I profughi dall’Ucraina trovano casa al Seminario Giovanni XXIII di Bergamo: “Qui ci sentiamo finalmente al sicuro”

C’è la parola pace “Mir” come buon augurio nel nome di Miroslav, un bambino biondo di tre anni che in questi giorni ha trovato casa nelle stanze del Seminario Giovanni XXIII di Bergamo. Nei corridoi ci sono i panni stesi, e una giovane donna fa capolino fuori da una stanza con un asciugamano avvolto in testa e un phon in mano: scene di normale quotidianità di una casa, finalmente, per i profughi fuggiti dalla guerra in Ucraina. 

“Qui ci sentiamo al sicuro” dicono, e si affaccia qualche sorriso timido, che lascia però presto spazio alla preoccupazione per i familiari che sono ancora lì, sotto i bombardamenti, e per il destino del Paese che hanno lasciato.

Al Seminario vescovile stanze per la prima accoglienza

Il Seminario di Bergamo ha messo a disposizione alcune stanze per la prima accoglienza. Gli ucraini, quasi tutti donne e bambini, arrivano stremati dopo un viaggio lunghissimo, spesso hanno con loro soltanto i vestiti che indossano. Nell’atrio del Seminario è stato creato un piccolo deposito di materiale essenziale a cui possono attingere: vestiti, scarpe, biancheria, giocattoli. 

Siamo andati a trovare i profughi accompagnati da don Vasyl Marchuk, prete ucraino che svolge la sua attività pastorale a Bergamo. Gli è affidata la cura della comunità ucraina locale, che conta oltre mille e cinquecento persone. “Questo conflitto – racconta – ha unito ancora di più la popolazione”. Lo si vede anche nella partecipazione alla Messa domenicale nella chiesa di Santo Spirito, in via Tasso. La celebrazione segue il rito bizantino e dura quasi due ore: “C’è sempre una forte partecipazione – osserva don Vasyl – ma nelle ultime due settimane è diventata ancora più intensa la preghiera per la pace”.

Andrej, prete ortodosso, fuggito con nove bambini

Nelle stanze che il Seminario ha dedicato all’accoglienza incontriamo Andrej, prete ortodosso, che ha portato con sé la moglie e nove bambini: “Tre sono i miei figli, gli altri sono orfani che abbiamo accolto nella nostra casa famiglia”. Il più piccolo ha otto mesi, il più grande 16 anni. Arrivano da Poltava, sulla riva destra del fiume Vorskla. Stanno aspettando di riunirsi ai loro familiari, ancora in viaggio.

“Siamo ancora in contatto con l’Ucraina, sappiamo che nella nostra città negli ultimi giorni i bombardamenti hanno distrutto ogni cosa: case, strade, fabbriche. Gli aiuti faticano ad arrivare, perché i russi sparano anche sui convogli degli aiuti umanitari”.
“Siamo fuggiti subito, non abbiamo perso tempo – sottolinea Andrej -. Quando hanno iniziato a suonare le sirene e a piovere missili abbiamo pensato alla sicurezza dei nostri bambini e siamo partiti. Loro non hanno avuto neanche il tempo di avere paura. Hanno affrontato bene il viaggio, anche se all’arrivo erano molto stanchi e provati dalla fatica”. Li ha sostenuti la fede: “Non hanno portato bagagli – sottolinea don Vasyl – ma avevano con loro la Bibbia”.

“Ora – conclude Andrej – stiamo cercando di capire come possiamo essere utili all’Ucraina anche da qui”.

I profughi ucraini nei corridoi del Seminario vescovile Giovanni XXIII

Le lacrime di Anastasia: “Abbiamo lasciato tutta la nostra vita”

Anastasia dimostra meno dei suoi 24 anni. Miroslav, “glorioso nella pace” è suo figlio, un bambino allegro e vivace, che sta già imparando le prime parole di italiano. Lei, però, ripensando a casa sua, a ciò che ha passato, al marito ancora in patria a combattere, non riesce a trattenere le lacrime: “Abbiamo lasciato tutta la nostra vita lì”. 

C’è chi si è riunito ai parenti che vivono qui, chi dopo aver affrontato il viaggio ora cerca una sistemazione con l’aiuto di amici e conoscenti, pronto a ripartire per altre città d’Italia. Ad assistere i profughi c’è anche l’associazione Zlaghoda, composta da ucraini residenti a Bergamo: “Vivo qui da vent’anni – spiega Elena, una dei volontari – in questi giorni sto dando una mano come interprete nell’assistenza ai rifugiati. La nostra associazione si è mobilitata in ogni modo possibile per aiutare i nostri connazionali, siamo grati della solidarietà e del sostegno che stiamo ricevendo”. 

A coordinare l’accoglienza dei profughi è la Caritas Bergamasca. Per aiutare ecco i riferimenti della sottoscrizione, clicca qui.