Il valore dell’acqua. Marco Zupi: “La siccità sarà la prossima pandemia”

“La siccità è sul punto di divenire la prossima pandemia e per essa non ci sono vaccini”. 

È l’allarme lanciato da Mami Mizutori, rappresentante speciale del segretario delle Nazioni Unite per la riduzione del rischio catastrofi, che assume ancor più importanza mentre il mondo si appresta a celebrare il 22 aprile l’ Earth Day, la Giornata Mondiale della Terra dedicata all’ambiente e alla salvaguardia del Pianeta. 

La primavera ha portato scarsa pioggia ma tanto sole, creando eventi estremi dovuti alla siccità, il clima spaventa perché il cambiamento climatico indotto dall’uomo sta già uccidendo le persone, distruggendo la natura e rendendo il mondo più povero. Occorre “agire subito”, altrimenti “ritardo significa morte” chiariscono gli scienziati Onu esperti in cambiamento climatico (Ipcc) nel loro nuovo rapporto “Climate Change 2022: Impacts, Adaptation and Vulnerability”.  

Il volume“Il valore dell’acqua” (Donzelli 2021, pp. 336, 28,00 euro), curato da Marco Zupi e Claudio Maricchiolo raccoglie la nuova ricerca annuale del CeSPI (Centro studi di politica internazionale), che ha affidato a un gruppo di esperti internazionali provenienti da diverse discipline il compito di ricostruire gli elementi più rilevanti del dibattito sull’acqua, risorsa sempre più preziosa, soprattutto ora, perché è ovvio che la causa della siccità è da ricercarsi nel cambiamento climatico.

Del valore dell’acqua, bene comune che sovrintende alla nascita della civiltà e accompagna il cammino dell’uomo, ne parliamo con Marco Zupi, direttore scientifico del CeSPI, professore di Studi su sviluppo ed economia politica internazionale in Vietnam, e senior advisor del Programma di sviluppo dell’Onu su localizzazione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile e ruolo dell’accademia. 

  • La maggior parte del mondo convivrà, nel giro di pochi anni, con lo stress della mancanza di acqua: la domanda supererà le riserve durante certi periodi dell’anno. Quali sono le cause dello stress idrico? 

«La questione idrica ha molteplici concause, lo stress idrico non è mai una questione emergenziale dell’ultima ora e non è un problema solo settoriale, è una questione strutturale che lega diverse dimensioni dello sviluppo. Il cambiamento climatico è un fattore che sta accelerando dei processi di un problema idrico preesistente e sta esacerbando la siccità in molte parti del Pianeta. Ma non è solo questo: l’aumento della popolazione, l’aumento del reddito medio pro capite, anche l’aumento di consumo di una risorsa come l’acqua determinano questo stress idrico, che è un problema legato all’insostenibilità del modello di sviluppo nel suo complesso. Quello che un tempo poteva essere pensato come un problema serio ma ai margini, cioè che interessa Paesi lontani, ora ci accorgiamo che non è più così. Interessa l’Europa e anche gli Stati Uniti ed è sotto gli occhi di tutti».

  • Per la crescente scarsità, l’acqua rischia di diventare l’oro blu del XXI Secolo?

«Certamente. La scarsità di acqua determina un serio problema per la qualità di vita delle persone, pensiamo alla fase acuta della pandemia, quindi l’acqua diventa una preziosa risorsa, perché è scarsa a fronte di una crescente domanda e ciò può essere il fattore scatenante di conflitti. La pressione sull’acqua cresce, le risorse diminuiscono, quindi acqua fattore vitale su cui si costruiscono interessi prevalenti e contrapposti. Quindi parlare di “oro blu” ha senso».

  • Nell’Introduzione al testo scrivete che c’è stato chi per interessi economici e politici ha cercato di far passare come irrilevante il tema dei cambiamenti climatici. La questione idrica è una questione politica? 

«Sì, è una questione politica che richiede soluzioni politiche. Pensiamo alla Presidenza Trump, l’uscita degli USA dall’Accordo di Parigi sul clima, una scelta politica che voleva negare l’evidenza con una buona dose di scetticismo. Ma non era scetticismo quello a cui abbiamo assistito, vi erano gli interessi preesistenti di un modello di sviluppo che era divoratore di acqua, di risorse naturali basato sul carbon fossile, che era ostile a una trasformazione radicale, che mettesse in discussione quei diritti acquisiti e quella rendita di posizione legata a quel modello economico».

  • A che punto siamo in Italia con le risorse idriche? 

«C’è disponibilità di acqua ma non è sufficiente per soddisfare la domanda. Il nostro Paese non è autosufficiente, l’Italia ha un uso dell’acqua che è soprattutto legata al consumo di cibo più alta della media dell’Unione Europea. In Europa l’acqua viene prelevata dai sotterranei, dai fiumi e l’agricoltura, che consuma il 40% dell’acqua, è un grande consumatore. L’Italia, come Francia e Spagna, è un paese fortemente dipendente dall’importazione di acqua. Pensiamo al cacao, l’Italia e l’Europa lo importano. Quella produzione di cacao ha in sé un forte consumo di “acqua virtuale”. Tutti i processi produttivi di beni agricoli comportano l’uso di acqua, molti casi sono ad alto consumo di acqua, perché sono prodotti che entrano nel circuito internazionale e sono prioritari, a costo di sacrificare la sostenibilità del modello di produzione. Una forte importazione di cosiddetta “acqua virtuale” è alla base poi di meccanismi di siccità». 

  • La letteratura scientifica documenta come la pressione sul Pianeta sia ormai a un punto di saturazione: si parla da anni di superamento dei cosiddetti “confini planetari”. Ce ne vuole parlare? 

«I grandi cambiamenti sono determinati dall’azione umana, come mai prima le scelte di produzione, di consumo della popolazione umana hanno effetti irreversibili sugli equilibri del sistema planetario ma anche sulla biosfera. I “confini planetari” è una rappresentazione di quelli che sono il difficile equilibrio, che bisognerebbe ricercare tra obiettivi socio economici che interessano l’umanità e la dimensione ambientale.  I “confini planetari” sono il punto da non oltrepassare. Ogni anno ci accorgiamo che sempre prima, a metà dell’anno, si arriva al momento in cui la popolazione mondiale sta utilizzando, sfruttando il Pianeta a un livello superiore a quello di ricostituzione». 

  • Fiumi e laghi in secca, inverni sempre più siccitosi. Come adottare singolarmente comportamenti virtuosi per salvaguardare le risorse idriche e l’acqua, tra i beni comuni più minacciati? 

«Questo è un problema che richiede una multi strategia. I cambiamenti climatici provocano la siccità, perché alterano la disponibilità dell’acqua, le temperature più alte aumentano l’evaporazione quindi si riduce l’acqua di superficie, il suolo è più secco. Detto questo, è il modello di comportamento individuale e familiare che deve cambiare, quindi è anche un fatto culturale. Ma anche così non si risolve il problema, perché si deve agire sui meccanismi strutturali. L’agricoltura, l’abbiamo già detto, consuma molta acqua, poi c’è l’uso civile, quello delle famiglie ed è importante che queste ultime facciano un uso attento dell’acqua. Poi c’è l’acqua sprecata a causa di condutture non efficienti. Quindi c’è la necessità di cambiare le infrastrutture e i modi di produzione che siano meno divoratori di risorse idriche. È un lavoro che va fatto a tutti i livelli, anche a livello dell’amministrazione. Il fatto che l’acqua sia un bene comune, di tutti pone un problema: di chi è la responsabilità? Non abbiamo un modello di governance sovranazionale sulle acque».