Il disastro del piroscafo Oria nel 1944. Sulle tracce dei bergamaschi dispersi in mare

Sono passati 78 anni dal più grave disastro marittimo avvenuto nel Mediterraneo. Il 12 febbraio del 1944, presso Capo Sounio, lungo la costa greca, è affondato il piroscafo Oria.

Su quella imbarcazione erano stipati migliaia di militari italiani, che dopo l’armistizio (8 settembre 1943) avevano rifiutato di unirsi alla Rsi (Repubblica sociale italiana), opponendosi al nazifascismo. I tedeschi li stavano perciò trasportando, via mare, da Rodi ad Atene.

La nave è salpata l’11 febbraio e affondata, il giorno successivo, a causa delle avverse condizioni meteorologiche: nella tragedia hanno perso la vita più di quattromila militari italiani (oltre a parte dell’equipaggio norvegese, alcuni marinai greci e dei soldati tedeschi di scorta).

Il disastro ha coinvolto anche decine di bergamaschi

Il disastro ha coinvolto anche decine di bergamaschi. Maurizio Monzio Compagnoni, referente dell’Anrp (l’Associazione nazionale reduci dalla prigionia, dall’internamento, dalla guerra di liberazione e i loro familiari) per i comuni dell’ex distretto militare di Bergamo e sensibile al tema degli Imi (internati militari italiani, dai nazisti, dopo l’armistizio), ha recuperato, durante le sue ricerche in vari archivi, diversi documenti in merito.

Dalla comunicazione del Ministero che certifica «la scomparsa in mare, a seguito dell’affondamento», dell’albinese Andrea Calegari (classe 1922) alle lettere da Rodi di Magni Santo (’22 di Fiorano al Serio) e Dino Bertoletti (’22 di Spinone al Lago), scritte il 29 gennaio e 5 febbraio del ‘44, pochi giorni prima di essere coinvolti nel naufragio: entrambi avevano scritto dal campo greco alle rispettive famiglie, rassicurandole circa le loro condizioni di salute.

Sulle tracce dei militari dispersi in mare

Monzio Compagnoni ha ritrovato anche il verbale di irreperibilità dello zognese (classe ’22) Giovanni Milesi «in occasione del siluramento della nave che lo trasferiva, quale prigioniero di guerra, da Rodi al continente». E le fonti matricolari di Bernardino Secomandi (’22 di Pontida), Antonio Nodari (’20 di Gandino), Pietro Seguini (’16 di Aviatico) e Giovanni Lazzari (’23 di Castelli Calepio), anche loro scomparsi in mare.

«È fondamentale ricordare questa tragedia, nella quale migliaia di militari italiani morirono in modo atroce, stipati all’inverosimile sul piroscafo, senza alcuna possibilità di salvarsi – ha spiegato Monzio Compagnoni -. Gli Imi hanno fatto una scelta di campo, opponendosi al nazifascismo: mi occupo di far conoscere il più possibile le loro storie, troppo spesso abbandonate e dimenticate, ma determinanti per la futura Liberazione dell’Italia».