L’arte di costruire la pace. Dalle uova dipinte di Leopoli alla via Crucis del Papa

Leopoli, donne e bambini decorano uova da mandare ai soldati al fronte come segno di incoraggiamento. Foto di Giovanni Diffidenti

“I hope that Russians love their children too” “Spero che anche i russi amino i loro figli” cantava Sting nel brano “Russians” nel 1985. Era l’anno dell’ascesa al potere di Michail Gorbaciov, ultimo segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica dal 1985 al 1991, protagonista di una grande stagione di riforme, “perestrojka”, e di un nuovo atteggiamento di trasparenza, “glasnost”, in un clima che portò nel 1989 alla caduta del Muro di Berlino e alla riunificazione della Germania.

“Spero che anche i russi amino i loro figli”

Sono passati 37 anni e Sting è tornato a cantare la sua canzone nei giorni scorsi per il conflitto in Ucraina. Il suo non è un punto di vista banale: la canzone dice che “condividiamo la stessa biologia, indipendentemente dall’ideologia”, spiega che la gente comune non appoggia la guerra. Il cantante si è detto nei giorni scorsi “incredulo” di ritrovarsi a cantare di nuovo quella canzone, che sembrava ormai sepolta dall’evoluzione della storia. L’ha definita, oggi, nei suoi profili social “un appello alla nostra comune umanità, per i coraggiosi ucraini che combattono contro questa brutale tirannia e anche per i molti russi che protestano contro questo oltraggio, nonostante la minaccia di arresto e imprigionamento”.

Le uova colorate come simbolo di rinascita

La foto di apertura del post, del fotoreporter Giovanni Diffidenti, racconta un’altra storia di pace: le donne e i bambini di Leopoli intenti a preparare le uova per la Pasqua, per mandarle poi ai soldati al fronte come segno di incoraggiamento. Anche noi abbiamo la tradizione di dipingere e decorare le uova il Giovedì Santo e portarle in chiesa per la benedizione di Sabato, alla vigilia di Pasqua. L’uovo è simbolo della rinascita della natura a primavera e della rinascita dell’uomo in Cristo.

In questo contesto cupo questo simbolo acquista ancora più forza, esprimendo il desiderio di ritorno alla vita, di un soffio di normalità e di serenità in mezzo alle macerie della storia.

Molti – sui social, sui giornali, nei talk show – alzano i toni del conflitto alimentando il fuoco delle divisioni. Così è apparsa sicuramente forte e provocatoria la scelta di Papa Francesco di far portare la croce nella XIV stazione della Via Crucis a una famiglia ucraina e una russa, insieme. 

La Via Crucis di Papa Francesco: russi e ucraini insieme

Non è – ovviamente – una scelta neutra, né buonista. Si tratta piuttosto di una scelta radicale, che accetta di “dare scandalo” in senso evangelico.

Ha un senso forte e profondo che si legge con semplicità nelle parole delle due donne e madri protagoniste di questo gesto, intervistate nei giorni scorsi dal quotidiano “La Repubblica”: “Sono Russa – dice Albina, studentessa al 3° anno del corso di laurea in infermieristica Ucnm – e amo l’Ucraina. C’è un forte rapporto tra i nostri due Paesi, questa guerra non ha senso”. Sono piene di dolore e di preoccupazione le parole di Irina, infermiera ucraina del Centro di Cure Palliative “Insieme per la cura” della Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico, che pensa alla sua famiglia in Ucraina, e in particolare alla madre: “Nessuno riesce a credere che sia stato possibile dare il via a una situazione del genere senza pensare alla gente, alle persone costrette a lasciare le proprie case”.

“Non è giusto – aggiunge Albina – che i bambini nel XXI secolo siano costretti a nascondersi nei sotterranei e nei bunker. Il mio cuore è con ogni bambino e ogni madre ucraina. Sono russa e sono contro la guerra”.

Non ci sembra di poter offrire un messaggio migliore per la Settimana Santa se non quello di stare – con il Papa – dalla parte della gente comune e della Pace, per trovare in queste giornate segni di speranza e rinascita. Ci auguriamo che gesti come questo possano avvenire anche nella vita quotidiana, nelle nostre comunità. Buona Pasqua.