Che cosa vale di più, i legami di sangue o i beni materiali? Suor Chiara: “La nostra vita non dipende da ciò che possediamo

Vaticano, 14 giugno 2020: Angelus di Papa Francesco in piazza San Pietro - foto SIR/Marco Calvarese

Buongiorno suor Chiara,

tante volte nelle famiglie capita di litigare per motivi a mio parere futili, come il denaro o un’eredità, la gestione di un bene, e purtroppo accade che le persone non si parlino più per anni. Questo mi addolora molto. Come si può fare, secondo lei, a ricomporre queste ferite in persone vicine a cui si vuole molto bene, senza fare altro male? 

Luisa

Purtroppo i litigi familiari per motivi di eredità o di gestioni di beni sono frequenti, cara Luisa; essi creano amarezza, divisioni, risentimenti, rancori che persistono nel tempo e che, spesso, nemmeno il legame di sangue riesce a scalfire. Tante famiglie almeno in parte, l’hanno sperimentato. 

Il perdurare di simili contrasti, tuttavia, è direttamente proporzionale al valore che ciascuna parte in causa attribuisce ai beni e alle ricchezze: se comprende che, nonostante la loro preziosità e utilità, non sono né il senso della vita, né una polizza assicurativa contro le tribolazioni esistenziali, le sarà più facile relativizzare, altrimenti innalzerà muri dietro i quali arroccarsi, rivendicando a denti stretti i propri diritti, a scapito di relazioni buone con gli altri. 

Non contano i beni, ma il valore che diamo loro

La questione, dunque, non è relativa ai beni in sé stessi, ma al valore che noi attribuiamo loro. 

Anche Gesù fu chiamato in causa per questioni di eredità. L’evangelista Luca racconta che un giorno “Uno della folla gli disse: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». E disse loro: «Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell’abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni».

Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto. Egli ragionava tra sé: «Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti?». E disse: «Farò così: demolirò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni». Poi dirò a me stesso: «Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia». Ma Dio gli disse: «Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà?». Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio” (Lc. 12,13-21). 

Questo brano evangelico ci offre alcune indicazioni che possono aiutare a superare stalli familiari o a sostenere, con delicatezza ed empatia, i propri congiunti feriti, offesi da ingiustizie.

Gesù non entra in dialettica con l’uomo che gli chiede giustizia sull’eredità da dividere con il proprio fratello, ma va diritto al cuore del problema aiutando gli ascoltatori a verificare la propria relazione con le ricchezze, anche se abbondanti, a riconsiderare la propria scala valoriale e a rimetterla in ordine secondo Dio. Egli non disprezza assolutamente i tesori della terra, ma ci ricorda che la nostra vita non dipende da ciò che possediamo, ma da un “oltre” eterno, capace di reggere l’urto della storia e le tribolazioni e di dare consistenza e stabilità interiore nonostante il mutare delle stagioni, un “oltre” che ci fa vedere gli altri riconoscendoli fratelli e sorelle e ci sprona a condividere ciò che siamo e abbiamo. 

Questo è ciò che sconfigge la cupidigia e che libera il cuore; questo è ciò che vale la pena di possedere anche a costo di rinunce, a volte dolorose e difficili, o ingiustizie che si potrebbero evitare. 

Cara Luisa, il tempo si è fatto breve e la scena di questo mondo è destinata a passare, scrive san Paolo ai Corinzi: non lasciamo che queste dinamiche familiari rubino il nostro cuore e ci tolgano la speranza.