazione sociale e pastorale è carente. L’obiettivo era fare i conti con l’emarginazione, lo spopolamento e la crisi economica, per sostenere aree che tendono a impoverirsi. È importante lasciarsi interrogare da queste realtà numerose e significative” e da qui raccogliere suggestioni e progetti per il futuro.

“Ci sono molti segnali – ha chiarito don Ivan Alberti, parroco di Gromo e moderatore della fraternità – che ci spingono a cambiare la nostra azione pastorale. Nelle nostre comunità spesso si vedono anziani, bambini e ragazzi mentre si sente la mancanza di un’ampia fetta del mondo adulto. Cerchiamo di impegnarci per comprendere che tipo di percezione le persone abbiano della fede”.

Resta alta nelle comunità la richiesta dei sacramenti

Il messaggio evangelico si trasmette con più forza attraverso la testimonianza personale, come ha ricordato don Mario Belotti, cappellano del santuario di Ardesio: “Non sono le parole che cambiano il mondo ma il sacrificio e la testimonianza che incarniamo con la vita”.

Resta alta, ha notato don Eros Accorgi, parroco di Piario, la richiesta dei sacramenti: “Ci sono momenti in cui emerge con forza la sacralità della vita come la nascita, l’educazione dei figli, il matrimonio, la malattia e la morte. C’è ancora la necessità di rielaborare la verità di ciò che si vive attraverso la Chiesa. Ma c’è anche la tentazione – soprattutto tra i giovani – di fare propria solo la dimensione emozionale della fede con il rischio di far diventare le attività della chiesa come un’animazione del tempo libero mentre rappresentano molto altro, una forza che trasforma e pervade la vita”.

Formare i laici perché assumano responsabilità per la comunità

Le comunità della vallata tendono a restare un po’ isolate, come chiarisce padre Angelo Epis, missionario monfortano e ora vicario parrocchiale nella Val del Riso: “Le parrocchie faticano ad aprirsi a un mondo più ampio, ad accogliere le diversità, anche per questo è importante mettersi in gioco in percorsi nuovi. Si sente anche la necessità di formare laici impegnati perché si assumano nuove responsabilità e ministeri a servizio della comunità. Forse questo tempo ci chiede quel colpo d’ala che hanno vissuto i nostri santi”. 

È importante mettere al centro l’ascolto della gente: “Se prendiamo sul serio il Concilio – ha aggiunto don Federico Chiappini parroco di Gorno – la preoccupazione per tanti aspetti formali viene meno”. “La fede si trasmette nello stile di tutto ciò che facciamo, anche stare vicini alle persone in modo semplice, informale, con il piacere di condividere un pezzo di vita” ha detto don Riccardo Bigoni, parroco di Villa d’Ogna.

Far emergere una nuova creatività missionaria

Quando le strutture mancano, come ha chiarito don Michele Rota, amministratore parrocchiale di Fiumenero, Bondione e Lizzola, “bisogna andare a trovare le persone dove abitano, e dare importanza a ogni incontro”. Anche don Federico Brozzoni, che dopo 52 anni di Messa risiede ad Ardesio, pienamente inserito nella comunità, ha messo l’accento sulla necessità “di mettersi continuamente in cammino, cogliendo anche gli aspetti positivi del nostro tempo”. Don Marco Caldara, parroco di Valgoglio, ha ribadito la necessità “di fare bene il prete, la mia vocazione è nata così, servendo la Messa accanto a un sacerdote che ammiravo molto”.

Ci sono luoghi e momenti in cui è inevitabile percepire un senso di solitudine, come ha chiarito don Ruben Capovilla, parroco di Gandellino: “Forse potremmo sperimentare nuove forme di presenza, spostandoci anche casa per casa, facendo emergere una nuova creatività missionaria, servire la chiesa nel miglior modo possibile ma sforzarsi anche di essere la persona migliore possibile”.