Fine vita, cosa c’è in gioco? Suor Chiara: attenzione alla dignità del malato, a non abbandonarlo alla solitudine

fine vita pietà

Buongiorno suor Chiara,sono rimasta colpita in questi giorni dalle discussioni (anche accese) sulla legge che riguarda il fine vita. Mi è capitato di accompagnare i miei nonni in una lunga malattia prima che morissero, e mai ho pensato di accorciare la loro vita, solo che si sentissero amati e mai soli, e che venisse sempre alleviato il loro dolore. Ma perché mai lo stato dovrebbe autorizzare a togliersi la vita? E se poi questo venisse fatto in modo forzato nei confronti di persone disabili o che non sono davvero in grado di decidere per sé stesse? Eppure c’è chi la rivendica come una forma di libertà. Davvero è libertà comportarsi secondo il proprio arbitrio riguardo a questioni così grandi come la vita e la morte? Capisco che è un argomento molto difficile, voi che cosa ne pensate? Mi potete aiutare a capire meglio offrendomi il vostro punto di vista?
Fulvia

Cara Fulvia,

le attuali discussioni sul “fine vita”, particolarmente accese ai nostri giorni, rivelano la graduale perdita di alcune coordinate importanti dell’esistenza e confermano quanto la cultura dello “scarto” stia veramente prendendo il sopravvento nel nostro stile di vita. 

Il tema è assai delicato e difficile! 

Di fronte a questioni grandi come la vita e la morte si è tentati di comportarci secondo il libero arbitrio, dimenticandoci che Dio ha donato a tutti e a ciascuno una legge interiore alla quale si è chiamati ad obbedire, pena la perdita della propria dignità, quella dei nostri fratelli e della collettività. Nessuno può, quindi, arrogarsi il diritto di decidere di far vivere o di far morire soprattutto se le persone sono deboli, disabili o addirittura morenti, incapaci di scegliere per sé stessi.

Ognuno è creato per la vita, anche quando è fragile

Ogni essere vivente, proprio perché “vivente”, è creato per la vita e, anche quando questa è gravemente compromessa a causa di gravi e irreversibili patologie, il malato ha tutto il diritto di essere sostenuto con la vicinanza cordiale e terapie adeguate. 

Anticipare la morte, sebbene questa sia più o meno vicina, vorrebbe dire, non solo non tenere conto della dignità del paziente, ma anche rimuovere una dimensione della vita che tutti prima o poi saremo chiamati ad attraversare, quella della sofferenza e del declino fisico o mentale.

Sappiamo bene che la malattia incute timore a tutti; quando la medicina non da nessuna speranza si soffre molto! Moltissimo! Tuttavia, proprio grazie all’aiuto e alla vicinanza dei propri cari e di persone qualificate, è possibile attraversarla con fede e abbandono nelle mani di Dio Padre. 

Custodire con le cure palliative gli ultimi momenti della vita

Grazie alle cure palliative, il malato e i suoi familiari possono vivere in modo dignitoso la fase terminale della vita, custoditi tra mani calde e premurose. È significativo, a questo proposito ricordare che il termine “palliative” derivi da “pallio”, una sorta di mantello che avvolge, custodisce e riscalda.

Comprendo, avendolo sperimentato in prima persona, quanto sia emotivamente ed affettivamente penoso stare a fianco dei propri familiari giunti all’ultimo stadio della vita: l’impotenza prende il sopravvento e il dolore lacera il cuore. Nell’animo si agitano sentimenti tra i più contrastanti: dalla paura della morte, della sofferenza, al rifiuto di quanto si sta vivendo, dalla compassione al desiderio che tutto passi in fretta. 

I malati chiedono di essere sostenuti e di non restare soli

Mi chiedo, allora, se la questione “fine vita” sia più problematica per i sani che per i malati; gli esperti, infatti, riferiscono che quest’ultimi chiedono soprattutto di essere sostenuti e accompagnati in questa fase importantissima e difficilissima della propria esistenza, di non essere abbandonati alla solitudine.

La posta in gioco, allora, cara Fulvia, non è, come taluni affermano, “questione di libertà”, ma di dignità: “Quanta dignità siamo disposti a riconoscere agli infermi?”. Proviamo a rispondere a questo interrogativo con sincerità e onestà.

Dalla nostra risposta dipenderanno le nostre scelte.