Sotto il Monte: un appello per la pace, nel nome di San Giovanni XXIII. “Giustizia e libertà per ogni uomo”

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Fuori dal santuario di Sotto il Monte dedicato a San Giovanni XXIII il cielo è azzurro e i ciliegi sono in fiore. All’interno ci sono il vescovo di Bergamo, monsignor Francesco Beschi, i bambini e i ragazzi della comunità di Sotto il Monte, tante famiglie, centinaia di fedeli arrivati da tutta la diocesi. Sono tutti in ginocchio, in silenzio, mentre suonano le campane, a invocare la pace.

Alla fine della Messa sfilano lentamente, in processione, fino al Giardino della pace. E lì la statua di Giovanni XXIII sembra stendere su tutti la sua protezione. 

“Sono venuto qui – ha detto il vescovo – perché a Sotto il Monte è nato il Papa della pace, l’uomo che con la sua preghiera ha interceduto perché non scoppiasse la terza guerra mondiale. Sono venuto a chiedere di nuovo l’intercessione di San Giovanni. Qui risuona ancora più forte la nostra preghiera perché lo spirito di Dio arrivi nel cuore dell’uomo e in particolare a quelli che governano il mondo perché fermino la guerra”.

Alla logica dell’odio e della vendetta, ha detto il vescovo, opponiamo quella dell’amore: “C’è una parola che risuona in questi giorni ed è vittoria. Quando scoppia una guerra ci si chiede sempre chi vince, ma per noi è Gesù che ha vinto la morte. Noi siamo riuniti per riconoscere la sua presenza in mezzo a noi e questo ci dà una forza che nessun altro può offrire”.

“Vediamo tanti morire – ha proseguito il vescovo – ma questo non è l’ultimo atto della loro vita, perché Gesù li riscatta dalla morte e possono vivere per sempre con lui. Il pungiglione della morte è il peccato, e Gesù vince proprio perché libera il mondo, gli uomini e il nostro cuore dal peccato, e così permette all’amore, il fiore più bello, di germogliare nella nostra vita. L’amore è più forte di ogni potere, più forte del peccato e più forte della morte”.

Il vescovo ha sottolineato alcuni passaggi del vangelo di Luca di oggi.

“Non c’è albero buono che faccia frutti cattivi, né albero cattivo che faccia frutti buoni. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dalle spine, né si vendemmia uva da un rovo”.

L’albero buono, ha sottolineato il vescovo, è Papa Giovanni. “Tutti gli uomini, anche quelli che non credono in Dio, hanno riconosciuto in lui un padre. Ora siamo qui per chiedere il suo aiuto perché interceda presso Dio, e perché con la sua bontà possa entrare nel cuore degli uomini, e in particolare in quelli convinti che la guerra sia risolutiva delle vicende umane. Noi crediamo che non ci sia pace senza verità, giustizia, libertà e amore. Vogliamo raccogliere da Papa Giovanni i frutti della pace e diventare noi stessi alberi buoni, a partire dai bambini. Crescendo portate frutti buoni, frutti di pace”.

Il vescovo ha ripetuto più volte nella celebrazione un appello forte e chiaro a fermare la guerra: “Chiediamo che la santità di Papa Giovanni rappresenti ancora un appello forte alla coscienza di tutti gli uomini e in particolare di coloro che ci governano perché possano creare le condizioni perché si realizzino la giustizia e la pace, per ciascuno e per ogni uomo”. Dopo questa intensa preghiera, il vescovo è tornato a Bergamo per portare sostegno e vicinanza alla comunità Ucraina di Bergamo, che si ritrova ogni domenica nella chiesa di Santo Spirito in via Tasso, e che sta vivendo giornate di dolore e di grande apprensione.

Foto copyright di Giovanni Diffidenti