Verso l’alt(r)o, la meditazione della settimana. In parrocchia e in discoteca

“Sabato sera noi andiamo a ballare, vieni con noi?

Non posso, ho una riunione in Parrocchia…

Sempre con questa Parrocchia…ma non preferisci venire con noi? Sei un giovane!

Questa volta non posso saltare, bisogna preparare il Triduo, è importante!”

(da una conversazione realmente avvenuta)

Alcuni giorni fa, nei corridoi della scuola dove insegno, ho captato questa conversazione all’intervallo.
Ad un primo ascolto, sembrerebbe un dialogo comico: il bravo ragazzo seduto in prima fila a Messa contro la ragazza adolescente che vive di socialità e di serate in discoteca con ritorno dopo l’alba.

Tuttavia, può esserci anche un’altra lettura: un ragazzo che sa stare dentro ad una serata in discoteca tanto quanto ad una riunione in parrocchia, e che sa essere decisivo in entrambe le situazioni, al punto da essere invitato da ambo i lati.

Nelle nostre parrocchie e nei nostri oratori spendiamo gran parte delle energie e del tempo a pensare a cosa fare con i nostri ragazzi: ogni volta che si avvicina la serata dei gruppi con gli adolescenti l’ansia da prestazione sale: bisogna pensare un messaggio, un’attività, preparare il materiale, gestire i tempi.

Poche volte, invece, succede di fermarsi a riflettere su quale tipo di ragazzo o di ragazza abbiamo in mente.
Quale modello proponiamo? A me piacerebbe che i ragazzi che contribuisco a crescere fossero aperti, e che possano essere serenamente protagonisti il sabato sera nel divertimento così come la domenica mattina a Messa. Mi piacerebbe che essi non si chiudessero nel circolo dell’Oratorio, ma che portassero il profumo del Vangelo nei luoghi dove vivono i loro coetanei.

I cristiani non sono chiamati a vivere meno degli altri

In generale, mi pare che noi cristiani non siamo chiamati a vivere di meno degli altri, sottoponendoci a privazioni di gioia, ma a partecipare in ciò che gli altri fanno con uno stile diverso ed una consapevolezza diversa, ovvero sapendo che ogni cosa può essere pura, buona, bella solo se si è puri.

Una persona pura è, prima di tutto, libera: non cerca la felicità laddove può trovare solo schiavitù, ma vive ogni cosa come un dono. 

In altre parole, un puro può essere ricco o povero, ma non farà dipendere la propria realizzazione dai soldi, ma da Dio. Un puro può essere potente e famoso oppure umile e sconosciuto, ma non farà dipendere la propria felicità dal potere o dalla fama, ma solo da Dio.
In questo il tempo di Quaresima che stiamo vivendo è maestro, in quanto ci insegna a non far dipendere la nostra felicità da ciò che facciamo, ma da quanto siamo radicati in Dio, l’unico che può dare la gioia perfetta.