Le “piccole guerre” nelle chat dei genitori. Suor Chiara: “Proviamo a gettare semi di cambiamento”

Messaggistica di gruppo

Buongiorno suor Chiara,
Mi chiamo Mara e ho due figli che vanno a scuola. Per entrambi c’è una chat dei genitori, nella quale si scambiano messaggi di ogni tipo. A volte purtroppo sconfinano nelle critiche personali nei confronti degli insegnanti o perfino di alcuni ragazzi, messi all’indice per i loro comportamenti. È molto difficile intervenire e spesso mi astengo dal farlo per non alimentare le discussioni che a distanza degenerano più facilmente. Poi però mi chiedo se è giusto e se è cristiano – dato che sono credente – voltarsi dall’altra parte. Nelle piccole guerre tra mamme mi sembra che manchino rispetto, comprensione e buon senso.  Partecipiamo a manifestazioni di pace e di aiuto agli ucraini e poi ci facciamo guerra via WhatsApp, un controsenso. Secondo lei che cosa posso fare? 
Mara.

Cara Mara, viviamo in un tempo carico di aggressività verbale e, purtroppo, anche fisica. Basta aprire i giornali, vedere la televisione o connettersi sui social, per assistere a dialoghi o azioni che sconfinano nell’aggressività. Purtroppo anche i dibattiti parlamentari ci propinano scene in cui il rispetto e l’educazione sono scomparsi e fanno parte di un passato dimenticato.

A volte mi chiedo come mai si è arrivati a tanto?! Certamente la pandemia ha acuito il disagio e l’aggressività, anche per le precarie condizioni economiche: ma è solo questa la causa? Tutti ci inquietiamo, giustamente, per la violenza della guerra in Ucraina, ma non così per le parolacce che i nostri figli e anche i genitori propinano, per la diffusa maleducazione, per le piccole o grandi forme di violenza domestica, o le piccole guerre, come tu dici, su WhatsApp.

Nei profili social trovano posto gli istinti peggiori

I social favoriscono tutto questo perché mediano la relazione, la tutelano e la rendono anonima, dando sfogo ai lati peggiori dell’umano. Cosa fare? Forse occorre il coraggio di porre dei segni forti che magari non saranno compresi, anzi, potranno essere anche derisi. È urgente e necessario interrompere la catena delle maldicenze, delle critiche sfrenate, delle mormorazioni, tutte piccole forme di violenza apparentemente innocue, ma che minano la stima e la dignità della persona.

Prima ancora di essere un’azione “cristiana” è un’azione di umanità. Dobbiamo ri-umanizzarci! Dobbiamo riconoscere che anche nei cristiani o in coloro che si ritengono tali, è presente una certa mondanizzazione nel modo di parlare, nei costumi, nelle abitudini che non differenziano dagli altri.

Inoltre per una mentalità di “rispetto” delle differenze e della libertà delle persone, si può fare e dire tutto e il contrario di tutto. Si agisce spesso in preda alle emozioni, senza una minima riflessione su ciò che si dice e sulle conseguenze di ciò che si è detto.

Trovare un modo per andare controcorrente

Tutto sembra essere lecito e giustificabile. È bene quindi non voltarsi dall’altra parte e trovare invece la modalità per dire ciò che si pensa, per disapprovare azioni o parole che giudicano e feriscono. Anche questo ha il sapore della testimonianza e, come tale, occorre un po’ “pagarla di persona”.

Come nelle prime comunità, i cristiani devono essere immersi nelle realtà, nella storia, ma in una modalità differente, che dica il Vangelo, e questo passa attraverso una modalità relazionale, una comunicazione verbale e non, che si distingue da quella del mondo.

Le piccole guerre tra mamme sono diffusive, creano una mentalità, dicono un modo di stare e giudicare che passa nei figli e in chi si incontra. Le mamme sono le prime educatrici, ma cosa educano se sono le prime a porre gesti diseducanti? Sono le piccole guerre apparentemente innocenti che creano però ferite indelebili e una cultura distruttiva.

Le chiacchiere chiudono il cuore della comunità

Ti suggerisco di iniziare a parlare con una di queste mamme vincendo il timore che possa reagire male, scegliendo quella con la quale hai più confidenza, facendole notare, con garbo e discrezione, che forse le cose dette rovinano la persona, offuscano la sua dignità.

È un gesto semplice, ma importante: magari non sortirà l’effetto desiderato, ma è un primo approccio, un seme gettato nell’altro che può portare il frutto buono di un cambiamento. Occorre seminare, cercare sempre il dialogo, denunciare il male piccolo e grande, ma mai allontanarsi dal fratello o dalla sorella. Avere il coraggio di dire alla persona interessata esponendosi con coraggio e accettandone le conseguenze.

Papa Francesco continua ad ammonire a questo proposito: “Le chiacchiere chiudono il cuore della comunità. Il grande chiacchiericcio è il diavolo che sempre va dicendo le cose brutte degli altri. Perché lui è un bugiardo che cerca di disunire la Chiesa, allontanare i fratelli e non fare comunità. Facciamo uno sforzo: niente chiacchiere”.

Cara Mara, coraggio! Nella preghiera attingi la forza di una parola sapiente per far fronte a questo male diffusivo, per diffondere parole rispettose che edifichino e promuovano ogni persona; parole vere che sanno distinguere ciò che è il bene in sé, oggettivo, e che edificano il bene. Anche questo è seminare il Vangelo!