Guerra e nuovi scenari. L’incertezza spinge l’Europa a una svolta. Per essere davvero, non solo a parole, “operatori di pace”

Foto Chiesa greco-cattolica Ucraina - Sir

“L’incertezza è la condizione perfetta per incitare l’uomo a scoprire le proprie possibilità”.

Erich Fromm 

Due anni fa, quando è iniziata la pandemia, ci siamo ritrovati in una condizione inedita: abbiamo scoperto in modo brusco quanto la globalizzazione ci abbia strettamente connessi, al punto che un virus individuato in Cina è arrivato in brevissimo tempo a causare migliaia di morti a Bergamo. Abbiamo sperimentato poi una precarietà senza precedenti. Abbiamo attraversato un periodo buio, sentendoci costantemente sull’orlo dell’abisso. Le nostre certezze sono andate in frantumi.

Ci eravamo abituati a una situazione di relativa sicurezza e benessere che consideravamo “normale”, immutabile, accomodandoci in essa come nel nostro divano preferito. Consideravamo perfino fastidiose le manifestazione degli ambientalisti e dei giovani del movimento “Fridays for Future” proiettati sui cambiamenti climatici e sul futuro del pianeta.

La diffusione del covid ha cambiato completamente lo scenario: un’ondata dopo l’altra ci ha spinto a guardare il mondo con occhi diversi. 

L’uomo, però, è per sua natura resistente ai cambiamenti: e come quei birilli di gomma con cui giocano i bambini, ogni volta che la stretta dei numeri si allentava, noi spontaneamente tendevamo a riprendere la posizione iniziale.

Abbiamo sentito di nuovo suonare le sirene antiaeree

Per uno strano scherzo del destino, proprio in coincidenza con il secondo anniversario dall’inizio dell’era della pandemia è scoppiata la guerra in Ucraina. Per gli esperti di politica internazionale il conflitto era nell’aria, frutto di tensioni alimentate negli anni. La Russia si stava preparando da tempo a sferrare l’attacco. Per la maggior parte delle persone, però, questa situazione è esplosa all’improvviso come un fulmine a ciel sereno. Abbiamo sentito di nuovo suonare (alla tv o al massimo a teatro) le sirene antiaeree. Un suono che peraltro in alcune città del nord Italia si sente ancora quotidianamente “dal vivo” a mezzogiorno come monito di ciò che è stato e non deve più accadere.

Nessuno, neppure gli attori in campo, si aspettava comunque uno scontro così esteso, così carico di conseguenze concrete e simboliche. Nessuno poteva immaginare che saremmo precipitati nella peggiore crisi dall’ultima guerra, a un passo da un nuovo conflitto mondiale.

L’orrore delle bombe su Mariupol. E noi

Le implicazioni sono moltissime. La guerra per la prima volta si combatte contemporaneamente su molti fronti diversi: economico, attraverso le sanzioni, cibernetico, attraverso gli attacchi degli hacker, mediatico, attraverso la manipolazione delle informazioni e la diffusione di fake news. 

Il fronte più terribile è quello concreto del territorio ucraino: le immagini di ieri hanno mostrato l’orrore di un ospedale pediatrico distrutto, con le madri in travaglio e i bambini sepolti dalle macerie.

Ci sono due milioni di profughi in viaggio verso l’Occidente: mai così tanti, come ha confermato l’Unhcr, agenzia Onu per i rifugiati. Ne stiamo già accogliendo anche nella nostra diocesi. È una situazione molto difficile, un inferno per la popolazione ucraina.

Rappresenta però anche per noi un punto di svolta molto importante. Draghi ha detto ieri che ci saranno risvolti di lungo periodo. Sembra ormai evidente che cambierà il nostro modo di gestire e di usare le risorse energetiche: lo abbiamo capito dall’aumento del prezzo della benzina, quello che si avverte più velocemente.

L’aumento dei prezzi e i segnali di cambiamento

Oltre quaranta centesimi al litro in più in soli dieci giorni. Ce lo segnalano anche gli aumenti esponenziali delle bollette del gas e dell’energia elettrica. Cercare soluzioni è ormai “obbligatorio”, perché la situazione non è più sostenibile. Colpirà duramente tutti, per primi i più fragili. Non sarà facile.

Presto troveremo più mutamenti anche nei supermercati, nei prezzi e nelle disponibilità di merce. Possiamo iniziare a compiangerci e a disperarci, oppure cogliere l’occasione per cambiare rotta radicalmente.

È ancora una voce minoritaria, ma sta iniziando a circolare con più insistenza: è ora di cambiare stile di vita, abitudini di consumo, di spingere verso un’innovazione radicale anche il sistema produttivo e della mobilità, di rivedere certi meccanismi di produzione e circolazione delle merci in modo più sostenibile. Avremmo potuto sceglierlo, abbiamo preferito “il divano”.

Ora saremo costretti, ma non sarà necessariamente un male, se sapremo leggere in questa nuova incertezza le possibilità “buone” di una condizione più giusta per noi e per il mondo. 

La proposta del “digiuno dal gas” per la Quaresima

Il Movimento Laudato sì in Italia ha proposto un insolito ma molto azzeccato “digiuno dal gas” (dal consumo eccessivo e inappropriato) per la Quaresima: raccoglieremo la provocazione? Se sul fronte diplomatico e nel coordinamento degli interventi di aiuto all’Ucraina l’Europa ci è sembrata più unita, ricompattata dalle difficoltà del momento, abbiamo scoperto strada facendo anche di avere qualcosa di essenziale a cui pensare insieme: che cosa è davvero importante, quali sono i valori in cui crediamo e che vogliamo conservare intatti per i nostri figli: la libertà, la giustizia, la pace.

Quali scelte siamo disposti a fare per salvaguardare le fondamenta della nostra convivenza sociale, perché non facciano (in senso simbolico) la stessa fine delle città ucraine sotto il fuoco dei russi? Proprio in quelle fondamenta – meglio ricordarselo – risiedono quelle “radici cristiane” dell’Europa tante volte messe in discussione. Come dice Papa Francesco per costruire la pace bisogna “rimboccarsi le maniche”. E ancora “Dio sta con gli operatori di pace”.