Messa per la pace con il vescovo Francesco Beschi a Sotto il Monte Giovanni XXIII

Nella sua giovinezza Angelo Giuseppe Roncalli, prima di diventare Papa Giovanni XXIII è stato cappellano militare durante la prima guerra mondiale. Accanto ai soldati, nel pieno dei combattimenti ha avuto modo di toccare con mano l’orrore della guerra. È quindi naturale che il luogo scelto dal vescovo monsignor Francesco Beschi per celebrare domenica 27 febbraio alle 10 una Messa per la pace sia proprio il Santuario a lui dedicato a Sotto il Monte.

San Giovanni XXIII ha scritto l’enciclica Pacem in terris nel 1963. Vi si trovano passaggi di straordinaria attualità, e in questi giorni drammatici vale sicuramente la pena di rileggerla: “Gli esseri umani – dice – vivono sotto l’incubo di un uragano che potrebbe scatenarsi ad ogni istante con una travolgenza inimmaginabile. Giacché le armi ci sono; e se è difficile persuadersi che vi siano persone capaci di assumersi la responsabilità delle distruzioni e dei dolori che una guerra causerebbe, non è escluso che un fatto imprevedibile ed incontrollabile possa far scoccare la scintilla che metta in moto l’apparato bellico”. 

Alle 12 il vescovo Francesco porterà un saluto fraterno alla comunità Ucraina cattolica di rito orientale in via Tasso 100 nella chiesa di Santo Spirito, che da tempo è diventata punto di riferimento e la accoglie per le celebrazioni festive.

Preghiera ecumenica per la pace il 2 marzo

Il 2 marzo alle 18 nella Basilica di Sant’Alessandro in Colonna è in programma una preghiera ecumenica che seguirà l’intenzione di Papa Francesco: “Vorrei appellarmi a tutti, credenti e non credenti. Invito a fare il prossimo 2 marzo, mercoledì delle ceneri, una Giornata di digiuno per la pace. Incoraggio in modo speciale i credenti perché in quel giorno si dedichino intensamente alla preghiera e al digiuno. La Regina della pace preservi il mondo dalla follia della guerra”.

Nella “Pacem in Terris” Giovanni XXIII cita anche il suo predecessore Pio XII, nella decisa condanna di ogni forma di violenza, che torna attuale anche oggi, con grande forza: “Non nella rivoluzione ma in una evoluzione concordata sta la salvezza e la giustizia. La violenza non ha mai fatto altro che abbattere, non innalzare; accendere le passioni, non calmarle; accumulare odio e rovine, non affratellare i contendenti; e ha precipitato gli uomini e i partiti nella dura necessità di ricostruire lentamente, dopo prove dolorose, sopra i ruderi della discordia”.