Dall’Ucraina a Vertova. Luisa apre la porta di casa ai profughi, ma tutto il paese l’aiuta nell’accoglienza

Dallo scoppio della guerra in Ucraina, sono molte le persone in fuga che sono arrivate sul nostro territorio, soprattutto donne con bambini, raggiungendo perlopiù i famigliari che lavorano qui. Caritas diocesana si sta muovendo nelle varie realtà parrocchiali per l’accoglienza, ma ci sono anche diversi cittadini privati che hanno aperto spontaneamente la propria porta di casa. 

Luisa e Giulia non si conoscono : Giulia, di Ivano-Frankivsk, da vent’anni in Italia, dove lavora come badante, è entrata nella sua vita da circa una settimana, portando con sè tre nipoti e la consuocera Alina, appena arrivate dell’Ucraina: «Mia nuora mi ha telefonato chiedendomi se poteva almeno mandare due bambini per salvarli – racconta -. Ho capito che la situazione non era bella, ma non sapevo cosa fare. Non avevo la possibilità di prenderli con me. Così ho chiamato la mia amica Maria, che era badante della madre di don Enzo Locatelli a Vertova, per spiegarle la mia situazione e chiederle aiuto ».

Una telefonata arrivata al momento giusto

Il caso vuole che don Enzo Locatelli stesse parlando al telefono con la signora Luisa Mignani, che gli stava comunicando la sua disponibilità ad ospitare donne e bambini in fuga dalla guerra in Ucraina, proprio mentre la signora Maria era lì da lui.

E così la macchina della solidarietà si è messa in moto. Giulia ha organizzato il viaggio delle nipoti, tutto attraverso internet, con autisti privati che le hanno portate prima al confine con la Polonia, attraversato a piedi, al freddo e dopo ore di attesa, e poi da lì fino in Italia, dove sono arrivate la sera del 7 marzo. Un viaggio lungo, la partenza di domenica mattina, prima dell’alba,  con la paura che potesse accadere loro qualcosa, con sé solo due valige con il minimo indispensabile. 

Giulia ha potuto così riabbracciare le nipoti Ruslana, 20 anni, e Karina e Veronica, rispettivamente di cinque anni e sette anni, arrivate in Italia assieme alla consuocera Alina.

« Ero un po’ sotto shock quando sono arrivate, per la paura che ho avuto per loro durante il viaggio. E’ stato un grosso rischio portarle qui tramite degli sconosciuti, ma per fortuna è andato tutto bene » aggiunge Giulia.

Dormivano in cantina, sdraiate su uno strato di patate

Prende il cellulare e mi mostra una foto, si vedono dei bambini dormire, rannicchiati sotto le coperte, sopra uno strato di patate : « Dormivano in cantina, sopra le patate, per paura dei bombardamenti – spiega Giulia -. Gli allarmi per i bombardamenti erano 4 o 5 a notte, dovevano risvegliarsi di continuo. Nella nostra città non ci sono sirene, ma ci sono dei programmi scaricati sul cellulare che avvisano del pericolo ».

Mi mostra una chat su Telegram, dove arrivano gli allarmi : dalle 02.45 alle 7.43 dei messaggi continui. Anche Ruslana prende il cellulare e mostra una carrellata di immagini con gli attacchi della giornata : edifici sventrati, bambini feriti. 

La preoccupazione rimane, per i figli rimasti in Ucraina, c’è sempre il timore che possa succedere loro qualcosa, tutti i giorni aspetta la videochiamata serale per assicurarsi che stiano tutti bene, nonostante tutto: « Grazie a Dio per il momento le nostre case non sono state distrutte, noi abitiamo lontano dalla città. Ma c’è sempre il timore delle bombe sganciate di notte. Gli uomini non li lasciano partire, prendono parte ai posti di blocco organizzati sul territorio ».

Karina e Veronica sono in soggiorno, a giocare, poco dopo sopraggiunge anche il nipote di Luisa, più grandicello. Alle bimbe mancano mamma e papà. La figlia di Luisa ha comprato dei libri con degli esercizi in ucraino ed italiano.

Nei prossimi giorni potranno andare a scuola, così giocheranno con altri bambini. La conversazione, quando Giulia – che le raggiunge nelle sue ore di pausa – non può fare da interprete, avviene a gesti o utilizzando Google translator sul cellulare.

« Don Enzo mi ha chiamata e mi ha chiesto se ero disponibile ad ospitare tre persone – racconta Luisa – : alla fine sono arrivate in quattro, ma poco cambia per me. Sono vedova, vivo da sola, lo spazio c’è. Ora sto preparando l’appartamento che ho di sopra, che è libero, così potranno andare lì e saranno più tranquille. La solidarietà che c’è stata è straordinaria : facendo volontariato so che la gente è generosa, ma mai mi sarei immaginata uno slancio simile. Mi hanno portato vestiti, giochi, cibo, soldi. Non posso fare nomi perché sicuramente dimenticherei qualcuno ».

Quante morti innocenti, non hanno un cuore?

Mentre parliamo suona il campanello e Luisa rientra con una borsa con delle verdure, ricotta e mozzarella, dono di qualche compaesano. «Alla fine è arrivata anche la mia consuocera con le nipoti – spiega Giulia – : è stata operata di recente, suo marito è invalido, lo sta seguendo mia nuora. In questo modo ha accompagnato le nipoti assicurandosi che tutto andasse per il meglio». 

« Ringrazio la signora Luisa e tutti quanti per quest’accoglienza, spero solo che non duri a lungo, che tutto finisca presto. Noi vogliamo solo essere lasciati tranquilli. Quante morti innocenti, non hanno un cuore ? I capi di governo dei vari Stati dovrebbero trovare una soluzione per fermare questo massacro. Vogliamo poter tornare a casa ».