Pablo d’Ors: “La passione e resurrezione di Gesù sono un paradigma della nostra stessa morte e rinascita continue”

Biografia della luce d'Ors

“Mi interessa ciò che i Vangeli dicono di noi oggi – scrive Pablo d’Ors nel prologo della sua “Biografia della luce” (Vita e Pensiero), che lui stesso definisce “una sorta di manuale poetico dell’interiorità” -. Perché il Vangelo è la storia della nostra stessa vita: una guida per imparare a essere chi siamo e per avere il coraggio di vivere in un altro modo”.

Molto stimolante la sua lettura in questa chiave della Settimana Santa: “Giovedì santo – dice lo scrittore – è il giorno dell’amore. Venerdì, quello del dolore. Sabato, quello del vuoto. Domenica, quello della luce. Amore, dolore, vuoto e luce sono le principali questioni che pone ogni esistenza umana.

Questa settimana ci viene offerta l’opportunità di riflettere e celebrare queste dimensioni; ma non è che rifletteremo o celebriamo tutto questo semplicemente nella vita di Gesù, ma nella nostra vita con lo sfondo della Sua.

Pasqua, paradigma della nostra stessa morte e rinascita continue

La passione, la morte e la resurrezione di Gesù Cristo ci interessano come paradigma della nostra stessa morte e rinascita continue. La coscienza di questo morire e rinascere permanente è quella che ci rende pienamente svegli e vivi”.

Pablo d’Ors, sacerdote e scrittore spagnolo, cercando il silenzio ha raggiunto a piedi in pellegrinaggio Santiago de Compostela, ha attraversato il deserto del Sahara, ha soggiornato sul monte Athos. Nel 2014 ha fondato l’associazione Amici del Deserto, con cui condivide l’avventura della meditazione e alla quale dedica oggi la maggior parte del suo impegno. Nello stesso anno papa Francesco lo ha nominato consultore del Pontificio Consiglio della Cultura.

La lettura che offre del Vangelo in questo suo saggio nasce dall’intimo, è dedicata a coloro che sono interessati alla ricerca spirituale e segue, come annuncia nel titolo, il “filo” della luce.

La prospettiva esistenziale, meditativa e artistica

“Le prospettive che hanno guidato la mia scrittura sono state tre; quella esistenziale (i dilemmi vitali che il testo pone), quella meditativa (il Vangelo come mappa della coscienza) e infine quella artistica (le sue principali metafore e immagini archetipiche).

Suggestiva la sua proposta di meditazione: “Un invito a guardarci dentro e di conseguenza a cambiare fuori”.

In questo libro ricchissimo, “Portare la croce” viene inserita fra le “Condizioni del discepolo”. Il serpente viene considerato metafora del destino, “che di quando in quando ci attacca, facendoci attraversare momenti difficili. Non è da escludere che prima o poi subiamo qualche morso, lieve, grave o perfino mortale: il morso della disoccupazione e della povertà, per esempio, o quello dell’emarginazione sociale e della malattia, dell’ingiustizia…”.

Ma la caduta può essere anche il preludio di una strada di rinascita e di guarigione: “Così come i vaccini funzionano iniettando nell’organismo il virus della malattia che mirano a prevenire, stimolando gli anticorpi, così la croce di Cristo crea nei suoi seguaci gli anticorpi di fronte al potere distruttivo del dolore”.