Dorga, nuova tappa del pellegrinaggio pastorale del vescovo. “Abbiamo bisogno di una fraternità accogliente”

Con un momento di preghiera nella chiesa parrocchiale di Dorga, venerdì 4 marzo alle 20.30 si è aperta una nuova tappa del pellegrinaggio pastorale del Vescovo Francesco. Alla presenza di tutti i sacerdoti delle comunità locali, mons. Beschi ha iniziato il suo cammino nelle parrocchie dell’Alta Val Seriana e Val di Scalve.

Don Stefano Pellegrini, parroco di Castione, Bratto e Dorga, oltre che moderatore della fraternità dei preti, ha dato il benvenuto al Vescovo, “che ha scelto di farsi pellegrino – ha detto -, di disporsi cioè ad un’esperienza di incontro con il Signore, di mettersi in cammino verso una meta dove l’esperienza di fede è più intensa. Sta a noi offrire a lui, nostra guida e nostro maestro, una testimonianza di fede perché a vicenda possiamo arricchirci”.

Il Vescovo nella sua omelia ha commentato la lettera di san Paolo alla comunità dei cristiani di Colosse, “che lui non ha mai conosciuto personalmente”.  “Questo valorizza ancora di più le espressioni che abbiamo ascoltato e che io faccio mie, per i cristiani dell’alta Val Seriana e della Val di Scalve”, ha detto mons. Beschi.

“San Paolo apre la sua lettera con un intenso ringraziamento a Dio: lo sguardo dell’apostolo illuminato dalle notizie ricevute sulla fede di questa comunità permette di riconoscere la presenza, la grazia di Dio in mezzo a quei fedeli. Questo è anche il mio sguardo, nutrito da notizie buone sulle vostre comunità: in mezzo alle difficoltà vi è la grazia del Signore che si intesse con le vostre esistenze. Io desidero restituirvi questo sguardo che riconosce l’azione di Dio e del suo Spirito in mezzo a voi. Non è un complimento ma l’esito di una lunga storia che vi ha preceduti: la storia della fede di queste parrocchie. Oggi siamo abituati e attirati dai grandi eventi, ma la parrocchia, come la famiglia, è una storia, non un evento: non è cominciata ieri e non finirà domani. È una storia di fede incarnata, una storia che continuamente rinasce dall’annuncio e dall’ascolto della Parola del Vangelo”.

Il Vescovo si è soffermato poi sulla figura del collaboratore Epafra, paragonandolo ai sacerdoti e ringraziando questi ultimi per come alimentino la fede delle parrocchie.

Ha poi preso in esame uno dopo l’altro i sentimenti che san Paolo prescrive come rivestimenti per la comunità cristiana.

“Sono venuto come pellegrino per sostenere il vostro cammino ed esortarvi a rappresentare in maniera sempre più trasparente questi tratti della parrocchia: la fraternità, l’ospitalità, la prossimità. Abbiamo bisogno di una fraternità accogliente, che non aspetta soltanto ma si avvicina a chi è lontano, affaticato, infermo. Perché una comunità possa rappresentare questi lineamenti credo siano importanti i sentimenti elencati da san Paolo.

Innanzitutto la tenerezza. Come si fa a parlare di tenerezza in mezzo a queste montagne? La montagna non è tenera e nemmeno coloro che la abitano. Ma si può parlare di tenerezza anche in montagna. Non è un sentimento accomodante, sdolcinato, qualcosa che si guarda con un sorriso di sufficienza. La tenerezza non sembra molto di moda, a differenza della durezza del cuore, che non è secondo il Vangelo. Quando Paolo parla di tenerezza parla del sentimento che si pone come antagonista della durezza di cuore. La tenerezza è la comprensione, che non è giustificazione di tutto, bensì un abbraccio che prende tutta la persona, il buono e anche il cattivo di noi. Noi vogliamo fare delle comunità fraterne nella misura in cui viviamo questo sentimento.

Poi la bontà. In questi anni tendiamo ad andare piano con la bontà: vogliamo evitare di sembrare stupidi o ingenui perché siamo buoni, non vogliamo scadere nel buonismo. Gesù invece parla di bontà dicendo che soltanto Dio è buono: ogni nostro piccolissimo gesto di bontà è un gesto divino, perché soltanto Dio è buono.

Il terzo sentimento è l’umiltà: ce la insegna Gesù, mettendosi al servizio. Tutti quanti, istintivamente, siamo alla ricerca di un pezzo di terra su cui esercitare il nostro potere. Anche il nostro modo di servire a volte mira ad occupare un’area di potere. Il servizio umile è quello che non si esibisce, cerca le forme più dimesse e non riconosciute, ma è soprattutto spirito di servizio.

C’è poi la mansuetudine: è la mitezza, la forza della verità offerta, non per uccidere, per giudicare, ma con amore. Il mite non è un rassegnato, un imbelle, anzi: è molto forte. Ha la verità, ma non la usa come una sciabola che taglia le teste degli avversari. La forza della verità non è la verità della forza: è il contrario di quello che stiamo vedendo in questi giorni.

Infine la magnanimità, che è la grandezza di cuore. Il cristiano è un generoso, non misura, non ha paura di perderci. Grandezza di cuore vuol dire anche tanta pazienza, accompagnare senza stancarci mai”.

La preghiera è poi proseguita con la meditazione di alcune espressione del brano della Parola e con la preghiera del Padre nostro. In chiusura il Vescovo ha rivolto un pensiero anche ai popoli dell’Ucraina e della Russia, invitando i presenti a pregare per la pace.

Nei prossimi giorni mons. Beschi visiterà ogni singola parrocchia dell’Alta Val Seriana e della Val di Scalve: “Sono venuto a benedirvi, a ringraziare Dio per la vostra fede, ad esortarvi ad essere parrocchie fraterne, ospitali, prossime”.