Verso l’8 marzo, le donne costruttrici di pace. Lucetta Scaraffia: la strada per la parità è ancora lunga, anche nella Chiesa

Commovente e veritiera la definizione di Papa Francesco nei confronti di chi dà la vita. Le donne sono amabili, garbate, fini e delicate, certamente non deboli. Quindi “capaci di guardare con il cuore e di tenere insieme i sogni e la concretezza”. Siamo alle soglie della Giornata internazionale della Donna, che si festeggia ogni anno l’otto marzo, un’occasione per riflettere sul passato, sul presente e sul futuro della condizione femminile in Italia e nel mondo, sul ruolo delle donne nella Chiesa. 

Ne parliamo con Lucetta Scaraffia, giornalista e scrittrice, a lungo docente di Storia contemporanea all’Università La Sapienza di Roma, che ha curato “Donne Chiesa Mondo”, l’inserto mensile de “L’Osservatore Romano”, il quotidiano della Santa Sede dal 2012 al 2019 e collabora con diverse testate italiane e internazionali tra cui “Le Monde” e “El País” oltre a essere autrice di numerosi libri.

Dottoressa Scaraffia, durante la pandemia quasi una donna lavoratrice italiana su due ha incontrato difficoltà a bilanciare vita lavorativa con quella privata, in un Paese ancora senza parità. Che cosa ne pensa?

«Quello che è più grave è la differenza di salario a parità di mansioni e responsabilità, un obiettivo per cui le donne hanno lottato fin dall’inizio del 900, ma sul quale i sindacati sono rimasti sordi. Nella vita privata, pesa soprattutto il ritardo culturale dei maschi italiani, ma i giovani da questo punto di vista sono molto diversi dai loro padri, molto più disponibili a dividere carichi domestici».

A pochi giorni dall’otto marzo del 2018, Un’inchiesta di “Donne Chiesa Mondo”, fece scalpore sollevando con grande coraggio il tema delle differenti opportunità delle religiose nella Chiesa, facendo emergere tutte quelle suore impiegate nel servizio a sacerdoti e cardinali, spesso in condizioni subalterne. A distanza di quattro anni da allora qualcosa è cambiato?

«La mia impressione è che sia cambiato poco o niente, almeno dal punto di vista delle gerarchie ecclesiastiche. Stanno cambiando molto invece le religiose, che stanno diventando finalmente consapevoli dei loro diritti e dello sfruttamento che si perpetra nei loro confronti, anche in paesi dove la condizione della donna è ancora subalterna, come l’India. È di questi giorni, infatti, un documento emanato dalle religiose indiane, che denuncia lo sfruttamento lavorativo e sessuale nei loro confronti, e chiede un cambiamento. E posso dire, con grande soddisfazione, che il documento ricorda proprio quanto scritto nel 2018 dal nostro giornale».                                                                                                          

Ormai da tanti anni teologhe di tutto il mondo cristiano dialogano tra loro, con l’obiettivo di affermare la piena dignità della donna. Donne e Chiesa, a che punto siamo?

«L’apporto più importante che ha dato questo lavoro comune è una rilettura dei testi sacri che tiene conto della presenza femminile e dello sguardo diverso che le donne pongono ai testi. Questo lavoro non ha costituito soltanto un apporto insostituibile al cambiamento del ruolo delle donne nella vita della comunità cattolica, ma ha anche rivitalizzato la lettura dei testi, arricchendone la comprensione complessiva. Proprio per coglierne i frutti questo importante lavoro dovrebbe far parte della tradizione esegetica condivisa anche dai sacerdoti, e dovrebbe aprire la strada alla possibilità alle donne di commentare i testi durante le liturgie».

Si è spesso occupata di storia delle donne e di storia religiosa con particolare attenzione alla religiosità femminile. La questione femminile è il vero cuore del confronto tra Chiesa e mondo? 

«Penso che la questione femminile sia stata al cuore di questo confronto all’origine del cristianesimo – che deve in gran parte la sua diffusione allo straordinario favore che ha incontrato nelle donne – e che oggi, davanti alla profonda crisi religiosa che stiamo vivendo, sia tornato a essere decisivo. Il cristianesimo, e in particolare i testi evangelici, hanno buttato il seme dell’eguaglianza fra donne e uomini, e oggi la società occidentale, se pure secolarizzata, ha raccolto questo progetto. La Chiesa invece è rimasta l’ultima frontiera di un mondo patriarcale, che nega dignità e ascolto alle donne. Non basta mettere qualche donna in posizione apicale – del resto circondata da presenze maschili che ne annullano l’efficacia – bisogna che tutte le donne ricevano ascolto, siano riconosciute nella vita della Chiesa. In particolare, bisogna che venga posto fine agli abusi sessuali sulle religiose, che continuano a dilagare in tutto il mondo – anche in Europa – e sui quali la Chiesa persevera nell’antica politica di tacere e nascondere, mettendosi sempre dalla parte del colpevole. Finché una parte non piccola delle religiose viene sfruttata e abusata, le donne non avranno mai il riconoscimento che meritano nella Chiesa».

Papa Francesco, in occasione della Giornata mondiale della pace, ha esortato a promuovere le madri e a proteggere le donne, perché è spesso contro di loro che si scaglia la turpe “violenza che insanguina le nostre case, le nostre famiglie e la nostra società”. L’emergenza sanitaria ha messo in luce la necessità di avviare una rigenerazione del nostro modello di sviluppo  per dare vita a un modello più giusto, più solidale e sostenibile nei confronti delle donne?

«Sono parole che sentiamo sempre e ovviamente condividiamo, ma sappiamo bene che rimangono quasi sempre solo parole. Solo le donne, con le loro battaglie, hanno potuto ottenere qualcosa – anche risultati importanti – e sanno di avere ancora molto cammino da percorrere».

Se è vero che le donne fin dall’infanzia trasferiscono nei loro figli la conoscenza della cultura di una comunità, l’appartenenza a un territorio e quel senso profondo di speranza nel guardare al futuro, il futuro delle donne è il futuro del mondo? 

«Certo, l’educazione che le madri trasmettono è la più importante, e per quanto riguarda i rapporti umani e in particolare quelli fra donne e uomini è decisiva, ma non dobbiamo dimenticare che spesso le donne trasmettono un sistema culturale patriarcale. Appartengo a una generazione che si è ribellata al sistema patriarcale trasmesso dalle madri, ma si tratta di una ribellione che ha toccato quasi solo le donne».