Il bambino che eri può essere contento dell’adulto che sei diventato? Un pensiero che aiuta a vivere meglio il presente

Il servizio che svolgo per la mia Congregazione mi porta spesso a varcare la soglia della Questura per accompagnare suore arrivate dai paesi di missione che devono avviare la pratica del permesso di soggiorno.

Prima della pandemia l’ingresso era consentito anche agli accompagnatori, per cui potevo seguire da vicino le procedure. Una mattina, entrando nell’ufficio predisposto all’acquisizione delle impronte digitali, vengo colpita da un cartello appeso alla parete recante la scritta:

Chiediti se il bambino che eri può essere contento dell’adulto che sei diventato”.

Nei giorni seguenti il contenuto di quella frase mi ritorna alla mente con insistenza, a tal punto che, prendendo sul serio la domanda, ne faccio oggetto di riflessione e di preghiera. 

È spontaneo allora fare un salto nel tempo e rivedermi bambina, timida, insicura, affettuosa e poi adolescente un po’ confusa e indecisa nella scelta del percorso di studio e finalmente giovane entusiasta e desiderosa di rispondere all’amore di Dio che mi chiamava ad appartenergli totalmente. E … oggi… adulta contenta della scelta fatta, e consapevole che, se viene meno la gioia, è solo perché quel dono di me stessa al Signore non è sempre libero da condizionamenti e da attaccamenti al mio io, fragilità che rendono più faticosa (ma non meno vera) la risposta quotidiana all’amore di Dio.

Una frase che aiuta a vivere meglio il presente

Sì, la bambina che ero può essere contenta dell’adulta che sono diventata, anzi lo è!

Sono passati due anni eppure, spesso, quella frase mi ritorna in mente mi aiuta a vivere con impegno il presente, a custodire ciò che “per grazia”, direbbe San Paolo, sono diventata.   

Credo che ogni fase della vita, o forse, anche gli eventi nei quali veniamo coinvolti, gli impegni che ci vengono chiesti, possono condurci ad una consapevolezza diversa, più vera di ciò che siamo; una consapevolezza che cresce man mano e “regala” occhi nuovi per vedere le cose di ogni giorno da una prospettiva diversa.

Vengo ad un esempio concreto: nella mia esperienza passata di educatrice della scuola dell’infanzia, osservavo i bambini per coglierne i bisogni educativi, studiarne le strategie di intervento; in questi giorni, invece (non era mai successo prima!) quando osservo i piccoli che vengono accompagnati dai loro genitori che li aiutano a prepararsi per iniziare la giornata scolastica, rivedo in loro me stessa bambina ed è come se percepissi, oggi, tutta la cura ricevuta dai miei genitori.

Guardare la vita con riconoscenza, riscoprire la gratitudine

I gesti di allacciare le scarpe, di infilare il grembiulino, operazioni che spesso sono accompagnate da parole di incoraggiamento per facilitare il distacco, o da mosse ferme per contenere capricci, mi riportano a pensare quanta pazienza avrà dovuto avere con me mia mamma (era lei che si occupava di portare me e mio fratello all’asilo). 

Quanti gesti di premura, di attenzione, di comprensione, di paziente attesa hanno contribuito a “far crescere” ciascuno di noi, a farci diventare ciò che siamo.

Allora, dalla consapevolezza che se oggi possiamo vivere nel dono di noi stessi, ciascuno secondo la sua vocazione, è perché qualcun altro prima ha vissuto questa dimensione nei nostri confronti,  nasce un altro grande atteggiamento: la gratitudine. Guardare con riconoscenza la vita, nonostante le difficoltà, e scorgervi comunque qualcosa di buono, di bello da condividere con gli altri… 

È ciò che sto sperimentando e mi rendo conto che, coltivando questo sguardo, ogni giorno che nasce ha l’entusiasmante “potere” di suscitare energie nuove per inventare gesti di attenzione e di amore, quasi per contraccambiare il bene ricevuto.