Funeral party: cent’anni di vita, tanti ruoli diversi. La storia di un uomo “Sfortunato” secondo Guido Sgardoli

Funerl party

Quante vite viviamo, quanti sono i volti con cui gli altri ci vedono? Ne parla in modo originale “Funeral party”, (Piemme) romanzo di Guido Sgardoli che nasce, come spiega l’autore “da una serie di influenze letterarie ma anche televisive e cinematografiche”. Un romanzo d’avventura, pieno di colpi di scena e di ironia, molto solare e affatto gotico, nonostante il titolo.

Forse mai come in questo periodo è “tornata di moda” la storia: sentiamo il bisogno di cercare nel passato le ragioni e i presupposti di ciò che sperimentiamo nel presente, a partire dalla guerra. Sgardoli ha attinto, come fonte d’ispirazione, al programma RAI “Storie di un italiano” in cui Alberto Sordi raccontava la storia del nostro Paese partendo dai suoi film, “in cui ha saputo catturare – sottolinea Sgardoli – mille sfumature dell’italianità”.

Seguendo l’esempio di questo grande attore, spiega Sgardoli, “volevo parlare di un personaggio che avesse avuto una vita lunga, e fosse stato quindi in grado di sperimentare diverse situazioni, e di assumere mille facce. E che proprio per questo potesse farci riflettere su quante persone si nascondano dentro di noi, in quanti modi diversi possano vederci gli altri”.

Ha creato così Sfortunato Forte, un personaggio con un nome scaramantico: “Vivere per cent’anni – chiarisce Sgardoli – dà modo di attraversare molte esperienze, di interpretare ruoli diversi, di incontrare persone che custodiscono versioni diverse di noi stessi. Nel caso del suo protagonista Sfortunato Sgardoli ha scelto di raccontare a ritroso, seguendo l’esempio di Benjamin Button. “Sono partito dal funerale di un uomo per raccontare tutta la sua vita al contrario”.

L’ultima ispirazione è quella di “Quarto potere” di Orson Welles. C’è un ricco magnate che muore e ognuno ne parla in modo diverso. E dietro l’ultima parola che pronuncia c’è un enigma da risolvere.

“Volevo ribaltare – prosegue Sgardoli -l’idea che una persona che ci appare in un dato modo sia davvero così. Forse il modo in cui gli altri ci considerano dipende da noi, dal momento della vita che stiamo attraversando”.

È stato naturale riflettere anche su cosa sia l’eredità di una persona: “Tutti pensano sempre che sia qualcosa di materiale, in realtà l’eredità può essere legata a un comportamento, un tratto del carattere, un aiuto non necessariamente materiale”.

Non è un romanzo storico ma la storia è comunque una componente importante: “Ho voluto segnare delle pietre miliari nel secolo, selezionare alcuni fatti e adattarli alle esigenze narrative: dalle due guerre in poi, e fino agli anni Novanta, affrontando la storia attraverso riferimenti molto popolari. Non è un libro storico ma inevitabilmente c’è la storia d’Italia”.

Un libro che spinge a indossare i panni di persone diverse da noi, e a comprendere meglio quali sono gli elementi che influenzano di più il giudizio degli altri: “Al tempo dei social network è una questione fondamentale”.