Bradipi in Antartide: un blog per raccontare l’autismo. Tiziana l’ha scoperto a 39 anni

Sempre fuori posto, fuori contesto : è così che per molto tempo si è sentita Tiziana Naimo, 46 anni. Fino al giorno in cui le cose sono cominciate a diventare più chiare, con la diagnosi ufficiale di autismo, arrivata a 39 anni, quasi in contemporanea al primo dei suoi tre figli.

Autrice Tiziana Naimo
Tiziana Naimo

L’autismo Tiziana lo racconta sulla pagina facebook e sul blog Bradipi in Antartide : « E’ la mia storia e quella di tanti altri : ho deciso di spiegare come funziona il tutto dal di dentro. Spiegare è il modo per averne meno paura e cominciare finalmente ad incontrarsi a metà strada. Imparare un linguaggio nuovo a vicenda, provando a non considerare più l’autismo come qualcosa che intrappola le persone. Perché se per qualche strano caso esistesse una pillola per toglierlo dalla gente, il risultato sarebbero persone completamente diverse : non sarebbero più i nostri figli, fratelli, sorelle, non sarebbero più chi amiamo ». 

Il nome Bradipi in Antartide è nato mentre stava per scrivere una storia : « Ho cominciato a leggere diversi manuali di scrittura creativa e in uno, consigliando di curare al meglio il contesto, si usava questa metafora: “non mettete un bradipo in Antartide”. Questa frase mi risuonò moltissimo, tanto da rimanermi impressa e per giorni ci rimuginai sopra. Un Bradipo in Antartide era proprio come mi ero sentita per tutta la mia vita, e come mi sento ancora adesso: sempre fuori posto, fuori contesto. Quella storia è ancora in cantiere : spero di finirla prima o poi, ho aperto il blog proprio per pubblicarla a puntate ». 

Mi sono sentita per tutta la vita come un bradipo in Antartide: sempre fuori posto, fuori contesto

Il blog piano piano è diventato altro : grazie alla sua competenza di grafica, Tiziana ha iniziato a realizzare infografiche, video e vignette che raccontassero l’autismo e la raccontassero .

Mi sono sempre nascosta: ma ho deciso di cambiare strada

Senza un obiettivo vero e proprio, perlomeno all’inizio, ma più un bisogno di esprimere se stessa :  « Mi sono sempre nascosta, impaurita dal mondo e dalle persone ; per me espormi è stata ed è una cosa contro natura. Mi dicono in tanti quanto sia brava a raccontare, ma per me non è così semplice.

Ma quel bisogno di fare uscire alcune cose fuori era più forte della paura e piano piano hanno cominciato a seguirmi sempre più. Il blog è stato determinante per me in molte situazioni, aiutandomi a credere un po’ più in me stessa. Ad un certo punto mi hanno anche dato un premio (il premio Restart, ndr), pensavo fosse uno scherzo

È stato il modo per fare uscire quello che di me avevo sempre compresso, poi è stato il mezzo attraverso il quale piano piano ho cominciato a parlare di autismo, in modo gradualmente sempre più sganciato da una visione deficitaria della condizione e di conseguenza anche di me stessa. Ultimamente nelle vignette il Bradipo si è un po’ eclissato per lasciare più spazio a Tiziana, non so ancora bene cosa significhi ».  

Avere la diagnosi è stata come una seconda nascita

La diagnosi ufficiale è stata molto importante : « Essermi scoperta autistica è stato importantissimo. È stato come nascere una seconda volta, ed è così per tanti altri autistici diagnosticati da adulti : in molti festeggiano la data come un compleanno.  

Il fatto che nessuno ti cresca seguendo le tue naturali inclinazioni, che nessuno ti “cresca autistico”, si ripercuote in maniera negativa sulla qualità della vita e sulla salute mentale. Cresci non avendo alcuna idea del tuo modo diverso di percepire, nessuno te lo spiega e se fai presente che magari una luce è troppo forte, un sapore troppo intenso, un rumore doloroso, un tocco ti brucia la pelle, nessuno ti rimanda indietro dei feedback positivi.

Sei costantemente messo in dubbio in quello che senti e alla fine lo fai da solo. Ti dissoci completamente dal tuo dolore, dalle tue sensazioni, dalle emozioni che sono sempre “troppo” per tutti. Ti senti scollegato da tutti, costantemente un’isola. Cresci accompagnato da un senso di alienazione continuo.

Si parla di empatia che negli autistici sarebbe carente, cosa nei fatti smentita dagli studi di Damian Milton sulla doppia empatia, quando raramente ne provano per te e anzi, tu devi provarne il doppio, per te e per gli altri ed è sempre poca a detta di tutti. La diagnosi, se accolta, aiuta a risolvere anche tanti malintesi, tante incomprensioni.

Quegli abbracci difficili: il tocco mi brucia sulla pelle

Se non abbraccio la mamma non è perché non le voglio bene, ma perché magari in certe condizioni, il tocco mi brucia sulla pelle. Se non parlo o non rispondo alle domande, non è perché sono strafottente o indolente, ma forse perché sono così esausta da non riuscire neanche a pensare. All’inizio è stato difficile far capire alcune cose, c’è voluto parecchio : oggi l’accettazione di quello che è il mio modo di essere e quello dei miei figli ci ha portato a vivere tutti più sereni ».  

Tiziana fa anche parte di Neuropeculiar, un’associazione creata da persone autistiche con l’obiettivo di contribuire allo sviluppo e alla diffusione di un nuovo paradigma socio-culturale che normalizzi il concetto di neurodiversità e valorizzi la varietà dell’espressione umana.

Sull’autismo e sulle persone autistiche ci sono infatti tanti pregiudizi e stereotipi. A partire dall’utilizzo di termini sbagliati (l’autismo non è una malattia, ma una condizione e una neurodivergenza ; si parla di persone autistiche e non affette da/ con autismo), ai simboli utilizzati in occasione della giornata mondiale della consapevolezza dell’autismo (niente colore azzurro o simbolo del puzzle : il simbolo scelto dalla comunità autistica è quello dell’infinito, rosso, oro e con i colori dello spettro).

Ma ci sono alcuni stereotipi più difficili di altri da scardinare : « Quello dell’empatia lo trovo in assoluto il più disumanizzante. Gli stereotipi sullo stimming (stereotipie), etichettato troppo spesso come comportamento problema, quando serve ad un sacco di cose: aiuta ad autoregolarsi, a concentrarsi, a dare un ritmo ai pensieri, ad imparare, a gestire lo stress. Troppo spesso quello che non è convenzionale è bollato come sbagliato: bisognerebbe prendersi il tempo ed aver voglia di capire. La faccenda dei “bambini/persone speciali” è altrettanto difficile da superare. Anche questo toglie umanità : siamo persone e possiamo sbagliare come tutti. Se fai notare certe cose in maniera ferma a chi usa questo tipo di linguaggio, capita mettano in dubbio il tuo essere autistico perché non sei “buono”

Occorre parlare più spesso di neurodiversità

Altri, di contro, vedono l’autismo come caratterizzato da una forte aggressività. Le esplosioni aggressive arrivano sempre per un motivo, sono una manifestazione di un disagio che la persona ha vissuto nei giorni precedenti e che vive al momento attuale.

Inoltre c’è la tendenza a vedere l’autismo solo in base alle proprie esperienze personali o in base a cosa si è visto rappresentato dai media, dai film, dalle fiction. Invece la popolazione autistica è molto varia e variegata : gli autistici non sono tutti geniali e non vivono neanche tutti una disabilità intellettiva. Gli autistici sono persone e, come tutte le persone al mondo, tutti quanti diversi. Se hai conosciuto una persona autistica puoi dire di aver conosciuto una persona autistica, non l’autismo». 

Per venire incontro ai bisogni delle persone autistiche, basterebbe parlare di più di neurodiversità :  « Cominciare a familiarizzare col concetto di neurodiversità, porterebbe forse a realizzare che non c’è un solo modo di vedere, sentire, pensare, comunicare, intendere la socialità. Che le proprie potenzialità vengano viste e fatte fiorire in un ambiente il più possibile rispondente alle proprie caratteristiche. Scuole e luoghi di lavoro dovrebbero introdurre degli adattamenti, che non toglierebbero nulla a nessuno, per essere davvero accessibili a tutti. Manca un’educazione alla diversità ». 

Per seguire Bradipi in Antartide : www.bradipiinantartide.com