5 preti per la Chiesa di Bergamo
5 preti per la Chiesa di Bergamo

Cinque preti per la Chiesa di Bergamo

Nella foto: don Carlo Agazzi di Grone; don Mario Carrara di Locatello; don Mario Pezzotta di Pedrengo; don Taddeo Rovaris di Nembro; don Andrea Cuni Berzi di Urgnano.

5 preti per la Chiesa di Bergamo

Sabato 28 maggio alle 17 nella Cattedrale di Bergamo, nel corso di una solenne celebrazione eucaristica trasmessa in diretta su Bergamo TV, il vescovo monsignor Francesco Beschi ordinerà cinque nuovi sacerdoti. Cinque giovani che si decidono per la Chiesa. Un dono per tutta la comunità dei credenti.

Cinque giovani che si decidono per la Chiesa. Cinque giovani che decidono che la loro vita ha una missione nella Chiesa. Cinque giovani che, dopo essere stati compagni e amici, fra poche settimane potranno chiamarsi confratelli. Cinque giovani, quindi, che decidono che la loro vita sarà con la Chiesa.

Per la Chiesa, nella Chiesa, con la Chiesa. Certo: si potrebbe pure aggiungere pure un “dalla Chiesa”, visto che nessuno dei nostri cinque amici arriva da percorsi stranieri rispetto alle dinamiche parrocchiali. Nessuno, alla fede, si genera da sé, né come cristiano, né come seminarista, né, tanto meno, domani, come sacerdote. C’è un’origine che attesta una cura profusa e che racconta la speranza della continuità nel proprio itinerario generativo. 

I nostri cinque trovano un mondo che è cambiato nel corso della loro formazione. Alcuni, addirittura, sono entrati poco più che ragazzi, dentro il percorso del seminario minore. Non serve ora richiamare la contrazione numerica dei sacerdoti e le novità del nostro mondo tecnologico, molto pervasive rispetto al nostro approccio alla realtà. Alcuni sono entrati in seminario senza che nemmeno ci fosse WhatsApp! Basta forse questo dato per riconoscere come il modo di stare al mondo non possa che essere cambiato, se non per la crescita che si è guadagnata, per come il mondo è cambiato intorno a noi. È cambiato il mondo, con la percezione che di esso ognuno ha, ed è cambiata pure la Chiesa che nel mondo si colloca. Dei formatori che li hanno accolti in seminario ora non ne è rimasto più nessuno; anche molti degli stessi preti delle loro comunità di appartenenza sono stati destinati altrove. I cinque giovani sono entrati in seminario con l’idea di poter, chissà, vivere da giovani sacerdoti nella forma riconosciuta nel loro curato e oggi trovano ad attenderli condizioni completamente diverse. Non tutto cambia ovviamente, ma se le regole del mondo sono mutate, anche alla Chiesa tocca un cambiamento. È ancora tutto in fieri, ma la raccomandazione di stare nel mondo da parte di Gesù rimane anche oggi un primo principio orientante le scelte che ogni cristiano deve assumere per non smarrire la strada tracciata dal Maestro. Il corollario allo stare nel mondo è quello di non stare col mondo, come a sottolineare che l’incarnazione non è l’autorizzazione a uno stile mondano. In un mondo che cambia, una Chiesa che nel mondo deve starci, è chiamata a trovare nuove forme con cui evitare il rischio della mondanità.

Tornando ai nostri cinque amici e alle sfide che li vedranno protagonisti nella loro prossima vita di servizio: a non cambiare in loro è proprio il desiderio di giocarsi per la Chiesa, nella Chiesa e con la Chiesa. È questo il terreno della missione, è questo il fine ed è questa la compagnia. L’augurio per questi coraggiosi amici è di affrontare le sfide che il tempo pone loro davanti, consapevoli che entrano da operai nella messe del Signore, con un compito che non è scelto da loro, ma che a loro è affidato. Entrano in un luogo e un tempo che non si costituisce da sé stesso, ma che è l’esito di scelte di chi, nella storia, li ha preceduti. E alla medesima storia ogni pezzo raccolto e custodito dovrà essere riaffidato. Infine, a nessuno di questi futuri sacerdoti, viene chiesto di essere perfetto. Certo non mancano le aspettative su di loro e le feste che le comunità stanno imbandendo raccontano proprio di queste attese. Verranno ordinati cinque peccatori, non migliori di tanti altri. La serenità del cammino non la si recupera nell’impossibile arte di non sbagliare mai, ma nella certezza che ogni passo compiuto possa essere raccolto insieme a un fratello nella fede, un fratello capace di aiutare a rileggere quanto esperito dentro la propria storia evolutiva. Ecco, se per i futuri sacerdoti si è sempre ricalibrato il desiderio di donarsi per la Chiesa, nella Chiesa e con la Chiesa, sarà proprio la loro missione, la loro appartenenza e la disponibilità all’ascolto e alla narrazione a ricordar loro, quotidianamente, che è il Signore a desiderare per ciascuno la stessa fedeltà che Lui promette loro in dono.

don Tommaso Frigerio
Vicerettore di Teologia